E se alla fin fine il generale Vannacci lo dovessimo ringraziare? E se in fondo avesse ragione lui, o almeno stesse dicendo almeno una cosa giusta, rivelativa? Forse sarà che ormai è diventato familiare, come personaggio delle pagine di giornale e come effigie, ma a volte mi è un po’ simpatico, a volte penso quasi che, tutto sommato… No, forse spiego meglio, prima che i lettori di questo giornale trasaliscano.

Vannacci ha scritto un libro dove ha elencato, con prosa e concetti claudicanti (come da molti osservato), una serie di luoghi comuni della cultura reazionaria. Questo atto linguistico è stato analizzato in varie maniere. Si è detto che in fondo i libri non influenzano più molto. Si è detto che al libro non si doveva dare attenzione. Si è detto che il libro rivela la vera cultura della destra al governo e della destra nel paese.

Ci sono analisi (una anche in questo giornale) di chi e quanti condividono alcune delle idee esposte nel libro. E naturalmente molte delle tesi del generale sono state attaccate e smontate da sinistra e difese, esaltate, e talvolta anche generosamente re-interpretate, per così dire, da destra.

Ma rimane un interrogativo di fondo. Perché un alto esponente dell’esercito, con giornate (immagino) molto impegnate, ma pure possibilità economiche ed esistenziali di assicurarsi un tempo libero godibile e di qualità, si apparta, apre il computer e scrive un libro?

Nei confronti dei libri dei non accademici e dei non scrittori (intendo chi non ha una cattedra all’università e chi non fa parte di quelli che i critici, bontà loro, considerano autori letterari), ho sempre avuto un atteggiamento minoritario, temo. Non li stigmatizzo, come molti accademici e scrittori di professione. Semmai li ammiro, perché fanno una cosa che, come che uno la faccia, è faticosa. Per scrivere qualcosa (anche un post sui social) non devi farne un’altra. E ci sono tante cose molto più facili e divertenti di scrivere.

Ammiro la molla (quale che sia) che porta attori, calciatori, cantanti, conduttori televisivi, cuochi, e ora anche generali, a privarsi della compagnia godibile del genere umano, dei generi di conforto più piacevoli, aprire un computer (o meglio aprire un programma di videoscrittura, invece che un social, un videogioco, o una piattaforma streaming). Si può dire che in fondo questa gente lo fa per per soldi, per fama, per affermare il proprio io. E forse il generale Vannacci pure, nonostante l’autoproclamata integrità e il rigore che l’ufficio gli imporrebbe, non è estraneo a tutto questo.

Eppure, bisogna prenderlo più sul serio di così. Vannacci, come molti hanno osservato, crede di dire cose di “buonsenso”. Come ogni buon reazionario o conservatore, crede di dover conservare valori, ideali, istituzioni messe a repentaglio dal progresso. Ma il buonsenso, se è tale, non ha bisogno di difese. I pochi pazzi che lo sfidano, quelli che escono di senno (e di senso) non sono una minaccia al buonsenso.

Se, invece, si sente il bisogno di difendere un presunto buonsenso, chiamandolo tale, evidentemente qualcosa dev’essere successo. Forse, è successo che quello che prima era buonsenso non lo sembra più. O almeno non lo sembra più a molti, a una parte crescente.

Si è detto che il libro di Vannacci registra un malessere, un bisogno di risposte. Forse il malessere è quello dei conservatori, quello di chi vede il mondo che vorrebbe erodersi piano piano. Certo, molta gente concorda, come ha ricordato Enzo Risso sul Domani, in percentuali anche alte. E questo governo ha avuto i voti che l’ha reso maggioranza.

Ma, a parte che le percentuali (di consenso, nei sondaggi ed elettorali) sono maggioranza relativa, non assoluta, e che la maggioranza è tale date le leggi elettorali e gli assetti esistenti, rimane un fatto. Questa gente ha sentito il bisogno di manifestare il proprio consenso, di dire qual è il buonsenso. Vannacci ha smesso di bere birra ghiacciata con gli amici (come dice nei ringraziamenti), e ha scritto centinaia di pagine. Questo è un grido d’allarme.

Il grido di chi non esprime più un sentire consolidato, ma un sentire che sta andando lentamente in crisi. Nonostante dall’altra parte, cioè a sinistra, non si propongano alternative vere e univoche. Ci vorrà del tempo. Tanti continueranno a dire che i gay non sono normali, le femministe fattucchiere, gli ecologisti dei pazzi e così via.

Ma prima neanche si ponevano il problema di dirlo. Il generale Vannacci ha ragione, e porta buone notizie. Il mondo va all’incontrario, rispetto a quello che vorrebbero lui e gli altri. Basta che tutti noi gli diamo una mano, al mondo. E ci facciamo una birra alla salute del generale.

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