È tornato a fare politica dopo sette anni, ma è rimasto come l’abbiamo lasciato, «timido» dice lui, schivo pensiamo noi, ma forse ha ragione lui: difficile farlo parlare, difficile poi farlo fermare. «Quest’intervista è una sorpresa anche per me, sono in imbarazzo dopo tanti anni». Imprenditore, editore, anche dell’Unità, inventore di Tiscali, presidente di Regione dal 2004 al 2009,  si dimise per non far passare una legge per lui indigeribile. Una prova di forza, persa: mancò la rielezione. La sua sconfitta fu un duro colpo anche per il Pd segretario Walter Veltroni. Ora è in giro per l’isola con una serie di incontri dal titolo inequivocabile: «La Sardegna di oggi e del futuro». Il futuro è, a occhio, quello che si deciderà con le elezioni regionali del 2024.

Ha intenzione di candidarsi a presidente della Sardegna?

Sì. Ho ripreso a far politica in un momento in cui la politica sarda è confusa e preoccupante. Penso di poter dare una buona mano. Ho chiare le difficoltà del momento attuale, ma anche le opportunità che questo momento storico offre a un progetto di trasformazione della Sardegna.

Il suo progetto ha dei pilastri?

Sono i pilastri delle politiche europee, coerenti con la straordinaria quantità di risorse dei prossimi anni: le politiche di difesa del pianeta, nelle tante declinazioni della salvaguardia del creato, l’Europa lo chiama il Green deal. Per ridurre le emissioni, la tecnologia ci mette a disposizione il vento, il sole, le risorse idriche. In Sardegna si aprono scenari nuovi, l’indipendenza energetica, azzerare le bollette pubbliche e delle famiglie, rendere competitive le imprese. Dobbiamo avere uno sguardo radicalmente nuovo come il tempo di oggi ci chiede. Perseverare nello sviluppo di filiere di innovazione. Investire con lungimiranza nell’istruzione. Guardare all’industria turistica, non come sfruttamento a volte irragionevole delle bellissime coste, ma riscoprendo a mani piene la meraviglia dell’ambiente. In questi anni siamo tornati nell’Obiettivo 1, cioè tra le regioni  europee più povere e in ritardo. Dobbiamo vincere povertà che si tramanda da una generazione all’altra, con più istruzione e formazione. Per disegnare una Sardegna antica ma finalmente moderna, che dal lutto del nero passa ai colori. Non sono parole mie, sono di Giovanni Lilliu.

La Regione ha smantellato i vincoli paesaggistici voluti da lei?

Il piano paesaggistico regionale ha avuto centinaia di ricorsi, persino alla Corte Costituzionale, e ne è uscito indenne anzi rafforzato. Le sentenze hanno stabilito che ci sono i legittimi interessi dell’impresa, ma dove ci sono altrettanto legittimi interessi pubblici, questi prevalgono. È il senso della Costituzione. Quindi il piano è ancora lì. È urgente una legge urbanistica adeguata. Io mi dimisi proprio perché con manovre di aula si stava cercando di approvarne una che avrebbe indebolito il Ppr. Poi non è stata mai fatta, e una decina di piani casa ha perpetuato l’idea dello sviluppo con gli incrementi di cubature. Ma la Consulta li ha bocciati. 

Chiede le primarie, ma la coalizione non le farà. Lei che farà?

Intanto la coalizione è divisa. Le primarie non le vogliono solo i M5s, anzi è la loro pregiudiziale per stare in coalizione. Io sono felice di una coalizione larga, ma nessuno ha il diritto di prevaricare gli altri. Ho chiara lero importanza nazionale, ma qui oggi la loro forza non è quella dei loro dati nazionali. 

Ma dal Pd nazionale l’indicazione è la grillina Alessandra Todde.

No, ho verificato di persona. Certo il Pd si augura una coalizione larga e coesa, ma le primarie per noi sono fondanti, e il Pd non dimentica che la segretaria Schlein le ha vinte grazie a un elettorato più ampio dei tesserati. Dobbiamo allargarci, ma in spirito di ragionevolezza e rispetto. Chiedono le primarie tanti cittadini, al di là dei gruppi dirigenti ristretti.

Se non si faranno le primarie correrà lo stesso?

È un’ipotesi sciagurata, che rischia di portarci a perdere, e uno schiaffo agli elettori. Ostinatamente, non considero quest’ipotesi. Non può essere trattata così un’intera comunità. Abbiamo il diritto di autodeterminarci e di autodeterminare la scelta migliore per fare uscire la Sardegna dallo stallo cui l’ha portata la destra. Sarebbe un’offesa intollerabile. 

Cosa pensa di Schlein?

L’ho sostenuta, l’ho conosciuta ai tempi di Bruxelles, abbiamo condiviso molti temi della sua idea di Pd. Deve avere il tempo, le auguro successo, e augurandolo a lei lo auguro al centrosinistra e all’Italia.

Lega e Fdi sono divisi sul candidato. È un’opportunità per voi?

Abbiamo avuto cinque anni senza un progetto, senza un’identità, sardisti e leghisti forzatamente insieme, che hanno riportato indietro la Sardegna. Ogni parametro lo dice, ma basta vedere quanto accade nella vita di ogni giorno. Nella sanità vi sono liste d’attesa a volte incompatibili con la sopravvivenza stessa. Mercoledì per andare a Roma sono dovuto andare di corsa fino ad Alghero per prendere un aereo. Una società impoverita ma con le risorse europee del 2014-2020, due miliardi e mezzo, ancora in cassa. Non hanno saputo spenderli.

Massimo Zedda, ex sindaco di Cagliari, corre di nuovo per la sua città. Che ne pensa?

È stato un ottimo sindaco, è ancora stimato e benvoluto, dà la sua disponibilità. E come me chiede che a Cagliari si facciano le primarie. Sono con lui.

Le diranno: riecco Soru.

Sono il primo a dire che non sono una novità. Ho interrotto la mia stagione politica per un incidente giudiziario, poi sono stato assolto su richiesta della Procura. Per sette anni mi sono allontanato dalla politica. Sarei rimasto tranquillamente fuori. Ma credo di poter essere utile, ho un'idea chiara sul come utilizzare la quantità straordinaria di risorse disponibili. Il nostro progetto del 2004 era molto innovativo e, non voglio peccare di immodestia, è ancora attuale. Per uscire dalla trappola della povertà, restando vicinissimi e solidali alle sofferenze. Ho bene in mente come.

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