Puglia al fotofinish: Schlein convince il riluttante Decaro

Quando la segretaria Elly Schlein e il candidato, ancora in pectore, Antonio Decaro arrivano insieme nella piazza di Bisceglie, si abbracciano platealmente, in mezzo ad applausi liberatori della folla che si stringe loro intorno. La festa dell’Unità regionale è iniziata due ore prima, alle sette di sera, nell’incertezza. Anche se il sindaco della città Angelantonio Angarano, dal palco, dà sfogo all’entusiasmo di chi crede di sapere prima degli altri che il pericolo è scampato, che il centrosinistra ha un candidato presidente, che la coalizione e il Pd pugliese non esploderanno come un fuoco artificiale. «Da questa festa di partito potremo capire dove va la nostra regione, ma anche dove va tutto il paese», annuncia con foga. Bisceglie per una sera è l’ombelico del piccolo e incasinato mondo democratico pugliese e non solo, e si capisce perché: sono le sette della sera, il sole cala sui gradini della piazza della bella cittadina, ma fino a due ore prima Antonio Decaro era ancora intestardito sul no alla candidatura di Nichi Vendola nelle liste di Avs. Quindi lui, in candidato naturale, con mezzo milione di preferenze già in tasca dalle scorse europee, intenzionato a non correre. Per tutto il giorno in tanti hanno cercato di convincerlo. In primis Francesco Boccia, capogruppo del Pd al Senato, biscegliese doc, che quattro giorni fa gli ha portato in dote il ritiro di Michele Emiliano, presidente uscente e intenzionato a ricandidarsi da consigliere. Ma sul presidente di Sinistra italiana, ex presidente di regione anche lui, l’altro colpito dalla fatwa di Decaro, Avs è categorica: a casa nostra i candidati li decidiamo noi. Sarracino (Pd): «Con Fico cambia tutto. I cacicchi in Campania hanno perso la partita» Veti incomprensibili Fino a due ore prima l’eurodeputato ha testardamente resistito. A tutti: alla segretaria Schlein che si è infuriata, perché il gran rifiuto a correre può spaccare il Pd pugliese come una mela, con chissà quali conseguenze nefaste nella coalizione. Ai candidati che hanno già avviato la campagna elettorale: quelli delle sue due liste civiche hanno persino già stampato i santini con «Decaro presidente» che ora rischiano di andare al macero. Ha resistito anche ai compagni di corrente riformista, al presidente Stefano Bonaccini in testa, che hanno cercato di farlo ragionare: se molli per te non sarà in ogni caso una vittoria. E sono loro che alla fine lo convincono a accettare di correre, e di far saltare il veto su Vendola, «poco comprensibile», «inspiegabile». Dal palco, prima che salgano insieme Schlein e Decaro, Boccia è sicuro di avercela fatta: «Oggi celebriamo l’unità di questi partiti che sono qui sul palco, e l’unità del centrosinistra». Con lui ci sono Raffaella Paita di Iv, Peppe De Cristoforo di Avs e Stefano Patuanelli dei Cinque stelle. Sono proprio i Cinque stelle gli ultimi a chiedere pubblicamente un passo indietro a Vendola. «È finito il tempo dell’attesa. Invitiamo le altre forze progressiste a compiere un serio e definitivo sforzo per colmare le distanze e superare gli ultimi ostacoli che si frappongono a riconoscere tutti in Decaro il candidato oggettivamente più idoneo per determinare una stagione inedita e positiva, da cui noi per primi non potremmo prescindere». O Decaro o non ci stiamo, è il messaggio. Giuseppe Conte dà manforte: «La nostra comunità adesso chiede che ci sia una chiara soluzione». Da Avs la replica è sferzante: «Cercano un ruolo, ma sono fuori tempo massimo». È un piccolo assaggio del caos che potrebbe scoppiare nell’alleanza. Intanto girano voci, veleni: le agenzie battono la una notizia secondo cui Emiliano avrebbe cambiato idea, e avrebbe detto ai suoi che «caduto il problema politico per Vendola, cade anche per lui». Insomma, se si candida il vecchio ex presidente, si candida anche quello uscente. «Fuffa», spiegano esponenti del Pd e di Avs. Veneto, Salvini “placa” Zaia ma il Doge vuole una poltrona L’ultimo colpo di Emiliano Però all’ultimo momento la questione chiusa sembra tornare a gambe per aria. Anche se fonti diverse sostengono che l’eurodeputato a questo punto ha già capitolato, e sta scegliendo le parole per annunciarlo senza fare la figura di quello che sventola bandiera bianca. Vendola dirà che la sua è solo «una candidatura di servizio». Decaro non vuole fare la parte di quello che ha chiesto la testa politica del suo padre politico Emiliano. Ma si è incartato, e alla fine si è trovato con le spalle al muro. In Puglia il malumore verso di lui serpeggia, al Nazareno il sospetto che si tratti di una mossa per laurearsi come l’alternativa a Schlein al prossimo congresso è diventata una certezza. La settimana di passione del Pd, quattro giorni per il caso Puglia Sono stati giorni ed ore surreali, che hanno ridato fiato a una destra che in questa regione non ha speranza di riscatto e non ha ancora scelto il suo candidato. L’impuntatura di Decaro – lui, testardamente coerente con le condizioni che si è incomprensibilmente autoinflitto, lei, la segretaria, testardamente unitaria e preoccupata di tenere unita la coalizione – hanno rischiato di trasformare la vittoria annunciata della sinistra in un vaudeville, un vicolo cieco in cui Decaro si è infilato, e ha fatto tutto da solo.