L’ufficio stampa dirama due note in cui replica alle valutazioni dei due organismi indipendenti, che ritiene colpevoli di essersi basati “solo” su opinioni dei dipendenti e su criteri non neutrali
Una replica durissima, anche se a una certa distanza temporale dalla pubblicazione dei report “incriminati”. La Rai ha preso infatti posizione dopo qualche tempo sui report del Centre for Media pluralism and media freedom e di Reporters sans frontières che avevano duramente criticato la gestione dell’azienda da parte della governance per quanto riguarda il posizionamento politico e la gestione delle opinioni diverse dalla linea politica del governo.
Riguardo al Media Pluralism Monitor, la Rai scrive che «ritiene opportuno intervenire su alcuni punti critici: l’espressione di giudizi che talvolta paiono basati su opinioni giornalistiche piuttosto che su dati di fatti e, ancor più rilevante, alcuni significativi limiti metodologici».
Peggio ancora Reporters sans frontières: «Si distingue per impostazione metodologica fragile, affermazioni non circostanziate e contenuti distorti. Il ricorso a fonti anonime e la totale mancanza di verifica e confronto con Rai compromettono la credibilità complessiva del rapporto».
Le repliche
Nel dettaglio, «Nel giornalismo d’inchiesta, cui Rsf dichiara di ispirarsi, l’anonimato delle fonti è ammissibile solo in presenza di un fondato rischio per l’incolumità della fonte stessa e sotto responsabilità diretta di una direzione editoriale» scrive l’azienda. «Le gravi accuse formulate dal report» si legge, sarebbero «prive di riscontri documentati e/o basate solo su articoli di stampa». Ci sarebbe dunque una «chiara volontà di costruire una narrazione a senso unico, priva di punti di vista altri o possibilità di smentita».
Si passano poi in rassegna i casi citati nei report, come quello che ha riguardato lo scrittore Antonio Scurati, la libertà editoriale di Report e le scelte editoriali. Su queste ultime in particolare «le affermazioni secondo cui la copertura di Rai risponderebbe a indirizzi politici risultano infondate e basate su retroscena giornalistici piuttosto che su dati di fatto», si legge.
Sulla stessa lunghezza d’onda le conclusioni: «L’Azienda si riconferma disponibile a un confronto con Rsf aperto e trasparente, fondato su dati verificabili, fonti qualificate e metodologie corrette. La libertà di stampa si difende anche con l’esercizio della critica responsabile e non ideologica».
Per quanto riguarda Mpm, la Rai scrive che il report «non fornisce dettagli né sulle evidenze empiriche né sui criteri adottati per selezionare gli esperti intervistati». Anzi, ci sarebbe un «eccesso di valutazioni di natura politica» e verrebbero utilizzate «formule assertive difficilmente verificabili (spesso basate su ricostruzioni e/o retroscena), che non lasciano alcuno spazio alla descrizione di dinamiche complesse nel tessuto aziendale». Per l’ufficio stampa, non ci sarebbe «distinzione tra le decisioni della politica in ordine alla governance Rai e l’insieme delle scelte strategiche e operative assunte dal top management aziendale, secondo un teorema non dimostrabile per cui esisterebbe una assoluta identità tra questi due piani».
Anche in questo caso arrivano repliche su Scurati e la vicenda di Ghali a Sanremo 2024, si interviene poi su alfabetizzazione mediatica ed eguaglianza di genere. Nelle conclusioni, l’azienda auspica un nuovo confronto con Mpm. Certo, «auspicando che future analisi possano basarsi su una valutazione completa, trasparente e fondata su dati oggettivi, nel pieno spirito di collaborazione istituzionale».
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