Mercoledì il tavolo per discutere la stabilizzazione di una cinquantina di giornalisti, attualmente impiegati dai programmi di day time e approfondimenti, alla Tgr. Una soluzione che risolve solo in parte il problema dei precari e che rischia di aprire una nuova faglia tra Lega e FdI
Una manovra di stabilizzazione che però rischia di aprire nuovi patemi d’animo nei fragili equilibri di maggioranza in Rai, nello specifico quelli tra Lega e Fratelli d’Italia, già provati dalla mancanza di feeling, per dirla con un eufemismo, tra l’ad Giampaolo Rossi e il consigliere anziano e presidente (ancora) pro tempore Antonio Marano, considerato in area Lega. Al centro della questione, una cinquantina di giornalisti già attivi nell’universo Rai da stabilizzare attraverso l’assunzione: non dove sono impiegati e lavorano da anni, ma nelle 24 sedi della Tgr.
La testata regionale è infatti in stato di grave sofferenza: molti colleghi cercano di tornare, dopo qualche anno in provincia, nelle sedi principali del servizio pubblico, lasciando sotto organico le realtà sul territorio. La situazione più complicata è quella di Milano, dove attualmente mancano all’appello ben dodici giornalisti.
Parallelamente, l’azienda ha continuato a trattare con i sindacati anche su un’altra annosa questione, quella della cosiddetta fase due, cioè di quei giornalisti che lavorano in Rai (soprattutto nei programmi, più che nelle testate dei tg) con partita Iva o assunti ma che lavorano con contratti diversi da quello giornalistico. Il gruppo ha preso questo nome perché una prima “fase” di giornalisti in condizioni simili è già stabilizzata qualche anno fa.
Non avendo attualmente lo spazio di manovra per indire un concorso per assumere giornalisti da mandare nelle sedi locali – «ci vorrebbero sei-otto mesi solo per organizzarlo, non risolverebbe i nostri problemi», raccontano dall’azienda – Rossi ha pensato di far di necessità virtù e offrire a questi precari una soluzione che affrontasse anche il problema della testata regionale: assunzione in cambio di trasferimento dove serve. La proposta, che sarà discussa mercoledì con i sindacati, prevede che i candidati che parteciperanno alla selezione dovranno superare una prova e saranno poi assegnati, probabilmente senza possibilità di esprimere una preferenza, a una sede Tgr, dove potrebbero dover restare per un periodo minimo.
Niente di nuovo, in realtà, visto che si tratta di una strategia già impiegata in altri frangenti e che Giorgia Meloni e la Rai che ha svoltato a destra sembrano aver adottato senza troppi problemi.
La manovra
La soluzione non è definitiva, visto che riguarderà solo una parte delle centinaia di giornalisti che operano come liberi professionisti, pur svolgendo spesso mansioni non molto diverse dai colleghi assunti. Ma risolve un problema alle redazioni sul territorio e al direttore della Tgr Roberto Pacchetti: la testata regionale è da sempre un feudo della Lega, un gioiello di famiglia tanto che il partito di Matteo Salvini, nell’ultima tornata di nomine è stata disposta a sacrificare il Gr Radio per tenere lontano FdI, che pure ci aveva fatto un pensierino. Meno contenti di Pacchetti e Marano saranno però verosimilmente conduttori e direttori dei programmi a cui quelle professionalità verranno a mancare. A lavorare con questo tipo di inquadramento sono soprattutto giornalisti in forze al day time e agli approfondimenti, direzioni attualmente in mano a due colonnelli meloniani come Angelo Mellone e Paolo Corsini.
Il fenomeno riguarda un certo numero di programmi – tra gli altri Porta a porta, Report e la Vita in diretta – dove i giornalisti “fase 2”, quindi potenziali candidati al trasferimento, arrivano a essere anche la metà della redazione. Sostituirli da un giorno all’altro può diventare difficile, e appare improbabile che conduttori di peso come Bruno Vespa (che sta rinegoziando il suo contratto in scadenza) possano restare a guardare senza battere ciglio. Sigfrido Ranucci è già intervenuto sul tema con un post social, in cui parla di «caratteristiche che nel complesso rendono quelle professionalità uniche e difficilmente sostituibili in poco tempo. Inoltre uno svuotamento delle redazioni del giornalismo d'inchiesta andrebbe contro a quanto scritto nel Contratto di Servizio firmato dalla Rai».
Possibile che vengano tirati in ballo anche i direttori responsabili, che già spesso e volentieri – soprattutto nel caso degli Approfondimenti – hanno grattacapi da risolvere. Lo spostamento della forza lavoro verso il feudo della Lega non sarà indolore per i dirigenti di fede meloniana, «ma è la modalità che si usa da anni in azienda per stabilizzare le partite Iva» minimizzano dall’azienda. «Bisognerà razionalizzare il lavoro – spiegano da viale Mazzini – o addirittura, ironia della sorte, risolverla con altre partite Iva».
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