Il governo va verso l’amministrazione straordinaria per l’ex Ilva, attraverso Invitalia. La svolta maturata all’improvviso conferma la gestione caotica dello stabilimento di Taranto, che ha portato la squadra ministeriale sull’orlo di una crisi di nervi tra diverse visioni e slittamenti continui. Con un risultato: aumentare le incertezze per i lavoratori e anche dei creditori, anche se dall’esecutivo vengono evidenziate le «tutele delle piccole e medie imprese creditrici».

Una soluzione da valutare nella sua declinazione concreta. La mossa decisiva sul commissariamento è contenuta nel decreto, approvato in consiglio dei ministri, che rafforza proprio la cassa integrazione straordinaria per le aziende che si trovano in questa situazione.

Decreto last minute

Il provvedimento è stato inserito all’ultimo momento all’ordine del giorno dopo l’ennesimo giro di incontri a Palazzo Chigi sul futuro dell’ex colosso della siderurgia. Tanto che è stato rimandato di una settimana uno dei punti agli ordini del giorno, il via libera all’election day per europee, regionali e amministrative. Dopo la cabina di regia sul Pnrr e il consiglio dei ministri, i tempi sono prolungati oltre le attese. A conferma di un’iniziativa non prevista fino al pomeriggio di martedì.

Poco male. Il testo sulle aziende commissariate garantisce la continuità produttiva per i lavoratori impegnati nell’ambito della sicurezza e nella manutenzione degli impianti. In sostanza si punta a evitare lo spegnimento degli altiforni.

Per tutti gli altri lavoratori sarà appunto attivata la cassa integrazione straordinaria, in attesa di soluzioni. I sindacati sono stati convocati già per la giornata di domani, a cominciare dalle ore 15. I rappresentanti dei lavoratori hanno sempre chiesto una via di uscita ordinata dalla crisi, l’esatto contrario di quanto sta avvenendo.

La misura, introdotta dal governo, si focalizza sullo stabilimento di Taranto, disegnandone un futuro incerto. Di sicuro c'è solo che è tramontata qualsiasi ipotesi di trattativa con ArcelorMittal, nonostante gli ultimi abboccamenti tra le parti: fino alla mattinata di martedì c’erano segnali, per quanto flebili, di una possibile svolta.

Ora, di fatto, si è innescato un meccanismo più unico che raro: un’azienda, Acciaierie d’Italia, e che affitta l’impianto dall’amministrazione straordinaria (di Ilva) che finisce a sua volta in amministrazione straordinaria.
La scelta del governo ha quindi provocato un effetto domino disastroso che è la perfetta fotografia di un approccio confusionario, che ha pagato anche le divisioni nell’esecutivo.

Il ministro delle Imprese del made in Italy, Adolfo Urso, ha messo da tempo sul tavolo l’ipotesi di una sorta di “nazionalizzazione”, ossia di una chiusura del confronto con ArcelorMittal. La proprietà indiana aveva lasciato intendere un allontanamento dall’ex Ilva. Ma il ministro del Sud, Raffaele Fitto, ha stoppato l’iniziativa di Urso, andando alla ricerca di un’intesa per arrivare a un nuovo piano industriale.

Siderurgia in affanno

Sono trascorsi mesi e oggi il governo deve rincorrere gli eventi con il colpo a sorpresa tirato fuori dal cilindro di Palazzo Chigi. Un percorso accidentato che potrebbe avere ripercussioni sul piano nazionale della siderurgia, che il ministro Urso aveva annunciato per le prossime settimane, partendo da Taranto e finendo agli altri stabilimenti italiani. Difficile, ora, fare dei progetti a largo raggio se il simbolo italiano dell’acciaio è in amministrazione straordinaria.
In un quadro così magmatico, Forza Italia ha esultato un minuto dopo l’annuncio del decreto. «Abbiamo sempre detto che serviva avviare la svolta rispetto alla gestione attuale e tutelare innanzitutto i lavoratori e le aziende dell’indotto che ci stanno molto a cuore», ha commentato il portavoce nazionale di Fi, Raffaele Nevi.

«Senza fare questo», ha aggiunto, «non possiamo pensare di riavviare lo stabilimento siderurgico che deve assicurare la produzione di acciaio green nel rispetto di ambiente e salute». Insomma, nella maggioranza parte la corsa a piazzare le bandierine.

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