La presidente del Consiglio Giorgia Meloni per giustificare la sua norma anti rave ha spiegato di non voler attrarre tutti gli appassionati di techno in Italia perché non ci sono regole a porre limiti. «Noi ci aspettiamo, con la norma sui rave, di non essere diversi dalle altre nazioni d’Europa». In passato «l’impressione che lo stato italiano ha dato è di un lassismo sul tema del rispetto delle regole e della legalità». Ora «la volontà politica fa la differenza» e «il segnale è che non si può venire in Italia per delinquere» perché «ci sono delle norme che vengono applicate».

Ma è davvero così? Vanni Santoni, scrittore esperto di cultura rave interpellato da Rivista Studio sul tema, sostiene che della dimensione considerata dalla nuova legge, cioè da 50 persone in su, «sono migliaia. Se si parla di “veri” free party, diciamo da 500 persone in su, stimerei oggi in un centinaio l’anno o giù di lì. Quelli davvero grossi, sull’ordine delle migliaia di persone, non più di 3-4 l’anno». 

Per avere una prova tangibile, basta considerare che nell’anno e poco più del governo gialloverde, quando Matteo Salvini era ministro dell’Interno, ne sono stati contati 50 oltre la dimensione consentita dalla legge

Regno Unito

Quel che è certo, però, è che i rave non esistono soltanto in Italia, come farebbero pensare le parole di Meloni. Il problema di individuare un numero preciso, data la loro natura illegale, non esiste però soltanto in Italia.

A una richiesta di accesso agli atti, la Metropolitan police britannica risponde che «il numero di segnalazioni che abbiamo ricevuto non sarà totalmente sovrapponibile al numero di eventi che hanno effettivamente avuto luogo». Un’altra questione è la classificazione: per esempio, la Metropolitan police non considera “rave” gli eventi avvenuti all’aperto. In ogni caso, la risposta segnala 39 eventi e 15 interventi della polizia che hanno portato alla chiusura dell’evento nel 2019 e 24 eventi con 12 interventi fino a metà 2020. 

Francia

Anche in Francia è difficile trovare cifre ufficiali, ma per avere un’idea delle proporzioni delle feste che hanno continuato ad aver luogo anche durante il lockdown si può ripescare qualche articolo di cronaca. Ad agosto 2020 un evento organizzato in barba alle restrizioni contro il coronavirus nella zona di Lozère ha attratto 10mila persone.

A gennaio 2021 in Bretagna un rave ha raccolto 2.500 persone nonostante le regole anti Covid: alla fine è intervenuta la polizia per interrompere l’evento. Altre 1.500 a giugno 2021 si sono riunite nella Francia occidentale. Insomma, i raver francesi hanno tutt’altro che bisogno di venire in Italia per festeggiare. 

Germania

Stesso discorso in Germania, dove il sistema federale rende ulteriormente difficile la ricerca di dati puntuali. Anche in questo caso però conviene recuperare le notizie di cronaca. A giugno 2021 la polizia ha scoperto un centinaio di raver che festeggiavano sotto a un ponte autostradale, ma sono diverse le testimonianze di appassionati di techno che hanno ammeso di aver continuato a festeggiare a centinaia anche durante il lockdown.

È di gennaio 2022 la notizia di un rave illegale da 200 persone sgominato ad Amburgo, mentre dal 2018 la Sueddeutsche Zeitung ha dedicato un reportage alla cultura rave. A Lipsia, addirittura, la scorsa estate il comune ha dato il via libera all’organizzazione in alcune aree dedicate a qualsiasi tipo di festa non commerciale, in maniera di rendere un ricordo del passato i rave illegali. 

Spagna

Anche in Spagna non sono mancate le infrazioni delle norme anti Covid e nel 2021 sono state diverse le feste interrotte dall’intervento della polizia, come a luglio a Cadiz. Più tragiche le conseguenze di un rave illegale di quest’estate a Zamora, dove una turista svizzera ha perso la vita.  

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