Un pezzo del governo Conte II è venuto meno e la crisi è aperta. Matteo Renzi ha deciso di ritirare la delegazione di Italia viva dall’esecutivo, ma non ha fatto altrettanto con i suoi parlamentari che tra Camera e Senato occupano poltrone importanti. Così facendo lascia un’ulteriore spina nel fianco di Giuseppe Conte e muta gli equilibri parlamentari se la legislatura dovesse proseguire con una maggioranza diversa.

La crisi lascia intatte, al momento, due presidenze in mano ad Italia viva: alla Camera quella della commissione Finanze  guidata da Luigi Marattin, e al Senato quella della commissione Sanità dove la presidente è Annamaria Parente, ex Pd. Ci sarebbe, sempre a Palazzo Madama, la commissione Istruzione guidata dal socialista Riccardo Nencini. Ma il leader del Psi non sembra affatto intenzionato ad abbandonare la maggioranza. E questo, oltre a sottrarre una presidenza ai “renziani”, rappresenta un problema per l’ex premier che, proprio grazie al simbolo del Psi, è riuscito a costituire un gruppo autonomo al Senato (il regolamento vieta la costituzione di nuovi gruppi, se non con un simbolo presente alle precedenti elezioni ndr).   

La battaglia di giugno

Lo scorso Italia viva ha chiesto a gran voce l’assegnazione di poltrone extra governative, pretendendo una rappresentanza istituzionale “proporzionata” rispetto a quelli che fino a due giorni fa erano i suoi alleati. Se il rimpasto già allora era operazione complessa e politicamente difficile, l'assist per Iv era arrivato dalla naturale scadenza delle presidenze di commissione, prevista nella seconda metà del mese.

Il partito di Renzi aveva così ottenuto tre incarichi di vertice. Non quelli più importanti (le presidente delle commissioni Interni, Economia, Giustizia, Infrastrutture, Esteri e Difesa), né i più ambiti (Bilancio e Affari costituzionali) che non a caso sono stati spartiti tra M5s e Pd. Ma l'attuale situazione – con la pandemia e i necessari ristori – complica di gran lunga le cose. Se la legislatura proseguisse, le due commissioni in mano ai renziani dovranno continuare a occuparsi dei provvedimenti anti Covid e di quelli relativi agli indennizzi economici.

Si ripresenta insomma il problema già incontrato quando a uscire dal governo era stata la Lega di Matteo Salvini (che, tra l'altro, ha ancora la presidenza di alcune commissioni): non tutte le commissioni saranno controllate dalla futura ed eventuale maggioranza con i cosiddetti “responsabili” che il premier spera di mettere insieme nei prossimi giorni.

Cosa cambia

La scelta dei presidenti è fondamentale per gli equilibri di una maggioranza. Soprattutto se si tratta di personalità politicamente forti che possono arrivare a dettare molte regole cambiando l'agenda delle commissioni. E dunque le priorità politiche. Il presidente può infatti proporre quali provvedimenti inserire in calendario, quali emendamenti, anche del governo, considerare inammissibili facendoli finire in un vicolo cieco, ha voce in capitolo sul termine per presentare le proposte di modifica e sceglie i relatori che si occupano dei provvedimenti. La sua direzione può condizionare di gran lunga i lavori della commissione. Nitto Palma, il forzista ex presidente della commissione Giustizia con il governo Renzi-Alfano, viene ricordato anche per i suoi calendari pieni zeppi di provvedimenti che frenavano i ddl che stavano più a cuore alla maggioranza di allora.

Italia viva ha in mano caselle che attirano meno responsabilità e pressioni rispetto ai ruoli di governo, ma possono condizionare gli equilibri di maggioranza. E da qui alla fine della legislatura, senza dimissioni, i presidenti non possono essere cambiati perché la prassi parlamentare prevede che un avvicendamento avvenga a metà legislatura, ed è già stato fatto.

Non è escluso che nei prossimi mesi la commissione Sanità di Palazzo Madama, presieduta dalla renziana Parente, si debba occupare di altri decreti anti Covid. Urgenti e improcrastinabili. Così come la commissione Finanze di Montecitorio dove siede Marattin, che probabilmente discuterà, insieme alla Bilancio, del prossimo decreto sui ristori. In parlamento Italia viva ha garantito che sul tema non farà mancare i voti, ma non è escluso che da qui in avanti si accendano nuovi fuochi incrociati.

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