I Verdi hanno celebrato il loro congresso fondativo poche settimane fa a Chianciano, sono diventati ufficialmente Europa verde-I verdi, nel simbolo convivono il vecchio sole che ride e il nuovo girasole, sono guidati da due nuovi portavoce: Eleonora Evi – europarlamentare eletta col Movimento 5 stelle – e Angelo Bonelli. Intorno a questi brevi dispacci c’è però grande confusione nell’ambientalismo politico italiano: il legame con Rossella Muroni e Facciamo eco si è spezzato, quello con Beppe Sala è rimasto sulla carta, quella dei valori dei Verdi europei alla quale ha aderito il sindaco di Milano, a debita distanza però da quelli italiani, che pure sosterranno la sua cosa alla rielezione.

Perfino la strada delle candidature mediatiche è stata un vicolo cieco: lo scrittore Nicolai Lilin è stato nelle liste di Europa verde per Milano il tempo di un pomeriggio, annuncio la mattina, polemiche tutto il giorno, ritiro di Lilin la sera via Instagram. L’unica certezza che li riguarda, ma lo sapevamo da tempo, è che nemmeno alle amministrative ci sarà un’onda verde come quella in Francia, mentre la centralità dei Grünen tedeschi rimane un miraggio. In Italia, secondo un sondaggio Ipsos per WeWorld, otto under 35 su dieci voterebbero politici con la crisi climatica in cima alle priorità, ma sono voti sui quali Europa verde non riesce a mettere le mani. Nei sondaggi rimangono inchiodati al 2 per cento, Eleonora Evi confida in risultati soddisfacenti a Milano e Napoli, dove l’asticella è piazzata tra il 4 e il 5 per cento.

Fidanzamento interrotto

Tra Europa verde e Facciamo eco non si può nemmeno tecnicamente parlare di scissione, ma la rottura del fidanzamento è la misura di quanto è difficile muoversi nell’ambientalismo politico italiano. La formazione del gruppo alla Camera (guidato da Rossella Muroni) era stata salutata come il ritorno dei Verdi in parlamento dopo un decennio di assenza. Per formare il gruppo serviva il simbolo di un partito che si fosse presentato alle ultime elezioni, l’unione con i Verdi era sembrata naturale ed era stata accompagnata da belle e reciproche parole sulla strada da fare insieme. Sembrava l’inizio di qualcosa, invece è stato il «governo ambientalista» di Draghi e Cingolani a far litigare i Verdi dentro e quelli fuori il parlamento. Facciamo eco ha fatto parte della maggioranza, pur con atteggiamento di pungolo, come d’altra parte ogni partito di questa stagione politica in cui nessuno è del tutto dentro e pochissimi sono realmente fuori. Per i Verdi di Evi e Bonelli il fatto che il simbolo alla Camera fosse usato in appoggio a un governo sempre più inviso agli ambientalisti italiani di quasi ogni rito e scuola è diventato sempre meno accettabile. Per mesi il paradosso è stato quindi che i Verdi erano un gatto di Schrödinger politico, contro il governo ma anche a favore del governo. Alla fine la corda si è spezzata sul decreto Semplificazioni, risultato: Europa verde ha ritirato la concessione del simbolo.

«Qui si segna proprio una differenza culturale e di approccio», dice Muroni. «Io sono cresciuta politicamente in Legambiente e mi hanno insegnato che il mondo provi a cambiarlo laddove accadono le cose. È un approccio diverso sulla scia dei Verdi tedeschi che da tempo hanno sviluppato un progetto politico in grado di guidarla la transizione non solo di auspicarla». Lo aveva scritto anche su Twitter: «Se l’ambientalismo vuole avere un ruolo in politica non può stare in tribuna a fischiare l’arbitro ma deve piuttosto provare a giocare la partita facendo proposte, lanciando idee e denunciando le scelte sbagliate». Bonelli racconta di averle anche proposto di diventare portavoce di Europa verde, trovando però solo conferma della voglia di Facciamo eco di tenere le strade divise, rimarcata a ogni uscita pubblica, dove il nome Verdi tendeva a sparire. A guastare i rapporti c’è anche il timore che Facciamo eco stia lavorando per contendere a Europa verde lo stesso elettorato. «Stanno preparando una lista concorrente di stampo ecologista», dice Evi, «non si può usare il nome Verdi per andare contro i Verdi». A complicare le cose per chi guarda all’ambientalismo politico (e lo voterebbe pure) c’è stato il sostegno dei Verdi europei, la famiglia politica di Europa verde, a Facciamo eco.

