Pd, Emiliano rinuncia a correre in Puglia. Decaro: «Via anche Vendola»

La rinuncia di Michele Emiliano all’incrollabile intenzione di candidarsi consigliere in Puglia, dopo dieci anni da presidente, arriva attraverso il ringraziamento ufficiale di Elly Schlein per essersi tolto di mezzo. Cioè «per essersi messo con generosità a disposizione del partito e per aver deciso di non candidarsi alle prossime regionali». Fin lì comunicazioni del suddetto non ci sono, ma la segretaria vuole chiudere la questione prima del 5 settembre, quando sarà sul palco di Bisceglie con Antonio Decaro, che lei vuole lanciare ufficialmente nella corsa. Schlein rassicura l’uscente con le parole di miele: gli rappresenta la riconoscenza di «tutto il Pd», la certezza che «ci aiuterà a scrivere una pagina nuova nel futuro della Puglia» con la coalizione e «la candidatura più competitiva che possiamo mettere a disposizione: quella di Antonio Decaro». Nichi Vendola, l’altro ex presidente pugliese che Decaro non vuole in Consiglio, invece resta capolista di Avs. Ma a questo punto l’eurodeputato non potrebbe sfilarsi: la segretaria prova a metterlo di fronte a un fatto compiuto. «Ora ci sono tutte le condizioni perché Decaro sia il candidato», dice Igor Taruffi, responsabile organizzazione del Pd. Invece a stretto giro Decaro ringrazia, ma non molla: si augura «che lo stesso gesto di generosità possa arrivare anche da Nichi Vendola e da Avs, che considero alleati fondamentali per il governo della regione, in modo da avviare la campagna elettorale». Bonelli: «Decaro? Basta brutte figure. Emiliano è un trasformista» Vendola gli risponde picche dalla festa del Pd di Reggio Emilia: «Sono il presidente di Sinistra italiana, che è un altro partito e rispondo alla mia comunità politica. Se la mia comunità politica mi ha chiesto di impegnarmi nelle forme in cui me lo ha chiesto o me lo chiederà, io sono a disposizione». Le grane dem dunque non finiscono mai. Come in Campania. Da dove, con un’intervista a radio Rtl, Vincenzo De Luca chiarisce che non intende né farsi da parte né tenere per sé i suoi giudizi abrasivi. Conferma la sua scarsa stima del candidato presidente Roberto Fico. Nega di aver fatto un patto con il Pd. Pazienza se in virtù di quel patto il congresso regionale congelato si è scongelato d’incanto, il figlio Piero diventerà segretario regionale: «Il patto con chi? Su che? Ma qualcuno si è interrogato che per due anni e mezzo il partito della Campania è stato sequestrato?». La settimana di passione del Pd, quattro giorni per il caso Puglia Il riferimento è al commissariamento del Pd regionale e al commissario, Antonio Misiani, il senatore cui Schlein ha accollato la mission impossible di governare dove governa il governatore. Misiani ha resistito: ha convocato il congresso solo quando De Luca ha ingoiato il rospo Fico. Ma in questi due anni Misiani ha faticato a farsi ascoltare. Bergamasco, l’hanno soprannominato «Chiattillo», come il protagonista milanese della serie Mare Fuori, l’unico non napoletano fra giovanissimi detenuti locali. Il paradosso è che su Misiani De Luca la pensa come oggi quelli della sinistra, l’eurodeputato Sandro Ruotolo e il deputato Marco Sarracino (entrambi della segreteria, entrambi area Schlein). Alla fine per loro l’accordo è «una ferita», come lo ha definito Ruotolo, appena indorata dalla promessa di un segretario d’area a Napoli e a Caserta. Davanti a un gruppo di suoi, Sarracino si è sfogato anche contro il commissario, proveniente dalla comune area Orlando. La sua gestione è stata «la peggiore sciagura che potesse capitare al Pd della Campania», ha detto secondo i presenti, «siamo senza iniziativa politica da due anni. Mettiamoci al lavoro, qui dobbiamo ricostruire tutto». Domani a Napoli si riunisce l’area dei “Democratici per l’alternativa”. Sarà un altro rosario di doglianze. Attenuate dal fatto di averla spuntata su Fico. Ieri in città girava voce che la sua corsa sarà ufficializzata a ore. Per altri invece l’occasione sarà il 7 settembre alla festa nazionale del Pd, a Reggio Emilia: sarà sul palco con Decaro. Pasticcio a destra: dubbi su Occhiuto, paura in Campania L’ostinazione paga Gli accordi stretti sui territori lasciano feriti sul campo, ma Schlein ci penserà dopo il voto. Il suo obiettivo è l’“operazione coalizione”. Non potrà essere chiamata “campo largo” né “centrosinistra”, termini che irritano Giuseppe Conte, ma l’alleanza progressista deve esserci in tutte le regioni al voto in autunno. Per questo ha ripetuto quel suo ritornello, «ostinatamente unitaria», che le è valso sfottò e critiche. Ma l’unità è l’indispensabile premessa per parlare di coalizione nazionale, più avanti. Ora Schlein deve dedicarsi anima e corpo alla campagna elettorale. Democrazia decadente: se le elezioni sono solo un plebiscito per i potenti Martedì era al fianco del candidato Matteo Ricci nelle Marche, la prima regione che va alle urne, il 28 e 29 settembre, quella che Giorgia Meloni non può perdere. Se il centrosinistra riuscisse a espugnarla, il risultato finale della tornata sarebbe segnato: a proprio vantaggio. La segretaria dem ovviamente non l’ha detta così nelle sue tre tappe marchigiane. Anzi, ha detto il contrario: «Ogni regione fa storia a sé, non crediamo all’estrapolazione nazionale dei risultati regionali. È per i cittadini marchigiani che è importante voltare pagina». Nelle Marche è già stata due volte e prima del voto tornerà altre due volte, a caccia di delusi e indecisi: «Andremo in tutte le province: vogliamo stare anche nei territori che si sentono meno ascoltati. Sappiamo che molta gente ha smesso di votare perché non crede più che la politica possa fare una differenza: siamo qui per convincerli del contrario». Perché le elezioni regionali nelle Marche saranno il test più importante