E così Matteo Renzi ha ritirato le “sue” ministre. Lo aveva annunciato da una settimana e ieri, alla conferenza stampa sulla crisi di governo, abbiamo assistito a una pièce teatrale con un attore protagonista e due comparse (Elena Bonetti e Teresa Bellanova). Il leader politico di Italia viva ha spiegato le motivazioni politiche della decisione e, successivamente, ha dato la parola ai giornalisti per rispondere alle domande.

La “cortesia istituzionale” avrebbe richiesto che dopo l’intervento iniziale di Renzi, le ministre dimissionarie ci potessero spiegare le ragioni individuali e politiche di una scelta di questo tipo. E invece no. Sono rimaste rigorosamente in silenzio per ben 42 minuti. #TuttacolpadiRenzi? A dir l’onor del vero, Matteo Renzi ha sempre dato visibilità e ruoli istituzionali alle donne, anche non appartenenti al “giglio magico” o alla “prima ora dei renziani”.
Nel 2014 Renzi ha costituito, orgogliosamente, il primo governo italiano con la parità di genere (8 uomini e 8 donne), anche con ministeri ritenuti “importanti”, come quello della Difesa con a capo l’attuale senatrice Roberta Pinotti, e degli Esteri con Federica Mogherini, poi sostenuta alla carica di Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Insomma, i precedenti non consentono di definire certamente Matteo Renzi il solito maschilista della politica italiana.

E infatti anche Renzi, e non solamente noi ascoltatori, si è accorto che era l’unico attore in scena. Così ha chiesto espressamente ai giornalisti di rivolgere domande anche alle ex ministre. Niente da fare. I giornalisti (uomini e donne) hanno scelto un unico interlocutore. D’altronde viviamo in tempi di personalizzazione della politica! A quel punto Renzi ha deciso di far rispondere le ministre e il sottosegretario, Ivan Scalfarotto, seduto in prima fila per ragioni di normativa anti Covid-19.

Inoltre, a chiusura della conferenza, ha ricordato ai giornalisti che hanno troppo spesso «preso in giro le donne di Iv», citando l’esempio di come la Bellanova sia stata oggetto di scherno per come si vestiva. La situazione si è, insomma, ribaltata. I giornalisti sono “colpevoli” di non aver dimostrato rispetto nei confronti delle ministre e alcuni media interrompono la trasmissione della conferenza proprio nel momento in cui parlano due donne.

Molto si è scritto sul ruolo della donna in politica e le difficoltà di rompere il “soffitto di cristallo” che, sinora, ha impedito a molte donne di avanzare nella carriera personale. Nei partiti italiani abbiamo assistito troppo spesso a “yes women” che ricoprono incarichi a vari livelli perché afferenti a una specifica corrente (che cambiano anche nel tempo) e sono troppo remissive verso i capi delle fazioni.

Quei 42 minuti di silenzio delle ministre sono stati imbarazzanti. Renzi poteva dare loro la parola molto prima, ma è anche vero che loro non l’hanno chiesta. «Sono libere e coraggiose», ha detto l’ex premier. Ma sono rimaste in ossequioso silenzio. Proprio perché sono libere avrebbero dovuto dare un segnale forte a tutte le donne e una lezione ai giornalisti presenti in sala: prendetevi il vostro spazio, non aspettate che altri vi concedano di parlare, reagite sicure delle vostre convinzioni e in piena autonomia di pensiero. Non ci si può lamentare del ruolo che la società attribuisce, soprattutto in Italia, alle donne se anche chi ha una posizione di rilievo e visibilità non si ribella contro questi comportamenti. Non è stato così. Abbiamo assistito, per l’ennesima volta, ad una scena in cui le comparse hanno seguito il solito copione.

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