Nonostante il rapporto preferenziale con Donald Trump che il governo vuole mostrare di avere, nessun passo avanti sulla vicenda dumping che rischia di costare caro al comparto. Che intanto celebra l’orgoglio italiano e «l’allegria» che porta a tavola un piatto di pasta, «simbolo della nazione»
«Un piatto di pasta in tavola porta allegria», spiega Paolo Barilla, presidente dell’Unione italiana food. La pasta fa bene e soprattutto è simbolo di orgoglio italiano, come c’è scritto dappertutto sugli schermi della sala polifunzionale della presidenza del Consiglio. Una location d’eccezione quella in cui si celebra il ventisettesimo World Pasta day, l’iniziativa di Unione italiana food e International pasta organization, attive nella promozione dell’immagine della pasta. Quest’anno – per la gioia dei padroni di casa – la chiave è l’italianità. Su un banner al World pasta day sono associate in un elenco colorato parole come arte, paesaggi, pasta, monumenti, natura. Scopriremo poi che sono le cinque ragioni per cui gli italiani sono orgogliosi di esserlo.
Sono anche i cinque pilastri che compongono la mostra sull’Orgoglio pasta allestita in Galleria Alberto Sordi, dove a ogni categoria sono associate trenta righe di testo e una clip video che l’associa alla pasta (tipo un uomo vitruviano circondato dalla scritta «Orgoglio pasta-World Pasta Day» o ancora, un’immagine della povera Venere di Botticelli, già maltrattata dalla campagna “Open to meraviglia” di Daniela Santanchè).
L’orgoglio è però certificato anche dalla scienza: uno studio che dimostra come – molto in breve – la pasta faccia bene e ci sono 19 punti ad avvalorare questa tesi. Alla faccia della fobia del carboidrato. Ma c'è di più, un’altra indagine sul valore del prodotto per gli italiani. L’esito inatteso: gli italiani sono convinti dell‘italianità e della capacità di essere un’ambasciatrice di «quello che siamo e di quello che sappiamo fare» dice Cosimo Finzi, direttore di AstraRicerche. Spoiler: la pasta se la gioca con la pizza, 69 per cento contro 64,2, il vino è lontano al 27,4 per cento e ancora di più il tagliere di salumi e formaggi, solo al 18,4 per cento. Molto poco italiano invece il piatto di verdure, che può rappresentare la nazione appena per il 2,4 per cento.
I problemi
Certo, i tempi non sono favorevoli. I dazi mordono, le multe per dumping di cui gli Stati Uniti stanno accusando alcune imprese italiane - come spiega Adolfo Urso sono due, ma potrebbero riguardare tutte quelle coinvolte nella rilevazione dell’agenzia americana competente - preoccupano.
Anche perché potrebbero entrare in vigore, peraltro in maniera retroattiva con una ricaduta economica importante, a inizio 2026. Le aziende hanno fatto ricorso, il ministro delle Imprese assicura che hanno la «copertura politica» del governo italiano. Ma a due mesi di distanza ci sono novità per i pastai che dal primo gennaio rischiano di dover pagare una multa salatissima? «Speriamo non accada» risponde il ministro.
Ma per la pasta sorge luminoso il sol dell’avvenire. «Resteranno sempre i grandi classici, lo spaghetto e la mezza manica» spiega Barilla, parlando dei formati più diffusi e l’innovazione nella filiera. Chiediamo al ministro se preferisce la pasta lunga o quella corta, ma purtroppo non riceviamo risposta. La presidente dei pastai di Uif Margherita Mastromauro parla di «simbolo identitario», di «asset strategico del Made in Italy». E Urso, con la sua cravatta dorata a pallini, spiega che il Made in Italy in realtà è cura della persona: «Cosa s‘indossa, cosa si mangia e cosa ci si mette attorno». Con buona pace di cosa si guida, cosa si costruisce e tutte le altre filiere che il ministro lascia da parte. La presidenza del Consiglio mette addirittura in campo le campionesse del Volley con uno spot ad hoc per dimostrare quanto faccia bene la pasta, trasmesso anche in Thailandia durante il campionato mondiale: «Altrove vanno aiutati a comprendere come la sana alimentazione incrementi la longevità» spiega il ministro dell‘Agricoltura Francesco Lollobrigida.
Che richiama in campo la scienza per scagliarsi contro «gli studi orientati a monte». L’Italia, insomma, deve «difendere i propri asset» dalle «criminalizzazioni». Cioè dai pericolosi studi finanziati da paesi che puntano su altri prodotti «che poi ci dicono che il caffè uccide, un’altra volta è il vino, poi a far male è la pasta». Insomma, Italians do it better. Anche nella trattativa sui dazi? Donald Trump ha appena dedicato un «bravo» alla presidente del Consiglio che secondo un post rilanciato dal leader americano avrebbe rotto con il resto dell’Unione europea per trattare bilateralmente. È una fake news? «Quello che è scritto nei trattati è difficilmente eludibile. Che poi ci sia un rapporto tra l’Italia e gli Stati Uniti credo sia un fatto positivo, riconosciuto anche dalle altre nazioni europee» risponde il ministro.
Dazi amo et odi
Eppure, a Lollobrigida i dazi piacciono, dice. Anche Urso sottolinea che è giusto imporli, come fa l’Italia, a chi fa “vero” dumping. Non è, secondo i ministri, il caso delle aziende italiane negli Stati Uniti, perché «i prezzi sono anche più alti dei concorrenti». La contestazione, infatti, verte sui profitti, non sul prezzo al consumatore.
Nessun mercato può compensare allo stato attuale gli Stati Uniti, se dovessero venir meno dopo l’applicazione delle multe antidumping. Ciononostante, Urso annuncia con un certo orgoglio gli accordi di libero scambio che aprono nuovi mercati: il Mercosur, i trattati con Indonesia, India e sudest asiatico. Ondate di pasta che conquistano i mercati potenziali più grandi del mondo.
Da sovranista a sovranista, però, il collega Lollobrigida dà un consiglio agli americani: «Dobbiamo difenderci insieme dai paesi che viaggiano più veloci di noi, le autocrazie». Insomma, perfino per un meloniano i dazi americani sono «pericolosi», perché limitano la possibilità di generare «prosperità», la moneta con cui secondo l’ex cognato della premier le democrazie possono compensare la velocità superiore con cui avanzano le autocrazie che non devono rispettare le regole degli stati liberali. Per il resto, avanti tutta: anche con grano straniero – «perché non ne abbiamo abbastanza» –, anche con impianti di aziende italiane costruiti negli Stati Uniti per aggirare i dazi. «Non abbiamo una visione autarchica del nostro modello di sviluppo» dice Lollobrigida prima di richiamare l’operazione che l’anno scorso ha portato la pasta Barilla sulla Stazione spaziale internazionale. La mezzamanica nello spazio, verso l’infinito e oltre.
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