Un vignettista preso di mira prima dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e adesso anche dall’Ordine dei giornalisti. Mario Natangelo, che si firma spesso solo Natangelo o Nat, giornalista del Fatto Quotidiano, si prepara a difendersi. Poche settimane fa ha disegnato una vignetta in cui Arianna Meloni, la sorella della presidente, è a letto con un uomo nero.

Alla domanda dove sia suo marito, ovvero il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, risponde: «Tranquillo, sta tutto il giorno fuori a combattere la sostituzione etnica». Una battuta che riprende l’allarme espresso pubblicamente dal ministro, un teorema coltivato dai complottisti e per cui il ministro si era giustificato definendosi semplicemente ignorante in materia.

L’ordine ha deciso di avviare una procedura che potrebbe portare a una sanzione disciplinare, perché, si legge nella convocazione, Natangelo avrebbe violato l’articolo 2 del codice deontologico, che in realtà tutela le banche dati dei giornalisti. Una procedura sbagliata nei termini e nei fatti, molto più probabile che volessero scrivere l’articolo 2 del testo unico, che fa riferimento a tutti i fondamenti deontologici, ma il vignettista dovrà comunque difendersi.

La politica e i lettori

Il caso del ministro che parla in pubblico di «pericolo di sostituzione etnica» ormai è dimenticato, un vignettista che fa satira invece si ritrova sotto attacco. Tutto è partito dalla presidente del Consiglio che ha deciso di fare un post: «Quella ritratta nella vignetta è Arianna. Una persona che non ricopre incarichi pubblici, colpevole su tutto di essere mia sorella - ha scritto su Facebook -. Sbattuta in prima pagina con allusioni indegne, in sprezzo di qualsiasi rispetto verso una donna, una madre, una persona la cui vita viene usata e stracciata solo per attaccare un Governo considerato nemico».

A lei si sono unite nel generale biasimo più voci della politica, fino alla deputata di Italia viva Maria Elena Boschi. Pochissime le difese di personaggi pubblici, soprattutto giornalisti e disegnatori, qualche intellettuale. Di parere diverso i lettori, che hanno risposto (solo su Instagram) con 5.710 cuori alla prima vignetta, e con 7.601 a quella di risposta all’uscita di Meloni.

Natangelo per il resto mantiene il silenzio, questa cosa di dover spiegare l’ironia, non gli piace affatto. Lo ha ripetuto nel post con cui ha annunciato il cortocircuito dei giornalisti che vanno contro un loro collega, e si schierano così dalla parte del potere: «Sono stato convocato il prossimo 7 giugno, quando il consiglio di disciplina si riunirà per valutare se con quella vignetta io abbia violato i codici di condotta della mia professione: avrò facoltà di produrre una memoria difensiva e farmi assistere da un legale».

Adesso «temo che in una sede così autorevole dovrò violare il mio impegno e me ne scuso». Non del suo lavoro.

L’ordine e il sindacato

LAPRESSE

La segnalazione è stata fatta da Guido D'Ubaldo, presidente del Consiglio dell'Ordine dei giornalisti del Lazio. I Comitati di redazione del Fatto Quotidiano e del Fattoquotidiano.it hanno risposto con un comunicato. L’iniziativa «è l'ennesimo intervento intimidatorio nei confronti di un disegnatore che ha solo la colpa di aver irritato qualche personaggio potente». Oltre a loro, scrivono i Cdr, hanno insultato il lavoro di Natangelo, il presidente dell'Ordine Nazionale Carlo Bartoli e il presidente di Stampa Romana (il sindacato dei giornalisti) Paolo Tripaldi: «Peraltro ex collaboratore del gruppo parlamentare di Fratelli d'Italia».

Questo è solo l’ultimo atto di un generale clima di avversione al lavoro giornalistico. Solo la settimana scorsa è arrivato l’esito della causa del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, contro Roberto Saviano: in primo grado ha vinto il giornalista. Aveva scritto nel 2018 che il ministro allora direttore del Tg2 era «galoppino di Cosentino», ex sottosegretario condannato come referente della Camorra. La giudice lo ha ritenuto un fatto che non può considerarsi falso. L’avvocato di Sangiuliano ha preannunciato ricorso. Sempre Saviano ha altri due processi in corso, partiti da due querele per diffamazione da parte della stessa presidente del Consiglio e dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini.

Passiamo poi a questo giornale. Meloni da «cittadina, giornalista e politica» ha querelato e portato a processo Stefano Feltri, in quanto responsabile del giornale, e Emiliano Fittipaldi, oggi direttore, per un articolo in cui si riportava che un imprenditore aveva scritto all’allora commissario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri, dopo una telefonata di Meloni. Meloni non ha mai contestato i fatti, ma ha deciso di fare causa civile e penale per l’uso del termine «raccomandazione». Infine ha fatto il giro dell’Europa la notizia dell’arrivo dei carabinieri in redazione perché, su querela del sottosegretario Claudio Durigon, serviva lo stampato di un articolo in quanto «corpo del reato».

Nell’indifferenza della politica, per il caso Natangelo ha esultato Il Secolo d'Italia, il giornale diretto da Francesco Storace, storico membro della destra estrema. «D'altronde – scrivono i Cdr-, sono pur sempre gli eredi di quelli che hanno abolito la libertà di stampa in Italia». Un’allusione a quella parola che hanno usato tutti i giornali del mondo per definire il partito di Giorgia Meloni, quello che si sta prendendo la tv pubblica, che lavora alla “controegemonia” culturale, accusa Rosa Chemical e Peppa Pig, querela i giornalisti e mette all’indice una vignetta: post-fascista.

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