Virginia Raggi resta la candidata più forte per il Campidoglio. È l’indicazione di un nuovo sondaggio effettuato fra il 2 e il 3 marzo fra gli elettori romani. Di questo successo, per ora potenziale, si capisce bene il motivo: la sindaca conduce la sua campagna ogni giorno dalla plancia di comando della città, un luogo di massima esposizione e da cui far pesare tutte le promesse per il futuro della capitale. In più lei e l’ex ministro Carlo Calenda sono, fin qui, gli unici candidati ufficiali. E con ogni probabilità lo saranno ancora per mesi: lo slittamento delle amministrative sembra ormai cosa fatta, in attesa solo di una formalizzazione. Lo proporrà al governo la ministra dell’interno Luciana Lamorgese, sentite le forze politiche, che sulla decisione sono abbastanza pacifiche. Anche perché offrirà la possibilirà di non disturbare l’avvio del governo Draghi con i riflessi dei conflitti fra le forze avversarie nelle amministrazioni che in parlamento siedono nella stessa maggioranza. 

È questa la ragione per la quale il Pd mantiene ingranata la marcia lenta sulla scelta del candidato. Una scelta fin qui tormentatissima. Arrivata a un passo dal cadere sull’ex ministro Roberto Gualtieri. Lui aveva fatto sapere di essere disponibile, anche se in attesa di una chiamata. Una chiamata che non c’è ancora stata. Lo ha ammesso senza giri di parole ieri il segretario Nicola Zingaretti ai cronisti che gli chiedevano se aveva parlato con l’ex ministro dell’Economia sul tema della Capitale: «Non ho avuto modo di parlare con Gualtieri su questi temi», è stata la risposta. Lo slittamento del voto rinvierà la questione a più avanti.

Stop al secondo turno

Il sondaggio condotto dall’istituto Izi colloca Raggi (M5s) al 24,5 per cento, fra i candidati; subito dietro di lei, Gualtieri (Pd, centro-sinistra) al 15,9, Andrea Abodi (centro-destra, candidato non ancora ufficializzato) al 15,5; Carlo Calenda (Azione, centrosinistra) al 15,2 e infine Vittorio Sgarbi al 7,3 per cento, con la sua lista Rinascimento si porterebbe via una bella fetta di elettorato di centrodestra. Ma le risposte più interessanti sono quelle che riguardano le sfide dei ballottaggi. Fra Raggi e Gualtieri vincerebbe il secondo (30 a 35 per cento, con oltre il 34 per cento di astenuti); anche in una sfida con Calenda vincerebbe Gualtieri (28 contro 30, con una monumentale fetta di astenuti, più del 40 per cento); Gualtieri vince su Abodi (40,4 a 28,9). Raggi perderebbe anche con Calenda (31 per cento a 38); la sindaca vincerebbe solamente nella sfida con Abodi (34 a 30), che a sua volta perderebbe con Carlo Calenda (27 a 39,3). Queste cifre, come sempre nel caso dei sondaggi, debbono essere prese cum grano salis. Pesano, per esempio, un Pd forte nella capitale, ma un centrosinistra che rischia molto dalla divisione fra un candidato “ufficiale” e l’outsider Calenda. Il quale Calenda a sua volta, in caso di ballottaggio, si dimostra in grado di intercettare almeno una parte del voto delle destre. Che stavolta invece volterebbe le spalle a Virginia Raggi, a differenza di quello che è successo nel 2016 quando si è trovata a battere anche grazie ai voti della destra lo sfidante democratico Roberto Giachetti. La coalizione di destra, infine, nel sondaggio è rappresentata dall’imprenditore Abodi, che in realtà non è ancora un candidato ufficiale (ma ieri Guido Bertolaso sembra aver detto il suo no definitivo alla corsa romana) e non è neanche molto conosciuto in città. E nonostante questo i suoi piazzamenti sono ottimi, tanto più se sommati a quelli di Sgarbi.

Con il M5s in regione

Resta sullo sfondo una possibile candidatura di Nicola Zingaretti. Sempre smentita, ma comunque sempre fantasticata da un pezzo del Pd. Soprattutto ora che il presidente ha “messo in sicurezza” la regione, anche in prospettiva, chiudendo un accordo con i Cinque stelle. Accordo politicamente molto affilato: nella giunta del Lazio entreranno due grilline. Due donne, di due anime diverse e persino opposte dentro il movimento: Roberta Lombardi, da sempre propensa alle convergenze con il Pd, e Valentina Corrado, storica “avversaria” del centrosinistra. Ieri la direzione Pd ha dato il via libera all’operazione. Ora si attende l’approvazione della piattaforma Rousseau. Oltre a garantire stabilità della giunta, l’accordo potrebbe essere la premessa per una coalizione alle prossime regionali. Sarebbe l’unica possibilità di battere le destre. Il matrimonio politico risponde a «un modello nazionale», spiega il segretario regionale Pd Bruno Astorre, ma non avrebbe alcun riflesso sul Campidoglio: «A Roma con la Raggi in campo non c’è nessuna possibilità di intesa».

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