I disegni di legge approvati nell’ultimo Consiglio dei ministri vanno nella direzione da tempo auspicata dal ministero dell’Interno, guidato da Matteo Piantedosi. Il pacchetto di misure punta – almeno nell’intento dichiarato – ad aumentare le prerogative delle forze dell’ordine, per quanto riguarda la loro tutela penale e la difesa personale.

La mossa in Cdm in realtà porta avanti una linea che Piantedosi aveva da tempo già dato come impostazione per il suo dicastero. Da ex prefetto, le sue maggiori competenze riguardano appunto la sicurezza urbana e il suo progetto è cominciato con il dl Caivano, i blitz delle forze dell’ordine nei luoghi considerati più problematici dal punto di vista della sicurezza (come appunto Caivano e Tor Bella Monaca a Roma) ed è proseguito con quelli che lui stesso ha chiamato «operazioni ad alto impatto», ovvero operazioni avviate da gennaio scorso nelle stazioni ferroviarie delle città metropolitane.

Dal punto di vista delle strutture e degli uomini, invece, l’intenzione è quella di attivare un turnover per favorire l’ingresso di nuove leve giovani e forti, certamente più adatte a operazioni muscolari, pensionando il personale più anziano. I nuovi disegni di legge aggiungo tasselli a questo progetto.

Più pistole in circolazione

La misura che più ha sollevato clamore ma si innesta in quest’ottica riguarda la diffusione di armi. La previsione – già contenuta in un ddl presentato in Senato dalla senatrice di FdI Domenica Spinelli – di fatto liberalizza la possibilità per gli agenti di polizia di girare armati, anche quando non sono in servizio, con armi che non siano quelle di ordinanza e di poterlo fare senza licenza.

Attualmente questa possibilità di girare armati con pistole o altre armi di proprietà era prevista solo per gli ufficiali, invece ora il governo intende estendere la prerogativa a un corpo che conta in totale circa 100mila agenti.

Secondo il ministro questa previsione parte da un assunto: gli agenti sono tali anche quando si tolgono la divisa, dunque «vanno considerati perennemente in servizio e sono numerosi i casi di interventi fuori servizio».

Il senso sarebbe quello di permettere agli agenti di portarsi appresso un’arma comune da sparo considerata più comoda rispetto alle pistole d’ordinanza, che sono voluminose e pesanti.

Pistole di calibro più piccolo quindi, oppure più maneggevoli, ovviamente sempre possedute e registrate a proprio nome ma senza necessità di una nuova licenza. In questo modo si aumenterebbe la capacità di risposta in termini di sicurezza a fronte di situazioni che si potrebbero presentare anche in momenti di vita privata, è l’interpretazione del Viminale. «Non ci vedo una portata di particolare preoccupazione», è stata la conclusione del ministro.

In realtà questa misura avrà un risultato certo: aumentare il numero di pistole in circolazione e il rischio che sparino. Certamente saranno in mano a membri delle forze dell’ordine addestrati, ma si produrrà comunque un aumento dell’acquisto di nuove armi a uso personale senza una nuova licenza per il portatore, alimentando un mercato che tutt’ora rimane opaco.

A oggi esistono solo stime, probabilmente inesatte per difetto, sul numero di armi registrate presenti in Italia. Un numero fornito dallo Small Arms Survey ma risalente a circa dieci anni fa ipotizza che siano circa 8,6 milioni. Nel 2022, l’unico dato certo è che sono state rilasciata 1,2 milioni di licenze che danno il diritto a detenere fino a 12 armi (dato in aumento del 4,3 per cento rispetto al 2020), di cui 13mila circa rilasciate per difesa personale e 35mila per guardie giurate.

Secondo questi dati, pur approssimativi, in Italia si registrano 0,71 omicidi per arma da fuoco ogni 100mila abitanti: media ben lontana dal 2,97 degli Stati Uniti ma la più alta rispetto a tutti i principali paesi europei. Il Viminale, però, sembra scommettere sul fatto che avere più agenti fuori servizio armati sia una garanzia di sicurezza e non un pericolo.

Accanto a questo, la ricetta del governo per vincere la sfida della sicurezza – reale o percepita – è quella di aggiungere anche un riordino e «valorizzazione della specificità del comparto sicurezza», con l’innalzamento del tempo minimo di permanenza nella sede di prima assegnazione degli agenti in prova e dei commissari; si accorpano alcune posizione di vertice; si aggravano poi le pene per violenza, minaccia o resistenza a un pubblico ufficiale.

Inoltre, si estende il reato previsto per chi procura lesioni personali in occasione di manifestazioni sportive, si inaspriscono le sanzioni nei casi d’inosservanza delle prescrizioni della polizia stradale, come l’obbligo di fermarsi all’alt o di esibire i documenti di guida e si aggrava anche la pena per chi partecipa o promuove rivolte dentro gli istituti penitenziari.

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