L’affaire Lilin

In questo scenario dentro Europa verde c’è stato l’affaire Lilin. Spiega Evi: «Vogliamo aprirci, essere un collettore, dimostrarci aperti e fare ricambio generazionale». In quest’ottica era stato reclutato l’autore di Educazione siberiana, che però ha una storia che balza all’occhio di presentazioni a CasaPound e tweet aggressivi, come quando scrisse di «terroristi islamici, amici della Boldrini, sostenuti dalla sinistra italiana». Evi si dice «dispiaciuta per come sono andate le cose, Nicolai è una persona libera da ogni steccato ideologico, la politica italiana non era evidentemente pronta a una persona così anticonformista, rimane il fatto che sarebbe stato un candidato valido secondo me». L’altra novità politica è l’alleanza con il Movimento 5 stelle a Torino, unica eccezione a uno schema che vede invece Europa verde sostenere i candidati del fronte unitario giallorosso (Napoli) o del centrosinistra. A Torino invece sostegno a Valentina Sganga, scelta sulla piattaforma SkyVote da quel Movimento dal quale la portavoce, Eleonora Evi, era uscita in polemica contro la mancanza di democrazia interna e le «pugnalate contro l’ambiente» al parlamento europeo.

«Noi rimaniamo legati al centrosinistra, ma non come partito cuscinetto o stampella», spiega Evi. «A Torino è arrivata una decisione dal basso, è la città dove il nostro ricambio generazionale è più forte. Non potevamo sostenere un candidato come Stefano Lo Russo che prende sotto gamba l’emergenza climatica, contrapponendola al lavoro, quando la nostra posizione è esattamente opposta: ambiente e lavoro vanno insieme». E le pugnalate del Movimento 5 stelle all’ambiente? «Sul territorio si giocano partite diverse, io continuerò a criticarli sul piano nazionale ed europeo».

Francia e Germania

Europa verde si è dotata anche di un comitato scientifico, che farà da supporto alle proposte politiche: a guidarlo il climatologo Luca Mercalli. I temi che porteranno nella campagna elettorale sono soprattutto il consumo di suolo, le soluzioni basate sulla natura e il verde pubblico, la mobilità pulita e sostenibile. «La nostra strategia comunicativa è smettere di essere solo il partito del No», spiega Eleonora Evi. «Continueremo a dire tutti i No che serviranno, ma vogliamo essere quelli del Sì, delle proposte, delle idee, di una narrazione positiva sul potenziale della green economy». È l’antica lezione di uno dei padri fondatori dell’ambientalismo italiano, Alexander Langer, sul rendere il cambiamento ecologico desiderabile, che i Verdi hanno sempre fatto fatica a tradurre in politica. Consumo di suolo, verde e mobilità saranno temi molto presenti nella campagna elettorale di Milano, che Europa verde affronta in un equilibrio complesso: ha criticato il sindaco durante il primo mandato, ha preso atto con entusiasmo della sua adesione ai Verdi europei ma ora teme che una sua svolta green possa arrivare più dal dialogo in corso con Facciamo cco che dal rapporto con Europa verde.

«Noi lo accoglieremmo davvero a braccia aperte», conclude Evi. «Ma ci aspettiamo anche scelte più coraggiose sul suolo e la qualità dell’aria». E la Francia, la Germania? Come si può arrivare a quei risultati? «Nei paesi dell’Europa mediterranea gli ambientalisti fanno naturalmente più fatica, in Germania non c’è nemmeno la parola per dire abusivismo, il sindaco verde di Lione è No Tav, come noi. Dobbiamo saper unire radicalità alla francese e il pragmatismo dei tedeschi. E meriteremmo più visibilità: in Italia Europa verde viene quasi completamente ignorata dalle televisioni».

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