Ponte, condono e lista Zaia, Salvini il re dei guastafeste

Nemmeno il tempo di mettersi comoda, per iniziare le vacanze, che Giorgia Meloni ha dovuto fare i conti con il progetto politico estivo del suo alleato, Matteo Salvini: un agosto di guerriglia politica con lo sguardo al lungo autunno elettorale che attende la politica italiana. In mezzo si è inserita un’altra tappa, quella delle regionali in Calabria, con il voto fissato – dopo il decreto firmato ieri dalla presidenza uscente – il 5-6 ottobre. Calabria, il presidente Occhiuto si dimette e sfida i magistrati: «Io pulito, mi ricandido» In quel caso, almeno, per il centrodestra è già stato tutto deciso: Roberto Occhiuto, dopo le dimissioni, si è ricandidato. Salvini è stato tra i più lesti a commentare: «Siamo prontissimi a vincere con la Lega forza trainante del centrodestra». Operazione agosto Il mirino del vicepremier leghista è però puntato sul Veneto, una partita decisiva per rafforzare la propria leadership. Un fatto è ora chiaro: l’opzione di una «lista Zaia» non è una ricostruzione giornalistica, si tratta di un’idea concreta. Salvini, intervenendo al direttivo regionale leghista, ha ricordato: «Il partito conta su 11.000 iscritti e più di 160 sindaci. E in vista delle regionali ha già raccolto 158 disponibilità alla candidatura. Potrebbero garantire la costruzione di addirittura tre liste». Con questi numeri ha voluto esaltare «la forza dirompente della Lega in Veneto», sottolineando che «l’eccellente amministrazione garantita negli ultimi anni con la guida di Luca Zaia non va dispersa». Pnrr, nomine e agenzia per la sicurezza: Salvini sogna il Ponte ma colleziona flop Da qui il rilancio su una lista personale del presidente uscente, definita «un valore aggiunto» che sarà proposto agli alleati. Un dito nell’occhio agli alleati: Fratelli d’Italia e Forza Italia non gradiscono l’ipotesi. Se non è una minaccia, quella di Salvini è qualcosa che ci va molto vicino: o un candidato della Lega, con il deputato Alberto Stefani principale “indiziato”, o una lista personale di Zaia a fare concorrenza a FdI. Per capire chi ha davvero più voti. Un presidente meloniano uscirebbe azzoppato già al momento dell’elezione. Il Veneto è un mattoncino dell’estate salviniana, che non ha alcun Papeete in programma, senza alcuno strappo definitivo. Ma con l’idea di mettere al centro l’agenda leghista, consapevole che nel tempo fermo di agosto c’è più spazio per ottenere visibilità. Cacciari: «Il Pd vince in Veneto solo se la destra mette il cavallo di Caligola» E allora avanti con la rivendicazione del Ponte sullo Stretto, sfruttando la prospettiva di aprire i cantieri già tra settembre e ottobre, il countdown celebrativo dell’Olimpiade Milano-Cortina, il leitmotiv della rottamazione delle cartelle, e così via fino all’all-in sulle pensioni, già annunciato da Claudio Durigon, sottosegretario e potente numero due di Salvini. Se non si potrà superare la legge Fornero, si deve trovare una via alternativa. Dalla Grecia ad Almasri Meloni, insomma, ha staccato per qualche giorno, con tappa in Grecia come anticipato dal Foglio, ma subito ha dovuto fare i conti con una delle questioni messe in stand-by nelle scorse settimane: il confronto con gli alleati, Salvini in testa, sul Veneto. Cospito, Uss e Almasri: perché Nordio deve salvare la sua zarina Bartolozzi Anche se ora dalle opposizioni si leva l’appello per un «election day» delle regionali. Il deputato di Avs, Angelo Bonelli, dopo l’annuncio della data in Calabria, ha definito i prossimi mesi uno «spezzatino elettorale», visto che il 28-29 settembre si voterà nelle Marche, il 12-13 ottobre in Toscana, a novembre in Campania, Puglia e Veneto. E dire che nei giorni di relax, con la sorella Arianna la presidente del Consiglio voleva portare a casa la vittoria personale di ospitare il vertice tra Donald Trump e Vladimir Putin. Il veto del Cremlino ha fatto saltare la possibilità di un’interruzione, quantomai gradita nel caso specifico, delle vacanze della premier italiana. Al posto del trionfo, Meloni deve fare i conti con i problemi con cui è iniziata la pausa estiva. La vicenda del generale libico Almasri e la richiesta di autorizzazione a procedere chiesta alla Camera per i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e il sottosegretario, Alfredo Mantovano hanno le caratteristiche per diventare uno stillicidio estivo. Caso Almasri, una banda allo sbando. L’autocomplotto di Meloni Gli atti a disposizione sono già stati passati ai raggi X e ogni giorno può essere raccontato un nuovo dettaglio, risvolti che mettono in luce le eventuali omissioni sulla gestione del “rimpatrio” del torturatore libico. In attesa di poter conoscere gli allegati, oggi sottochiave della giunta per le autorizzazioni di Montecitorio. La premier ha sposato in pieno la “dottrina-Fazzolari”, che prevede la denuncia di un complotto della magistratura, laddove in realtà esiste solo la richiesta di un chiarimento sui comportamenti da parte della giustizia. La strategia, mutuata da Silvio Berlusconi, ha finora funzionato. Allora meglio proseguire lungo questa rotta, buttandola sull’equazione riforma della giustizia-vendetta dei magistrati. Del resto con un orizzonte complicato, con gli effetti dei dazi pronti ad abbattersi sui conti, è meglio alzare i toni. Far rumore per coprire il rallentamento dell’economia, già emerso nelle ultime stime dell’Istat, che potrebbe aggravarsi di fronte all’aumento delle tariffe doganali decise dagli Stati Uniti di Trump. I dazi affondano il Pil, ma Meloni non può sbagliare la manovra E con una manovra tutta da scrivere con pochi soldi in cassa e tante promesse da mantenere.