La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni adesso seleziona accuratamente i media anglosassoni per proporsi come futura presidente del consiglio italiana. La sua veste atlantista la accompagna sempre così come il sostegno alla «coraggiosa Ucraina».

Ad agosto ha detto chiaramente a Fox News che l’Italia deve dire addio al legame via gasdotto con Mosca, il più forte, eppure fino all’inizio del 2022 la sua opinione sui rapporti economici tra Mosca e l’Italia era molto diversa, una storia di strenua difesa degli «interessi italiani» che faceva molto bene anche al presidente russo Vladimir Putin, di cui nel 2018 la presidente del partito di destra dichiarava la veste democratica: «Complimenti a Vladimir Putin per la
sua quarta elezione a presidente della Federazione russa. La
volontà del popolo in queste elezioni russe appare
inequivocabile».

I post sulle sanzioni

Tra bacheche di Facebook e post sul sito di Fratelli d’Italia, il primo no alle sanzioni di Giorgia Meloni parte all’indomani dell’invasione della Crimea. Si comincia nel 2014 con una mozione in parlamento e un video con tanto di intervento della leader sul sito “giorgiameloni.it”. Nel testo si diceva particolarmente preoccupata per il business italiano «del formaggio stagionato».

Ma la leader di Fratelli d’Italia non desiste. L’anno successivo tra Twitter e Facebook tornava a chiedere «un sussulto di dignità». E rivolgendosi all’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi proponeva di non confermare le misure. Era il 10 dicembre 2015.


Cambia il governo, ma lei no. Nel 2017 continuava a chiedere lo stop al gelo economico tra Europa e Russia. Il presidente del Consiglio in questo caso era Paolo Gentiloni e le parole erano ancora più dure di quelle contro Renzi: «Gentiloni è peggio di Tafazzi», personaggio comico di Giacomo Poretti con la caratteristica di prendersi a bottigliate «là dove il sacrificio più duole». «Va in Consiglio europeo e vota sì al rinnovo delle sanzioni alla Russia. Complimenti: un’altra bella batosta per le imprese italiane e per l’economia nazionale, che ha già perso miliardi di euro per questa scellerata scelta. Prima ci liberiamo di questo governo di servi e nemici dell’Italia e meglio è», scriveva la leader di FdI.

Passa un altro anno. Marzo 2018. Per lei «è incredibile. L’Europa proroga di altri sei mesi le sanzioni economiche contro la Russia che massacrano il Made in Italy. Nell’Italia che vogliamo, il Governo non cede ai ricatti di Bruxelles e difende le imprese italiane».

Sono le settimane in cui Azione giovani a Garbatella, la sede del suo quartiere dell’associazione che Meloni ha presieduto da giovane, organizza addirittura un flashmob davanti all’ambasciata russa. Il movimento si schiera dichiaratamente con «il popolo russo» e contro gli Stati Uniti e l’Europa.

Meloni non era tanto convinta nemmeno subito dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022. A Porta a Porta ancora una volta le sanzioni non erano una mossa giusta da fare. E d’altronde l’8 febbraio, prima dell’invasione, era pacifista come Matteo Salvini: «Serve una pace secolare con la Russia ma mi sembra che Biden usi la politica estera per coprire i problemi che ha in patria». L’Europa «deve giocare un ruolo per la pace e avere una terzietà per l'Ucraina. Sono contro le sanzioni non perché sono amica di Putin, che non ho mai visto, ma il nostro interesse non è spingere la Russia verso la Cina». Più o meno le stesse parole che poi userà anche Silvio Berlusconi comprensivo col «signor Putin». 

Tra una dichiarazione e l’altra contro le sanzioni dal 2014 al 2022, nel 2020 arriva il Covid. C’è la crisi sanitaria e in quel contesto Meloni lancia un endorsement al vaccino russo Sputnik: «Un altro potenziale rimedio». Nel 2021 non dovevano esserci pregiudizi geopolitici. Anche in questo caso, specificava la leader del partito di destra, era una questione di interessi italiani.

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