Raffaele Fitto, parlamentare europeo di Fratelli d'Italia, vorrebbe tornare presidente della regione Puglia, come vent’anni fa.  Se vincesse, si troverebbe però in una situazione di conflitto di interessi: proprio la regione Puglia, infatti, ha fatto causa a Fitto e gli chiede 21 milioni di euro di risarcimento danni per alcune decisioni assunte durante il suo precedente mandato, tra 2000 e 2005. Decisioni che, secondo l’avvocatura regionale, avrebbero danneggiato l’ente sprecando i soldi dei contribuenti pugliesi.  

Fitto torna a casa 

Nel 2000, quando Fitto ha vinto per la prima volta, a Palazzo Chigi come presidente del Consiglio, c’era ancora Massimo D’Alema, che allora si è dimesso proprio per la sconfitta alle regionali. All’epoca Fitto era un trentenne, il presidente più giovane di sempre. Dopo quell’esperienza è diventato prima deputato e poi ministro. Oggi è parlamentare europeo, iscritto a Fratelli d’Italia dopo un passato da fedelissimo di Silvio Berlusconi. Nel partito di Giorgia Meloni ha conquistato un posto di rilievo. In Europa, Fitto è stato il regista dell’ingresso del partito nel movimento dei conservatori europei. Ora tenta il ritorno a casa.  

Nel 2006, appena chiusa la sua avventura da presidente, Fitto ha affrontato un’ inchiesta giudiziaria nella quale gli veniva contestato il reato di corruzione. Il suo movimento politico, La Puglia prima di tutto, aveva ricevuto 500mila euro (200 mila attraverso l’Udc) da una società della famiglia Angelucci, imprenditori della sanità privata, in cambio, secondo l’accusa, della gestione di alcune rsa. Il processo penale, nel 2017, si è concluso con la totale assoluzione sia di Fitto sia di Giampaolo Angelucci, «perché il fatto non sussiste». Esito che è stato commentato con soddisfazione dai legali di Fitto, che hanno ricordato come la vicenda giudiziaria iniziata con accuse di tutti i tipi si sia conclusa con «un pluff». Il pluff, però, non ha chiuso il caso almeno in sede civile. 

Dall’inchiesta principale si erano aperti altri filoni giudiziari e da qui derivano i problemi che oggi il candidato presidente deve ancora risolvere. 

Fitto contro Fitto 

Il primo filone giudiziario riguarda proprio i 500mila euro. Fitto è stato indagato anche per finanziamento illecito, il processo si è chiuso con la prescrizione del reato , ma resta in piedi il procedimento civile. 

Il Tribunale di Bari, sezione civile, deve decidere se c’è stato danno morale e quantificarlo in base al pronunciamento della Cassazione che, per quanto riguarda i 200mila euro di finanziamento, ha stabilito il «diritto della Regione Puglia al risarcimento del danno» e che Fitto «era pienamente consapevole di ricevere un’erogazione per un importo pari a 200mila euro per interposta persona (tramite Udc, ndr)». In questo procedimento l’avvocatura, con atto depositato nel febbraio 2020 su mandato firmato da Michele Emiliano, chiede i danni anche all’imprenditore Giampaolo Angelucci. «Quei finanziamenti erano stati regolarmente registrati nei bilanci e depositati presso la Camera dei deputati» dice Angelucci. 

In un altro filone Fitto era indagato per peculato, poi derubricato ad abuso d’ufficio, per aver utilizzato 189mila euro del fondo del presidente verso finalità non tutte, secondo le contestazioni, rispondenti alla realizzazione di interessi pubblici. Il reato si è prescritto. 

Anche in questa vicenda resta in piedi il contenzioso in sede civile che potrebbe, in caso di vittoria dell’ex ministro berlusconiano, allargare il conflitto tra Fitto presidente e Fitto debitore della regione. La Corte di cassazione lo scorso anno, ha infatti confermato la prescrizione del reato, respinto i ricorsi di difesa e accusa, ma ha accolto quello della regione «con rinvio al giudice civile». 

La Corte di appello di Bari, ora, deve stabilire se Fitto deve risarcire la regione e il rimborso che Fitto dovrà versare nelle casse dell’ente. Gli avvocati della regione Puglia hanno chiesto 189mila euro più gli interessi. 

Complessivamente, i procedimenti civili contro Fitto sono quattro, uno dinanzi al tribunale di primo grado e tre davanti alla Corte di appello di Bari. L’avvocatura della regione chiede a Fitto in totale circa 21 milioni di euro. Si arriva a questa cifra perché, tra i quattro, un procedimento in particolare è quello più gravoso. Questo contenzioso civile discende da una vicenda relativa alla gestione delle Rsa, precisamente cinque residenze extraospedaliere pubbliche. Il processo penale risale a una delibera della giunta regionale del 2004 che ne affidava la gestione ai privati. Fitto avrebbe indotto in errore la giunta evidenziando l’esistenza di un requisito, relativo alla carenza di personale, che rendeva inevitabile la gestione privata delle Rsa a valle di una gara. Questo requisito in realtà non ci sarebbe stato visto che le residenze in questione, cinque, avevano chiarito l’assenza di difficoltà e la possibilità di gestione pubblica e diretta. Quella delibera rendeva legittimo l’affidamento delle Rsa, tramite gara, a privati. A Fitto viene contestato il falso ideologico.  

L’altalena giudiziaria si chiude con la prescrizione del reato. La Corte di cassazione chiarisce che non ci sono gli elementi per emettere una sentenza di proscioglimento e annulla la sentenza «limitatamente alla condanna agli effetti civili con rinvio per nuovo giudizio alla corte civile di appello». Tradotto: la Corte di appello civile deve decidere sulla richiesta dei 21 milioni di euro presentata dall’avvocatura. Le quattro cause sono state rinviate a dopo le elezioni. Fitto ha sempre rivendicato la regolarità della sua condotta. Il suo avvocato Francesco Paolo Sisto, deputato di Forza Italia, raggiunto al telefono, non ha voluto commentare in alcun modo e fornire alcun chiarimento. Neanche Fitto, attraverso la sua portavoce, ha voluto precisare la sua posizione. In caso di vittoria elettorale, però, si troverebbe in una situazione paradossale con Fitto presidente della regione Puglia che chiede al Fitto ex presidente 21 milioni di euro di danni.  

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