Due De Luca anziché uno: no della sinistra dem che minaccia lo strappo

«Devono cedere la federazione di Napoli. Non possono avere Piero De Luca segretario regionale e poi uno di Bonaccini segretario di Napoli. È troppo squilibrato». Alla vigilia di Ferragosto l’anonimo napoletano non vuole rispondere “in chiaro” sul clima interno alla federazione campana del Pd da quando il Nazareno ha stretto il patto con il «cacicco» Vincenzo De Luca. La pausa estiva non è una tregua. Si attende la firma del commissario del Pd campano Antonio Misiani sul regolamento del congresso regionale, che significa la sua partenza. Una firma che secondo le voci del Nazareno arriverà «a ridosso di Ferragosto». In ballo non c’è la vittoria in Campania (voto probabile il 23 novembre), che il centrosinistra crede di avere già in tasca. In ballo c’è uno strappo nel fronte che nel Pd sostiene la segretaria Elly Schlein. Proprio lei che, dopo le regionali, voleva convocare un congresso per consolidarsi al proprio interno e iniziare la corsa verso le politiche (e verso palazzo Chigi), ora deve fare i conti con il crescente malumore della sinistra interna di Peppe Provenzano e Marco Sarracino. Che si somma a quello dell’altra componente pro Schlein, Areadem di Dario Franceschini. Non a caso nei conversari riservati, di congresso non parla più nessuno. Il risiko delle regionali. Il Pd cerca la quadra in Campania e Toscana Napoli Velata Ricapitoliamo la vicenda campana: con massicce dosi di pragmatismo gli uomini di Elly Schlein, e cioè il responsabile organizzazione Igor Taruffi e il commissario Misiani, hanno fatto ingoiare al presidente Vincenzo De Luca il rospo Roberto Fico candidato alla sua successione. In cambio hanno assicurato il via libera del Nazareno all’elezione del figlio di De Luca, il deputato Piero, a segretario regionale Pd, con un congresso lampo che chiuda il commissariamento della federazione alla vigilia del voto per palazzo Santa Lucia. La sinistra dem, che in questa regione ha sostenuto la segretaria contro lo strapotere di De Luca senior, è in ebollizione. A far esplodere le chat sono state due interviste sul Mattino. La prima è quella di Federico Conte, avvocato già deputato di Articolo uno (la creatura che fu di Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema), poi tornato nell’orbita Pd. Le sue parole: «La segreteria Schlein nasce nel segno della discontinuità», la diarchia De Luca-De Luca sarebbe invece «nel segno della continuità e della conservazione», e che il Pd possa rinunciare al cambiamento promesso è «un’aberrazione». Caro vecchio realismo: c’è una nuova Schlein che doma i cacicchi La seconda è quella di Massimiliano Manfredi, consigliere regionale, fratello del sindaco di Napoli, bonacciniano: difende l’accordo fra Nazareno e De Luca ma avvisa che il segretario della federazione di Napoli non può essere frutto «di accordi calati dall’alto». Tradotto: i riformisti di Bonaccini, in cambio del faticoso s’ a Fico, vogliono tutto: segretario regionale e segretario partenopeo. La sinistra dem rischia così di fare la parte dell’ultimo giapponese di una guerra finita. E persa. Quindi ora minaccia di spaccare il fronte schleiniano e di presentare un proprio candidato al congresso regionale. Che potrebbe essere proprio quel Federico Conte, su cui potrebbero convergere tutti i malumori di chi considera gli accordi con De Luca «un cedimento» della segretaria al cacicco per antonomasia. C’è chi non esclude un nome della segreteria nazionale: lo stesso Sarracino o Sandro Ruotolo; ma sono improbabili, rappresenterebbero una dichiarazione di guerra alla segreteria e dovrebbero dimettersi dalla segreteria. La settimana scorsa, un appuntamento degli “schleiniani” si è trasformato in una rivolta. Rimandato a settembre: De Luca in bilico su Fico ma esclude una sua lista Chi c’era spiega: «La base, il popolo del Pd, di questa cosa di Piero De Luca segretario non ne vuol sentire parlare». In quella riunione Sarracino ha ammesso la fine del sogno di un congresso combattuto al fianco della segretaria: «Sono in grande imbarazzo e sofferenza, per quello che ho detto e fatto in questi anni. Dovevamo cambiare tutto, e ora per arrivare alla candidatura di Fico alla Regione, paghiamo un prezzo molto elevato», la segreteria di Piero De Luca «è una scelta pesante, mette in discussione le battaglie che abbiamo condotto insieme». In assenza di un gesto di buona volontà, e cioè almeno di un patto su un segretario “di sinistra” a Napoli lo strappo nell’area Schlein sembra inevitabile. «E se noi strappiamo», avverte un esponente della sinistra campana, «è la fine del mondo». Renzi e Calenda, le battute non bastano: è l’ora di un patto con il Pd I casi Puglia e Calabria Tutto sommato, di fronte alla crepa nazionale che rischia di provocare l’accordo campano, per la segretaria i casi Puglia e Calabria sono passeggiate di salute. In Puglia il Nazareno è impegnato a dirimere il conflitto fra il candidato presidente in pectore Antonio Decaro e il presidente uscente Michele Emiliano, che vuole correre da «frate semplice», cioè da consigliere regionale. Decaro dice no. Da Roma è in corso una “moral dissuasion” verso Emiliano, magari con la prospettiva di un posto da deputato. Ma al Corriere del Mezzogiorno il presidente ha ribadito che vuole correre: «Sarà difficile che qualcuno possa chiedermi di fare un passo di lato, senza alcun argomento sensato e probabilmente solo per marketing politico». Governista e borghese? Vero, ma il Pd non è un «sepolcro imbiancato» Quanto alla Calabria, il sito Open ha pubblicato un vocale del segretario regionale di Sinistra italiana Fernando Pignataro che rivela un «gioco delle parti un po’ sporco» fra il Pd e M5s, da una parte, contro un papabile targato Avs, Flavio Stasi, sindaco di Corigliano-Rossano. Anche qui il tavolo dell’alleanza di centrosinistra sarebbe a rischio di spaccatura. Peccato veniale, visto che tanto la regione è destinata a restare nelle mani del forzista Roberto Occhiuto. Ma certo non sarebbe un buon segnale per la coalizione nazionale, quella di cui si dovrebbe cominciare a discutere nel 2026, dopo le regionali. Possibilmente avendole vinte. Schlein e i tre fronti aperti: quello dei segretari Pd è un mestiere impossibile