«La professione del meteorologo in Italia non esiste». È una frase che fa un certo effetto. Perché nella nostra mente la professione esiste eccome, codificata dai tempi del colonnello Edmondo Bernacca, volto Rai delle previsioni per eccellenza, poi perché in un contesto di crisi climatica essere guidati negli estremi meteo diventa sempre più vitale, infine perché a pronunciare questa frase è Pierluigi Randi, il presidente di Ampro, cioè l'Associazione meteo professionisti. Non esiste, dice, perché non c'è un albo che possa distinguere chi ha i titoli e chi non li ha, e anche perché la filiera dei titoli per diventare meteorologo solo di recente ha trovato i suoi canali accademici.

Il primo corso di meteorologia ambientale, all'Università di Trento e Innsbruck, ha solo un anno. Prima si accedeva grazie ai corsi di fisica dell'atmosfera, prima ancora da percorsi più incerti, che passavano dall'aeronautica militare o da formazioni più tecniche che scientifiche.

Lo stesso Randi, uomo delle previsioni di un'altra generazione, ricostruisce così il suo cammino: «Diploma tecnico superiore agrario, poi specializzazione in una scuola di agro-meteorologia, poi diversi corsi internazionali. Anche l'Organizzazione meteorologica mondiale ci ha ammonito: regolamentare la professione è importante».

Randi fa riferimento all'agenzia dell'Onu sul meteo, che negli ultimi anni ha assunto un ruolo sempre più climatico di certificazione delle anomalie portate dal riscaldamento globale. «Solo Italia e Grecia non hanno riconosciuto una professione così delicata nel contesto pubblico».

Le anomalie italiane

Un'altra anomalia tutta italiana era la mancanza di un'agenzia civile e non militare, in grado di certificare i dati e le previsioni, offrirli in modo standard a tutti i pezzi di società interessati, fare da raccordo alla parte meteo della gestione del rischio. È stata istituita nel 2017, si chiama Agenzia Italia Meteo. Dopo sei anni di percorso molto accidentato, il suo lavoro deve ancora partire, il direttore Carlo Cacciamani (entrato in ruolo solo nel 2022) ha assicurato, a maggio scorso, dopo le alluvioni in Romagna, che tra un anno e mezzo sarà operativa. A otto anni dalla legge, con una crisi climatica in corso.

In questo contesto, la divulgazione sul meteo si è sempre più parcellizzata. Ampro ha censito oltre 200 tra meteorologi e tecnici meteo (Randi spiega la differenza facendo l'analogia con quella tra dentista e odontotecnico), ma la nostra esperienza quotidiana passa sempre meno da una persona e sempre più da altre due cose.

La prima sono le app, che in modo automatizzato processano e vendono i dati dei grandi centri calcolo, traducendoli in icone e faccine e spingendoli anche a distanze dove previsioni rigorose oggi non andrebbero.

«Se il lunedì cerchi il meteo che farà il prossimo weekend, il risultato di una qualsiasi app ha l'accuratezza di un tiro di dadi», spiega Randi. Il secondo sono i siti privati, specializzati in titoli angoscianti, enfasi post-apocalittica e nomi fantasiosi per le ondate di calore, piattaforme su cui nessuno ha titolo di fare alcun controllo e il cui business è la quantità di visite. Il clickbait insomma, che sulla scala del gossip ci fa al massimo perdere un minuto di attenzione, sulla scala del meteo e rischi connessi rischia di metterci nei guai.

I disagi degli esperti

La cerberizzazione di una scienza complessa e bisognosa di decodifica come il meteo diventa ancora più problematica in un contesto in cui la prevedibilità dei fenomeni è saltata e gli eventi estremi hanno fatto 100 miliardi di euro di danni e 22mila vittime dal 1990 a oggi (dati Società italiana medicina ambientale). Il rapporto tra meteo e clima è semplice: il meteo sono gli eventi di oggi, il clima è la loro valutazione sulla scala dei trent'anni.

Il punto è che noi possiamo percepire il clima solo sulla scala del meteo, lì sperimentiamo i rischi e formiamo le nostre idee come cittadini. E la ricerca con brivido dell'apocalisse immediata fa perdere di vista l'orizzonte più serio, la perdita dei parametri base su cui si è sviluppata ogni attività umana, dall'agricoltura alle città.

Serena Giacomin appartiene a un'altra generazione di meteorologi rispetto a Randi, è laureata in fisica dell'atmosfera, si occupa di divulgazione e gestione del rischio, è presidente di Italian Climate Network. «Il nostro compito è spiegare la meteorologia nel contesto climatico, con dati e rigore. Ma il tema è diventato così polarizzato che fare questo mestiere in modo efficace è diventato difficile, c'è un dibattito feroce e denigratorio».

Giacomin risponde al telefono da un'area di Milano dove c'è appena stato un violento downburst che ha anche interrotto la linea della metropolitana, l'ennesimo in pochi giorni. «È difficile parlare di esagerazioni quando hai 47°C in Sardegna o chicchi di grandine da 15 centimetri, non è la comunicazione a essere estrema, sono i fenomeni a esserlo. L'altro giorno ero in radio, un ascoltatore si diceva esasperato dai toni allarmistici che si sentono e devo dire che lo capivo. Il contesto è allarmante a lungo termine, ma abbiamo siti e testate che cercano sempre il grado in più, il record, l'esagerazione, falsando la percezione del rischio».

Le prospettive

La prospettiva climatica serve a prendere decisioni politiche informate su un futuro che cambia, quella meteorologica a navigare un presente sempre più pericoloso. La professione ancora non codificata del meteorologo ha un valore sempre più civile.

Come dice Randi: «Oggi i meteorologi lavorano in tantissimi settori del privato, le squadre di Formula 1 ne hanno uno, così come le aziende energetiche, ma presto ne avranno bisogno anche le amministrazioni pubbliche, io sono per l'istituzione del meteorologo comunale, perché la gestione del rischio parte da lì».

La creazione di un albo potrebbe essere un passaggio importante, così come lo è la formazione delle scuole. «Ancora oggi vedo le persone avere con naturalezza comportamenti rischiosi, anche solo per fare un video, durante un fenomeno estremo», spiega Giacomin.

«Una delle principali forme di adattamento è l'autoprotezione civile, sapere come comportarsi durante un evento anomalo, la consapevolezza del cittadino passa anche dal meteorologo». Da Bernacca negli anni '70 si apprendeva se era il caso di andare al mare, dai suoi eredi avremo sempre più bisogno di sapere come salvarci la vita.

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