Il Movimento 5 stelle resta ostaggio dello scontro tra il suo fondatore, Beppe Grillo, e Giuseppe Conte, che vorrebbe rilanciare il partito, ma alle sue condizioni. Al netto dello scontro di potere in corso, quali sarebbero i capisaldi del programma della creatura contiana? È una domanda che si fanno anche i parlamentari, che nelle ultime ore hanno chiesto di vedere lo statuto che l’avvocato del popolo aveva proposto a Grillo negli ultimi giorni. Secondo i dati commentati su queste pagine da Salvatore Vassallo, l’elettorato del M5s si è modificato negli ultimi anni: si è spostato a sud e ha cambiato atteggiamento verso l’Unione europea e le istituzioni.

Partendo dall’assunto che il primo bacino a cui attingerebbe una nuova formazione guidata dall’ex presidente del Consiglio sarebbe proprio quello del M5s, vale la pena confrontare le potenziali richieste di questo elettorato con i timidi accenni di programma che Conte si è sentito finora di condividere.

Negli incontri con le diverse compagini degli eletti di questi mesi, in realtà non ha preso posizioni specifiche, né lo ha fatto pubblicamente su questioni come il ddl Zan o i calciatori che si inginocchiano (oppure no) prima delle partite.

Al centro dei discorsi

Gli elementi su cui si può basare una valutazione sono i due citati nella primissima presentazione del suo progetto: in quell’occasione ha parlato di «cultura integralmente ecologica» e «giustizia sociale».

Il primo concetto sarà il legame che lo terrà vincolato alla sua missione originaria nata nel M5s. Di fronte a un eventuale elettorato può essere declinato in due modi: il primo, più rivolto alla fetta di elettorato più istruito e benestante a cui Conte parla al nord, il secondo inteso come componente di una strategia redistributiva, che può risultare più attraente per gli elettori meridionali.

Anche l’altro aspetto, la giustizia sociale, può essere inteso in questo senso, ossia come attenzione alla ridistribuzione della ricchezza, sulla falsariga della battaglia per il reddito di cittadinanza del 2018: un elemento su cui Conte torna spesso con forza nella sua comunicazione è proprio l’opposizione alle élite e la promessa di lottare affinché i denari del Pnrr non finiscano in tasca «ai soliti», una percezione molto diffusa in tutte le fasce di ricchezza che compongono l’elettorato del Movimento.

Per quanto riguarda altre questioni programmatiche, come la linea sui diritti civili, Conte non si è ancora espresso, ma effettivamente neanche il Movimento aveva una linea chiara sull’argomento. Considerato l’orientamento di centrosinistra che l’avvocato ha attribuito al nuovo corso del M5s (e, si può supporre, anche a un suo eventuale partito), si può però immaginare che la posizione non sia ostile all’allargamento dei diritti. Nel programma potrebbe anche esserci un riferimento alla legge elettorale, elemento che l’avvocato aveva introdotto anche nelle sue interviste più recenti, che potrebbe precipitare in un «proporzionale essenziale», più adatto a un partito alla sua prima sfida sul territorio nazionale. Tuttavia, il grande vantaggio di Conte in questa fase rimane il suo gradimento personale: più che per le sue posizioni sui singoli temi, gli elettori gradiscono il suo carattere. L’avvocato parla a un pubblico molto eterogeneo, un fatto che rende complesso attribuirgli un unico schema di valori: contemporaneamente, permette a Conte di allargare, come ha auspicato più volte, il suo bacino di riferimento. Tra i votanti che potrebbe portare alle urne ci sono infatti anche gli autonomi e i disoccupati, due categorie in genere lontane dal centrosinistra.

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