Cambiano le versioni di cosa accadde nell’estate del 2019. L’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini è tornato oggi, 13 maggio, nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone di Palermo, per il processo Open Arms che lo vede accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per i fatti relativi all’agosto del 2019, quando la nave della Ong fu costretta ad attendere 20 giorni in mare con oltre 147 persone migranti a bordo prima di poter garantire loro un porto di sbarco sicuro.

Oggi viene ascoltato anche Fabrizio Mancini, all’epoca funzionario ministero Interno. Mancini, come riportato da Domani, raccontò ai carabinieri la chiara intenzione del leader della Lega Salvini di vietare lo sbarco ancora prima di definire la posizione giuridica dell’imbarcazione e l’operazione politica dietro ai blocchi delle navi, adesso parla di «situazione sospesa». Una nuova risposta che cambia in parte le versioni precedenti e che ha creato uno scontro tra accusa e difesa in Aula.

Oltre a lui saranno sentiti come testimoni Anabel Montes, ex capomissione della ong Open Arms, e Katia Valeria Di Natale, medico dell’Ordine di Malta.

I messaggi

Il funzionario ha raccontato che le giornate di quell’agosto furono molto movimentate. Ricorda vari scambi con la vice capo di gabinetto Emanuela Garroni: a lei Mancini indicò come plausibile porto di sbarco Lampedusa. Nonostante passassero i giorni non arrivava il via libera. La mancata risposta, aveva riferito al Tribunale dei ministri, veniva interpretata «come esito negativo».

Adesso ha offerto una nuova versione: «Questa procedura non riguardava solo questo caso, è la procedura che si seguiva prima e che si è continuata a seguire anche dopo. Passavano anche settimane». Il pm, Gery Ferrara, ha sottolineato che la nuova versione cambia la precedente e l’avvocata di Matteo Salvini, Giulia Bongiorno, ha accusato il pubblico ministero di aver usato «toni aggressivi» col testimone, e la seduta è stata sospesa per alcuni minuti.

Alla ripresa ha Mancini ha proseguito ridimensionando la sua posizione sulla conoscenza dell’allora ministro Salvini della situazione. «È chiaro che le determinazioni del gabinetto arrivano dal ministro» aveva detto prima, oggi spiega che era «una considerazione personale, se il ministro non sapesse dovremmo preoccuparci no?», senza rispondere direttamente alla domanda se la decisione sul caso Open Arms provenisse dal ministro.

La linea del ministero era quella di non concedere il Pos? Gli è stato chiesto dagli avvocati della Difesa. Nel 2020 aveva detto di sì. Oggi dice di non ricordare quello che aveva dichiarato e «bisogna capire il contesto in cui è stato dichiarato. All’epoca ero ignaro, adesso sono un po’ più addentro».

«Non devo stare qui a difendere il senatore Salvini...» ha detto ancora, «all’epoca avevamo l’Isis, che all’interno si potessero trovare persone male intenzionate è una preoccupazione...». E ha attaccato: «Le Ong potevano indurre il potere politico a pensare che ci potessero essere situazioni diverse che si potevano attenzionare». Il pm ha commentato: «Mi sembra di sentire un comizio del testimone».

La questione

All'epoca delle vicende della Open Arms era in vigore un decreto interministeriale di interdizione delle acque italiane alla nave della ong spagnola. Dopo la pronuncia del Tar che sospese il decreto, il 14 agosto, si pose il problema del porto sicuro per i migranti. Il ministero stava pensando di fare in modo che la sospensiva non avesse valore: «Mi venne detto, da parte del Gabinetto del Viminale, che l'orientamento era procedere all'emissione di un nuovo decreto interministeriale che potesse bypassare la sospensiva del tribunale. Poi, però, il decreto non fu fatto». Dopo la pronuncia del Tar la Open Arms fece diverse richieste di porto sicuro (Pos), una il 14 agosto indirizzata anche al Gabinetto del ministero dell'Interno: «Tornai in ufficio il 16 agosto e chiesi se c'erano novità. Nella mattina del 16 arrivarono altre richieste di Pos, ce lo disse la Capitaneria di Porto». Garroni si limitò a segnalare che la sospensione «non imponeva l'obbligo di sbarco». Arrivò a quel punto un atto di diffida della Open Arms, inviato da Mancini a Garroni tramite whatsapp.

Il 17 mattina - ha aggiunto il dirigente - chiese alla questura di Agrigento se il tribunale dei minori aveva dato indicazioni sulla sorte dei 31 minori a bordo «e il questore mi scrisse che non avevano ancora ricevuto nulla». Alcuni migranti si erano buttati a mare per cercare di raggiungere Lampedusa.

Le dichiarazioni

«Avevamo avuto un cambio di trend degli sbarchi», ha detto ancora oggi il funzionario. Formalmente la procedura degli sbarchi non era cambiata «ma praticamente sì». Mancini, direttore del Servizio immigrazione e della polizia di frontiera del ministero dell’Interno, già in passato ha dichiarato davanti ai vertici dei carabinieri del nucleo investigativo di Palermo che lo hanno interrogato: «Nel corso di tutte le interlocuzioni avute con il Gabinetto del ministro, non fu affrontata la questione della qualificazione giuridica di Open Arms, se evento Sar, ovvero mera immigrazione illegale».

Nonostante ciò, Mancini, tra i funzionari più in grado del Viminale, ha detto che «il Gabinetto del ministro non aveva intenzione di assegnare un Pos a Open Arms».

Mancini, con le sue parole, ha fornito elementi decisivi per comprendere come si può creare dal nulla un’emergenza solo per fini politici: «L’esigenza di modifica delle procedure nasceva a seguito delle decisioni prese a un comitato Nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, di fine 2018, in cui si prese atto che i numeri degli sbarchi erano calati, e l’orientamento politico era di considerare la gestione degli sbarchi un problema di immigrazione irregolare e sicurezza pubblica e non già un problema di ricerca e soccorso di vite umane in mare».

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