Durante le dieci ore di dibattito della direzione-fiume del Pd, giovedì, solo pochi hanno azzardato a pronunciare la parola «pace». Anche perché nella sua relazione il segretario Enrico Letta sul tema delle armi all’Ucraina non aveva lasciato molti margini: nessun ripensamento sullo schieramento a fianco dell’Ucraina (e della Nato), per il quale «abbiamo pagato un costo politico ed elettorale. Il 24 febbraio», il giorno stesso dell’invasione della Russia, quando il Pd ha organizzato subito un sit in sotto l’ambasciata di Mosca, «siamo stati dalla parte giusta della storia».

Anche se da quel momento «è partita l’instabilità, la condizione del nostro paese si è deteriorata, e l’Europa non è stata all’altezza rispetto al deterioramento politico ed economico che tutta questa vicenda ha comportato». E ora che Putin è all’angolo e il rischio nucleare aumenta, fallita ogni anche debole tentativo di mediazione internazionale, «solo le Nazioni unite possono essere protagoniste di un impegno di pace». 

Il fatto è che mentre la direzione è in corso le agenzie battono il lancio di una manifestazione per la pace per il prossimo 4 novembre, festa delle Forze armate. E ne attribuiscono la paternità alle organizzazioni disarmiste. Che all’apparenza confermano: «Per noi quella è una data simbolica perché è la Festa delle Forze armate. Non una festa ma un giorno di lutto», spiega Mao Valpiana, del Movimento Nonviolento e coordinatore della Rete pace e disarmo, «l’importante saranno i contenuti, le modalità saranno costruite tutti insieme».

Conte arcobaleno

Un passo indietro. Negli scorsi giorni Giuseppe Conte ha lanciato l’idea di una manifestazione per la pace, senza bandiere di partito, dalle colonne di Avvenire. E ha messo in moto la macchina della comunicazione del Movimento Cinque stelle per far circolare l’ipotesi del 4 novembre, data in cui del resto le associazioni pacifiste organizzano da sempre sit in.

Ma stavolta la manovra politica è abbastanza visibile: il presidente Cinque stelle prova a cavalcare il movimento pacifista per mettere nei guai il Pd, che sull’aiuto militare all’Ucraina non ha cambiato idea (come invece i grillini). E che difficilmente potrà avvicinarsi a una piazza che, persino al di là delle parole d’ordine ufficiali, finirà come da tradizione per riempirsi di slogan anti Nato (e anche di qualche striscione “equidistanti” fra Putin e Zelensky, lo scorso 5 marzo è successo persino che i militanti evitassero di cantare “Bella ciao”).

E invece Sinistra italiana e i rossoverdi, i Socialisti e Art.1, desiderosi di distinguersi dall’alleato che li ha accompagnati in parlamento (non i socialisti, che non hanno avuto nessun eletto, e sono parecchio delusi), fanno subito sapere che aderiscono alla manifestazione. Che però ancora non è stata convocata. 

La frenata dei pacifisti 

Stamattina Francesco Vignarca, della Rete pace e disarmo, rimette le cose nel giusto ordine: «A riguardo di lanci di agenzia che diffondono presunte date di convocazione di una prossima manifestazione nazionale per la Pace, la Rete Italiana Pace e Disarmo precisa che non è stata presa ancora alcuna decisione in merito», è il testo di un comunicato. 

«La nostra Rete, insieme a tante altre organizzazioni, è impegnata nella mobilitazione “Europe for Peace” già attiva sin da febbraio e che ogni mese sta organizzando iniziative ed eventi per la pace, oltre ad aver organizzato la manifestazione nazionale del 5 marzo scorso e dato vita alle carovane in Ucraina in sostegno alla popolazione e alla società civile). Il prossimo appuntamento confermato è quello del weekend tra il 21 e il 23 ottobre, con mobilitazioni diffuse su tutto il territorio nazionale».

Una manifestazione nazionale resta molto probabile – la data scelta in realtà cadrebbe verso metà novembre, se ne parlerà in una riunione lunedì prossimo – ma la preghiera alle forze politiche e ai cronisti è quella «di rilanciare le nostre richieste per un cessate il fuoco immediato e per l’organizzazione di una Conferenza internazionale di pace».

Il Fatto compiuto

Peccato che già oggi, dalle colonne del Fatto quotidiano Conte si vede alla ideale testa della futuribile fiumana pacifista, pur senza «senza sigle e senza bandiere», alla quale si spinge persino a invitare gli elettori della destra, perché «la pace non ha colore». Forse pensa alla Lega di Matteo Salvini, o alla Forza Italia di Silvio Berlusconi, due leader noti per le affettuosità nei confronti di Putin.

Ma il malumore dei pacifisti, tradizionalmente poco propensi a farsi mettere il cappello dalle forze politiche, arriva anche a lui. Che per questo rilancia su Facebook: «Vi prego di leggere con attenzione questa frase: “Invita l’Ue e gli Stati membri a vagliare tutte le potenziali vie per la pace e a proseguire gli sforzi per porre immediatamente fine alla guerra”. Rispondetemi sinceramente. La trovate fuori luogo? Anti-atlantica? Filo-putiniana? Ebbene ieri al Parlamento europeo il Movimento 5 stelle Europa si è battuto per introdurre questo emendamento alla risoluzione in discussione, mentre Fratelli d'Italia, Forza Italia, Italia viva e una parte del Pd (non tutti gli europarlamentari, per fortuna) hanno votato, assieme alla maggioranza del Parlamento, contro questo indirizzo, che puntava semplicemente a impegnare le istituzioni europee verso un sentiero di pace che è l'unica vera alternativa alla pericolosa escalation militare in corso». 

Pd senza pace

Se Conte deve faticare ad accreditarsi come pacifista, il Pd, nel pieno della sua fase di autocoscienza postsconfitta, invece ora deve cercare di capire come parare il colpo di una manifestazione nazionale per la pace, che comunque prima o poi si farà, ma che rischia di isolare Letta e i suoi nello schieramento filo-atlantista, nella scomoda compagnia di Giorgia Meloni.

Ieri, durante la direzione, Marina Sereni, umbra e vicina alle associazioni, ha segnalato la necessità per il Pd di «riconnettersi» con il mondo pacifista. Intanto da sinistra sono già partite le “adesioni” preventive a un’eventuale iniziativa nazionale, sempre per evitare che il Pd non resti definitivamente tagliato fuori dal circuito pacifista. 

È arrivata quella di Laura Boldrini («Una manifestazione per la pace, organizzata dalle associazioni, riempirebbe un vuoto»). E oggi quella dell’europarlamentare Pierfrancesco Majorino, che ha orientato il suo sì con una robusto no all’invasione di Mosca: «Sono favorevolissimo a qualsiasi mobilitazione popolare che dica una cosa semplice. Contro la guerra di Putin si lavori per il negoziato. Subito», scrive su Facebook, «Siamo sull’orlo di un conflitto atomico e va usato qualsiasi spiraglio. Cerchiamo di rimettere in campo l’Onu (anche se è durissima). Smettiamola di minimizzare i richiami di Papa Francesco. Presto potremmo pentircene».

Ma è un terreno minato per il partito del ministro della Difesa Lorenzo Guerini che questa settimana è andato al Copasir a annunciare un nuovo decreto, il quinto, per l’invio delle armi a Kiev. Su cui, va detto, i Cinque stelle fanno comunque fatica a dissociarsi: vista l’evidenza che solo grazie all’aiuto internazionale oggi l’Ucraina sta riuscendo, forse, nel miracolo di ricacciare indietro l’invasore russo.

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