È l’uomo del giorno. Nello spazio per le dirette televisive di fronte a Montecitorio si mettono in fila per una sua dichiarazione in diretta.

E pensare che Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Pd, era apparso a lungo come l’ultimo giapponese nella giungla. Continuava ad insistere per il nuovo incarico di Sergio Mattarella al Quirinale almeno da due mesi ed era sembrato inopportuno ai più, soprattutto ai suoi compagni di partito.

I dem predicavano l’accordo con gli altri leader, con l’alleato di coalizione Giuseppe Conte e quello di governo Matteo Salvini. Oggi Ceccanti è decisamente felice, se non euforico: «Abbiamo sfondato. Abbiamo sfondato: la richiesta del bis a Mattarella è nata dal basso, dai parlamentari, dai grandi elettori che hanno cominciato a far crescere la sua candidatura, facendola emergere rispetto a tutti i giochi dei leader e al continuo falò di candidati».

Ieri è stato il passaggio chiave, perché qualcuno a destra ha cominciato a votare Sergio Mattarella. «Sì ieri è stata la giornata dell’orgoglio parlamentare ed è cominciata con lo scrutinio dove hanno votato solo gli elettori del centrodestra più qualcuno del misto. Durante il tentativo Casellati ben 46 elettori hanno votato Mattarella, di cui, a mio parere, almeno 35 del centrodestra. Alla sera i 336 hanno dilagato. Il punto è che il parlamento e i delegati regionali hanno offerto una delle possibili via razionali di uscita, forse la più praticabile, dal momento che sono destinate all’insuccesso tutte le candidature che distruggono la maggioranza e che conducono ad elezioni».

Chiedo a Ceccanti se non pensi che così mettono in imbarazzo lo stesso presidente uscente. «Adesso i leader si stanno rendendo conto che è la soluzione giusta. Ma questo bis è nato dalla spontaneità del voto parlamentare, dalla libertà di deputati e senatori, dal basso. È nato esattamente come la richiesta del bis della platea della Scala di Milano la sera dell’8 dicembre. Ma io vi chiedo: quale italiano non condivide, non sente come giusta, questa scelta?».

Facciamo a Ceccanti l’obiezione naturale, anche questa sorge spontanea, con 60 milioni di italiani, con un bel po’ di cittadini over 50, non si poteva trovare un’altra soluzione? «Devo dire una cosa a voi di Domani quotidiano che ospitate opinioni molto autorevoli. C’erano solo tre candidati veri in questa elezione del nuovo presidente: Sergio Mattarella, Mario Draghi e Giuliano Amato. Non c’erano davvero tutti questi nomi, che infatti via via sono caduti… Draghi e Amato, per ragioni diverse, non sono stati accettati dai partiti e dai leader. Era chiaro da tempo, da ben prima dell’inizio delle votazioni che l’unico vero candidato restava il presidente uscente».

Matteo Renzi, che conosce Ceccanti molto bene, a questo punto se la prenderebbe. Italia viva ha lanciato Pier Ferdinando Casini. «Pier Ferdinando Casini poteva passare se appoggiato da tutti, non in una fase di forte rivalità dei partiti e all’interno dei partiti. Stamattina ho visto la sua presa di posizione molto seria. Realistica. Un’altra classe rispetto ad altri candidati bruciati dalla vanità e dalla insensatezza del tritacarne di questi giorni».

A proposito che cosa è accaduto nel Partito democratico? «Sono stati giorni difficili per tutti. Dopo la prima votazione, quando abbiamo cominciato a votare Sergio Mattarella, mi sono trovato addosso i controlli cronometrici: i capi dei gruppi non volevano che votassimo e conteggiavano il tempo sotto le cabine. Io ho dichiarato apertamente il mio voto. D’altra parte non capisco se c’è tanta simpatia per i franchi tiratori degli altri, è giusto rispettare i propri grandi elettori. Pensi che ieri sera all’ultima votazione, qualcuno pretendeva da me che i voti per Mattarella restassero sotto la soglia dei 200. Poi hanno capito che scherzavano col fuoco… La logica non può essere quella del controllo poliziesco».

Nel vuoto della politica si è infilata l’ostinazione dei peones, e ora  ci sarà un’altra anomalia costituzionale col secondo mandato. «Sono convinto che il presidente saprà mettere mano a questa faccenda, insieme al parlamento. D’altra parte si apre una fase, quella finale della legislatura, che impone una nuova serie di regole sull’impianto istituzionale, a cominciare dalla nuova legge elettorale. L’unica cosa chiara è che non c’è tempo e modo per elezioni anticipate, soprattutto con Mattarella al Quirinale».

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