È partita la gara tra presidenti di Regione e sindaci per avere più soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. A scapito degli altri. La miccia è stata innescata dalle parole del ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr del governo Meloni, Raffaele Fitto, quando ha detto che è matematico che alcuni progetti non saranno pronti nel 2026 e rischiano perciò di perdere i fondi. Dopo ventiquattr’ore, il ministro ha cercato di mettere ordine promettendo che dopo aver ottenuto la nuova rata dei fondi, su cui il governo sta trattando con la Commissione europea, presenterà una relazione dettagliata. Ma a rendere ancora più concreto l’allarme e l’ipotesi che presto arriveranno modifiche è arrivato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: «Stiamo discutendo con la Commissione Ue di fare le cose in modo realistico. Questa è la verità».

L’allarme di Fitto

Le parole di Fitto sono state chiarissime: «Alcuni interventi da qui a giugno del 2026 non possono essere realizzati: è matematico, è scientifico, dobbiamo dirlo con chiarezza». E già il giorno dopo il sindaco di Milano Beppe Sala si è fatto avanti dicendo «diamo i soldi a chi li spende». Il sindaco Roma Roberto Gualtieri, ha direttamente mandato una lettera al ministro per chiedere 300 milioni in più. A questo punto

il presidente della Calabria, Roberto Occhiuto, ha deciso di intervenire per paura che i soldi vengano sottratti al meridione. Il forzista ha accusato il primo cittadino del capoluogo lombardo di secessionismo: «Facile fare il figo governando Milano. Sala dovrebbe provare a governare qualche mese in Calabria, in Sicilia o in Campania».

Roma e Milano

Sala, in viaggio a Bruxelles, subito dopo una conferenza stampa sulle famiglie arcobaleno, ha detto che le parole di Fitto suonano «un po’ come una resa, ma siccome siamo ancora in tempo estendiamo a tutti l’operazione verità e diamo i fondi a chi li sa investire». E ha aggiunto: «A volte sembro un provocatore dicendo: “se ci sono dei fondi residui, dateli a Milano”», ma poi ha specificato: «Non sono un provocatore. Perché ci sono una serie di progetti che ho nel cassetto che, fossero finanziati, io ce la faccio entro metà giugno 2026».

Gualtieri si è spinto ancora oltre. Nella missiva ha ricordato che ha messo a gara tutti i fondi del Pnrr e, come riportato dal Messaggero, ha chiesto 300 milioni da finanziare esplicitamente con quelli non spesi da altre amministrazioni. Tra le priorità il patrimonio scolastico del territorio, 354 edifici di cui almeno 200 necessitano di interventi di messa in sicurezza per problemi di natura statici e i rischi sismici.

La replica di Occhiuto

LAPRESSE

Attualmente, a quanto si legge nella relazione della Corte dei conti presentata martedì, al netto delle iniziative che non risultano divisibili in singoli ambiti regionali (poco più dell’1 per cento in termini numerici, ma oltre il 28 per cento in base al parametro del costo), il numero più elevato di interventi di spesa riguarda la Lombardia (15 per cento sul totale), la Campania e il Piemonte (entrambe poco meno del 10 per cento), nonché il Lazio, la Sicilia e il Veneto (ciascuna con il 7 per cento). In termini di onerosità dei progetti, Sicilia, Lazio e Lombardia superano l’11 per cento e la Campania si attesta al 10 per cento. Nello specifico, considerando le risorse destinate alle singole regioni, si evidenzia che dei 61,3 miliardi alla regione Lombardia sono stati assegnati 7,1 miliardi, alla regione Sicilia 7,1 miliardi, seguite dalla regione Campania 6,2 miliardi, che dai riparti ha ottenuto oltre il 10 per cento delle risorse complessive.

Quasi 6 miliardi sono destinati alla Puglia e circa 5,5 al Lazio; mentre le restanti risorse si dispiegano nei territori regionali con percentuali meno significative. La Calabria ha ottenuto 3,4 miliardi.

Occhiuto avverte: «Sul Pnrr Giuseppe Sala sbaglia completamente approccio. All’Italia sono stati assegnati oltre 191 miliardi di euro proprio perché il sud del paese è in difficoltà e merita, dunque, l’attenzione e i finanziamenti europei per potersi allineare alle regioni del nord. Senza il Mezzogiorno avremmo ricevuto molto, ma molto meno».

Le questioni

Di fronte alle repliche, gli esponenti dell’esecutivo sono stati interpellati dai giornalisti. Il viceministro delle Infrastrutture, Edoardo Rixi, ha dato la colpa di tutto al governo Draghi, e ha ipotizzato a Radio24 una cabina di regia mettendo tra gli obiettivi una riprogrammazione. Fitto, che ieri ha incontrato diversi commissari europei, ha risposto da Bruxelles.

Alla luce del rinvio di un mese da parte della Commissione europea della verifica degli obiettivi fissati dall’Italia per l’erogazione della terza rata del Pnrr, il ministro degli Affari europei dice comunque che il governo non ha timori: «C’è una consapevolezza della situazione sulla quale stiamo lavorando molto serenamente in collaborazione con la Commissione europea», ma ha ammesso che ci sono due questioni sul tavolo e la prima riguarda gli obiettivi per ottenere altri 19 miliardi. L’Italia sta facendo delle verifiche per tre target stabiliti dal precedente governo. Tra le misure rientrano le concessioni portuali, per la Commissione, allungate dal governo Draghi. Le reti di teleriscaldamento, e infine, i Piani urbani integrati. Fitto ha poi confermato che sono in corso ulteriori verifiche su alcuni progetti che non potranno essere realizzati: «Stiamo lavorando a una soluzione, tenendo conto del Repower Eu che l’Italia presenterà a breve», ha concluso. Il governo, ha anticipato, sta preparando da alcuni mesi una relazione complessiva, in cui entrerà nel dettaglio.

Il Pd ha chiesto al ministro Fitto di spiegare: «Abbiamo ribadito nuovamente la richiesta di avere una informativa urgente del ministro Fitto sui presunti ritardi e quali sono le modifiche di cui leggiamo quotidianamente sui giornali da giorni», ha detto Chiara Braga, capogruppo dem al suo primo giorno di servizio dopo l’elezione. «C’è il rischio concreto secondo noi di perdere una tranche importante di risorse e pensiamo che questa discussione vada fatta nella massima trasparenza in parlamento».

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