Il piano industriale è stato approvato lo scorso giovedì 18 gennaio dalla maggioranza del consiglio d’amministrazione Rai. Unico voto contrario, quello della consigliera d’area Pd Francesca Bria. Anche il consigliere in quota dipendenti Davide Di Pietro – subentrato dopo la sua morte prematura a Riccardo Laganà, che, sostenuto dall’associazione Rai bene comune-IndigneRai e dal sindacato Snater ha conquistato un posto in cda per due mandati di fila – ha deciso di appoggiare il documento elaborato dai vertici: «Ho trovato una disponibilità di ascolto che prima non c’era» dice. 

Come mai ha deciso di votare a favore del piano industriale elaborato dai vertici scelti da palazzo Chigi? 

Arrivando in corsa (dopo la morte improvvisa del consigliere Riccardo Laganà lo scorso agosto, ndr) il mio approccio non è stato ideologico, ma tecnico. Diciamo che ho la mia conoscenza approfondita della Rai: mi sono concentrato sui temi che ritengo necessari per far sì che l'azienda possa diminuire gli sprechi.

In quali passaggi del testo ha ritrovato quest’obiettivo?

Sono stati recepiti dai dirigenti alcuni ragionamenti che abbiamo portato avanti per tanto tempo insieme a Riccardo (Laganà, ndr). Ad esempio la proposta che concerne la reinternalizzazione di ruoli che adesso sono affidati all'esterno dell’azienda, come la regia: verrà realizzato un polo registico interno e i colleghi recupereranno una parte di lavoro molto pregiato che permetterà loro di avere un ruolo primario e non più marginale. C'è poi il mantenimento del perimetro occupazionale: ci saranno assunzioni che non solo andranno a integrare il turnover ma riguarderanno anche ruoli più prettamente digitali necessari per la trasformazione dell'azienda in digital media company.

I vertici hanno accolto qualche altra vostra proposta?

Per quanto riguarda gli sprechi è stato recepito un mio suggerimento in tema di taglio del ricorso a società esterne: prevediamo la creazione di un gruppo creativo per la produzione interna di format che realizzi idee che i vertici possono vagliare prima di rivolgersi a realtà esterne all’azienda. Poi ovviamente per i format più specifici rimarrà la possibilità di ricorrere alla gara d’appalto, ma auspico una moral suasion sugli sprechi.

La situazione dei conti è molto grave.

In un momento in cui dobbiamo tutti fare sacrifici per la trasformazione digitale dobbiamo dare un segnale che la cinghia la tirano anche le società che in Rai guadagnano parecchio. Anche il fatto di aver interrotto la traiettoria che avrebbe portato il debito a sorpassare un miliardo di euro nei prossimi anni è importante. Altrimenti magari non saremmo più riusciti a risanare l’azienda senza interventi sull’occupazione. 

Il suo voto ha avuto pesanti conseguenze politiche, c’è chi la vede troppo schiacciato sulla linea della maggioranza. 

Il rappresentante dei lavoratori non deve avere un approccio ideologico ma proporre miglioramenti tecnici che facciano funzionare meglio l’azienda. Credo quindi non si debba valutare se la maggioranza è di destra o di sinistra, ma in che modo con un solo voto si possano portare a casa conquiste a favore dei lavoratori. 

Non la preoccupa la vaghezza che è stata segnalata su alcuni passaggi del documento, in particolare la transizione digitale di cui si parla già da tempo immemore senza metterla mai veramente a terra? 

In passato c’è stata una trasposizione delle richieste tecniche dei direttori un po’ “elaborata”. Secondo me da quel punto di vista questa volta è stato fatto un buon lavoro, a prescindere da che maggioranza lo abbia firmato. Io non sono né di destra né di sinistra. Poi bisognerà vedere come sarà messo in pratica dopo giugno, quando questo cda scadrà. 

Ma, a prescindere dal colore dei vertici, gli ascolti in calo prodotti da questi vertici non danneggiano gli interessi dei dipendenti che dice di voler difendere? 

Io ho votato il piano industriale, non posso parlare per le decisioni che sono state prese prima del mio arrivo. Certo, l'idea di produrre internamente i contenuti può essere una garanzia che le trasmissioni in futuro vengano realizzate non per il conduttore ma per il contenuto. Anche intervenire per tempo su un programma che non sta funzionando sarebbe più facile rispetto a quanto non lo sia stato in questa stagione. 

Ha intenzione di ripresentarsi anche a giugno, quando il suo mandato scadrà insieme a quello del resto del cda?

Sicuramente mi ricandiderò. Se non dovessi essere eletto tornerò tranquillamente a fare quello che facevo prima. Penso di aver fatto finora scelte giuste nell’interesse dei lavoratori. 

C’è chi azzarda un abboccamento tra lei e la maggioranza, sia in termini di dialogo con i vertici, sia in termini di rapporti con il sindacato “di destra” dei giornalisti, Unirai. Già forte dei voti di Rai Bene comune-IndigneRai e Snater, se avesse alle spalle anche quelli di Unirai la sua rielezione sarebbe blindata. 

No, Unirai è federata con la Cisal, che con lo Snater non ha niente a che vedere. Credo invece che in questi mesi avessi l’obbligo di finalizzare alcuni ragionamenti cominciati da Riccardo, che però in passato l’azienda si era rifiutata di portare avanti. Questa volta ho visto da parte dell’ad Roberto Sergio la disponibilità a inserire le mie proposte nel testo perché le condivideva davvero, in particolare quella sulla produzione interna dei contenuti. 

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