Si è arrivati ormai alla vigilia della prima udienza del processo a carico di Rocco Leone e Mansour Rwagaza, i due funzionari del Programma alimentare mondiale (Pam) che sono accusati di gravissime inadempienze nella organizzazione della missione durante la quale sono stati uccisi in Congo, il 22 febbraio del 2021, l’ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista congolese Mustapha Milambo.

Ma tutto è ancora in alto mare e ci sono clamorosi buchi e incongruenze.

Irreperibile

Innanzitutto Mansour Rwagaza, un funzionario Pam, organismo dell’Onu, sembrerebbe tuttora irreperibile. La notifica dell’udienza, quindi, non gli sarebbe mai pervenuta. Quel che è strano, oltre al fatto che lo si scopra qualche giorno prima della prima udienza e non si sia fatto nulla per farla arrivare a destinazione in questi sei mesi abbondanti, è che il Pam non collabori al reperimento.

L’udienza di domani, giovedì 25 maggio, quindi, con tutta probabilità si limiterà ad aggiornare la seduta, a causa della mancata notifica a uno dei due imputati. Ciò allungherà i tempi inevitabilmente e, di conseguenza, ritarderà la decisione che i giudici italiani dovranno prendere in merito alla invocazione di immunità mossa dal Pam.

L’organismo dell’Onu, infatti, si appella alla protezione diplomatica che viene garantita a suoi funzionari ovunque nel mondo  e respinge, quindi, ogni tentativo di condurre i due alla sbarra. Il pm Sergio Colaiocco esclude la possibilità di immunità ma sarà il Gup Mosetti a decidere.

In attesa dello stato

A rendere però il tutto ancora più nebuloso e ad allontanare la possibilità che i due – le cui pesantissime responsabilità sono state accertate anche dall’indagine interna dell’Onu oltre che dalla procura di Roma (nelle carte si legge che avrebbero «attestato il falso» e «omesso per negligenza ogni cautela idonea a tutelare l’integrità fisica dei partecipanti e di informare la missione di pace Monusco preposta alla sicurezza e alla predisposizione di scorta armata e veicoli corazzati») – vengano giudicati, è il fatto che lo stato italiano non si sia ancora costituito parte civile né, a ormai poche ore dall’inizio del procedimento, dia segni di volerlo fare.

L’irritazione mostrata dal Pam verso l’Italia per l’intera vicenda, sembrerebbe far propendere il governo verso l’ipotesi pilatesca e scegliere di sacrificare sull’altare della ragion di stato e delle buone relazioni con l’Onu, l’accertamento della verità.

I legali della famiglia Attanasio starebbero valutando l’ipotesi dello stralcio: in attesa di reperire Rwagaza, si potrebbe procedere con Leone e comprendere se la corte terrà in debito conto la richiesta di immunità o darà il via a procedere.

Ma a causa della incertezza sulla costituzione di parte civile da parte dello stato italiano, e dei tempi lunghi che questo tipo di decisioni che coinvolgono relazioni diplomatiche richiederebbero, con tutta probabilità gli avvocati abbandoneranno l’ipotesi stralcio. Se così avverrà, non si potrà procedere data l’assenza di una delle parti. «Sono amareggiato – ha detto a Domani Salvatore Attanasio, padre del diplomatico ucciso – poiché nonostante i ripetuti appelli non vi è nessun riscontro. Ma poiché la speranza è l’ultima a morire, speriamo che domani lo stato batta un colpo».

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