«Sono molto dispiaciuto che non siano arrivate proposte per procedere con le nomine alle direzioni attualmente in interim, cosa che io e la consigliera Simona Agnes richiediamo da tempo. Riteniamo che stabilizzare queste direzioni sarebbe stato un primo passo per garantire un'operatività serena all'azienda. Spero che da parte dell'Ad non vi siano ulteriori tentennamenti». Antonio Marano, consigliere d’amministrazione in area Lega e presidente pro tempore della Rai, e Simona Agnes, sua collega gradita a Forza Italia, non vanno per il sottile commentando la decisione dell’amministratore delegato di viale Mazzini Giampaolo Rossi di non procedere nel cda in programma per giovedì 6 marzo alle nomine. 

Le questioni in ballo

La ragione dello stallo è politica, ma le direzioni sono scoperte ormai da parecchi mesi. Sono in ballo le quattro direzioni di testata attualmente in regime di interim, Tgr, Tg3, Rainews – dove giusto martedì è stato sfiduciato dalla redazione il direttore scaduto e in regime di prorogatio Paolo Petrecca – e Raisport.

Ma volendo, si potrebbe ampliare il discorso anche ad altre realtà, come Rai Italia e il giornale radio: l’ex direttore della prima è ormai in pensione, mentre Francesco Pionati è in scadenza tra pochi mesi e la sua uscita si potrebbe anticipare con una ricollocazione alla presidenza di Rai Pubblicità. Rossi, inoltre, vorrebbe vedere confermato come coordinatore dei generi Stefano Coletta, attualmente ai palinsesti. Tutte questioni su cui però i tre leader dei partiti di maggioranza – che, si vocifera, potrebbero aver toccato il dossier nel mezzo della conversazione ben più seria sul prossimo consiglio europeo che hanno avuto a palazzo Chigi – non trovano l’accordo.

Per FdI la Lega, che vuole mantenere il controllo di generi e testate che già gestisce e anche tentare di allargarsi, è sovradimensionata. Lo scontro principale è quello, e i due partiti sembrano avere visioni contrastanti su quasi tutti gli aspetti di questa trattativa: mentre FdI vorrebbe ampliare il pacchetto di nomine anche ad altri incarichi, la Lega mira in primis a sistemare i quattro interim – in particolare la Tgr, che però interessa molto anche ai meloniani – e a sfatare la nomina di Coletta, considerato troppo di sinistra. 

I prossimi sviluppi

Il cda del 6 marzo doveva tenersi originariamente il 27 febbraio, ma lo slittamento avrebbe dovuto permettere di sbloccare lo stallo politico. Alla fine, la svolta però non è arrivata e, nonostante movimenti andati avanti fino all’ultimo, Rossi si presenterà in cda senza i curriculum dei prossimi direttori. L’attacco pubblico della Lega alza la temperatura dello scontro dopo che il presidente pro tempore aveva chiesto già nei giorni scorsi a Rossi di esplicitare nell’ordine del giorno le nomine che avrebbe voluto fare nella riunione di giovedì, elemento non richiesto dalle norme che regolano le prerogative dell’ad. Insomma, oltre al danno la beffa per FdI: non solo la Lega punta i piedi nelle trattative, ma scarica anche pubblicamente le responsabilità su un ad vicino ai meloniani.

Polemico anche Roberto Natale, eletto in area Avs-M5s: «Così si consegna colpevolmente alla totalità dei dipendenti e all'opinione pubblica l'immagine di una Rai talmente schiava delle note “compatibilità politiche” da rinviare ogni decisione» dice il consigliere. Resta da vedere se l’ad – nei primi mesi secondo i suoi detrattori eccessivamente attendista, secondo le voci della maggioranza vittima di una tensione politica interna alla coalizione di governo – sceglierà di prendere prossimamente iniziativa. Chi conosce bene la trattativa politica che corre in parallelo alla decisione di rinviare ancora la decisione sottolinea come sulle mosse di Rossi pesi il vincolo politico interno alla maggioranza. Tradotto: finché non si consumerà anche a livello politico una rottura tra FdI e la Lega, Rossi dovrà continuare a subire le angherie di opposizione e, soprattutto, della Lega. 

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