Quale Milano avremo? Ce lo dirà il futuro del Leoncavallo

Per 132 volte un ufficiale giudiziario è passato da via Watteau, a Milano, e ha procrastinato lo sfratto allo Spazio Pubblico Autogestito Leoncavallo. Il 9 settembre questo potrebbe non succedere più. Il terremoto aperto dall’inchiesta sul “modello Milano” ha fatto si che Sala, e la sua amministrazione, abbiano congelato il bando su via San Dionigi, il bando che ad oggi pare l’unico argine tra sgombero e trasloco. Non serviva certo un’inchiesta per raccontare come Milano stia crescendo verticalmente senza senso. Attorno al “Leo” sta crescendo un quartiere, nuovi palazzi, i sensi di marcia delle vie cambiano di mese in mese. Greco corre, come non era prevedibile l’8 settembre 1994, il giorno dell’arrivo del Leoncavallo nel quartiere. Non servivano giudici per raccontare come cemento ed edilizia si stiano mangiano piazze, parchi, spazi comuni e così si impone un'idea di città che gravita attorno a privato, speculazione e servizi per turisti e turiste. Il Leoncavallo, la Torre e le fanzine: gli anni antagonisti dei centri sociali Il quartiere Nel quartiere Greco il costo degli affitti è quasi raddoppiato in 10 anni, il valore del metro quadro per una casa ha superato i 5 mila euro. Dieci anni fa, prima dell'Expo 2015, si aggirava attorno ai 3.200 euro. Non si vive a Milano con meno di 2.300 euro al mese. Sala ha deciso di difendere il suo modello, la sua idea. Un’idea di città incompatibile con quella sociale, comunitaria, collettiva che il Leoncavallo e i centri sociali rappresentano. E se è certo che l'accelerazione per lo sfratto, o sgombero, del Leoncavallo è data da una sentenza di 3 milioni di euro con cui il ministero dell'Interno è stato condannato al risarcimento della società Orologio, proprietaria dell’immobile è anche immaginabile pensare che la stessa società, dopo anni di attesa e tentativi di mediazione, abbia deciso di mettere a valore gli spazi dell’ex cartiera. Ma anche dalle pressioni del governo. Milano, rigenerazione o “sacco”? Se il lessico ci imbroglia La situazione è certo kafkiana e la multa è stata girata alla presidente dell’associazione Madri Antifasciste del Leoncavallo. Ma come succede da 50 anni sono le scelte della politica meneghina che stanno mettendo in strada il Leoncavallo. Sala ha difeso il suo operato a anche l’idea si svendere San Siro, non ha preso parola e non ha neppure mosso un dito per salvare il Leoncavallo. Nemmeno aprire un bando a costo zero. C’era l’occasione per cambiare passo ma il potere a Milano insiste sulla terrificante logica che ha espulso migliaia di persone, permesso la chiusura di luoghi storici, frammentato il tessuto sociale dei quartieri a vantaggio di alberghi, ristoranti e palazzi. Quell’idea di città imposta, con velocità e violenza, con Expo 2015 e che trova compimento dietro i Giochi.. LaRegioneLombardiadiscutedellachiusuradei«centrisocialiirregolari» Già qualche settimana fa diverse centinaia di persone hanno sottoscritto una lettera alla città, lanciata da personalità della società civile milanese, partendo da Paolo Rossi e Sandrone Dazieri, dove si leggeva «Se perdi anche il Leoncavallo, cosa ti rimane? Il nuovo piatto che puoi trovare anche a Masterchef? No dai, Milano, teniamoci le parti popolari, critiche, teniamoci vicino chi è sbagliato in ogni posto dove sta ma per questo sa sempre cosa fare e come uscirne, non pieghiamoci alla logica del bello, del giusto, del corretto. Sappiamo bene che anche un torto, se fatto per un fine positivo, collettivo, comunitario, può essere una ragione. Come cantava uno che ogni 11 gennaio ti piace ricordare in Piazza Duomo: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”». Il bando per via San Dionigi non regalerebbe nulla. Il Leoncavallo deve pagare ristrutturazione dell’area e organizzare lo spostamento. Il bando sarebbe un piccolo gesto che pare essersi perso dopo l’apertura dell’inchiesta sul “modello Milano”. Poteva essere un piccolo segnale di un cambio di passo. Invece non una parola. Molte città d’Europa e del mondo provano a scappare dal paradigma dell’evento e della città per turisti. A Barcellona c'è un fervente dibattito su come si possa trovare un equilibrio tra le necessità di chi vi risiede, la sostenibilità ambientale, la tutela delle fasce più deboli e l'attrarre turisti e stranieri. La situazione era, e continua ad essere, tanto complessa che i movimenti per il diritto all’abitare, come in tutta la Spagna, stanno ragionando sull’organizzare uno “sciopero degli affitti”, e ci sono manifestazioni contro l'overtourism. Milano, le città e la giusta battaglia contro le rendite che la sinistra non combatte A Città del Messico, Buenos Aires, Quito, Santiago del Cile, Mumbai, Città del Capo o Nairobi la critica alla gentrificazione, all’edificazione e all’espulsione delle fasce più povere si fa sempre più importante, con alcuni governi cittadini pronti ad aprirsi a discussioni e ripensamenti. Su questa scia a New York il candidato democratico alle prossime elezioni cittadine sarà Zohran Mamdani. Mamdani ha vinto parlando di congelamento degli affitti, trasporti pubblici gratuiti, creazione di negozi di alimentari comunali a basso costo e politiche di giustizia sociale con redistribuzione della ricchezza. Un’altra città sarebbe possibile. La fine della vicenda “Leoncavallo” sarà suo indicatore.