Matteo Renzi ha scritto un nuovo libro, per Piemme, intitolato Il mostro – Inchieste, scandali e dossier: come provano a distruggerti l’immagine. È incentrato sulle sue vicende giudiziarie, con pesanti critiche ai magistrati che le hanno condotte. Ne pubblichiamo qui un estratto. 


Abbiamo assistito al pagamento di centinaia di milioni di euro in provvigioni per le mascherine, con personaggi improvvisati diventati tutto d’un colpo molto ricchi nel momento di maggiore dolore della comunità nazionale. Abbiamo assistito ad acquisti di materiale non utile come i banchi a rotelle di Azzolina e Arcuri o i ventilatori cinesi malfunzionanti, ma garantiti da Massimo D’Alema.

Abbiamo appurato come strani incontri si tenessero nello studio che era stato del presidente del Consiglio Conte, con l’avvocato amico e collaboratore dell’avvocato Conte, nel palazzo del mentore del professor Conte, dove alcuni legali pretendevano una percentuale sull’eventuale acquisto di mascherine operato dal commissario straordinario nominato da Giuseppe Conte, incontri ai quali ha partecipato un alto dirigente dei Servizi segreti che allora erano sotto la diretta responsabilità di chi? Ma di Conte naturalmente.

E nei primi mesi del 2021, quando i media annunciano l’avvio di un’indagine e Figliuolo prende il posto di Arcuri, l’avvocato amico di Conte – mi riferisco all’avvocato Luca Di Donna – viene ripreso e fotograficamente immortalato, ma non fermato, dagli inquirenti mentre è alle prese con un febbrile lavoro di viaggi avanti e indietro verso i cassonetti della nettezza urbana. Stava forse distruggendo prove? Magari erano solo le pulizie di primavera.

Ma, al di là di questi particolari, perché i Cinque Stelle non hanno mai voluto accettare la proposta di una commissione di inchiesta sugli acquisti Covid che noi abbiamo lanciato in tutte le sedi e che evidentemente qualcuno non ha interesse a realizzare? Eppure noi l’abbiamo chiesta ovunque, non solo negli atti parlamentari, ma anche nelle trasmissioni televisive.

La missione russa

Ancora ad aprile 2022, partecipando a Porta a Porta ho rilanciato questa esigenza di un focus parlamentare sulla vicenda Covid. Si fanno commissioni di inchiesta su fatti anche minimi, non certo di primaria importanza: perché negare la commissione di inchiesta proprio su questo?

Del resto potrebbe essere una ghiotta occasione anche per capire meglio la strana storia dell’accordo tra Conte e Putin che ha portato, nei primi mesi del 2020, una missione dell’esercito russo in Italia. La missione si chiamava “Dalla Russia con amore” e avrebbe dovuto rappresentare un aiuto russo nella gestione della pandemia, ma con molti profili di stranezza. C’erano più militari che dottori e i costi erano a carico dell’Italia; taluni accordi, come quello con l’ospedale Spallanzani di Roma, hanno lasciato diversi interrogativi, alcuni dei quali inquietanti come dimostrano le inchieste di alcuni media.

E mentre sono seduto nello studio di Bruno Vespa vengo sorpreso da una frase secca di Stefano Feltri, direttore di Domani.

Io rilancio sulla necessità di una commissione di inchiesta sul Covid, sugli acquisti di Arcuri e i militari russi di Conte, e il giornalista risponde: «Hanno tutti qualcosa da nascondere, ognuno di quelli che hanno mangiato sul Covid ha un referente politico».

Rispondo piccato: «Eh no, non siamo tutti uguali, noi siamo gli unici a chiedere di sapere che cosa è successo».

Purtroppo Feltri sembra aver ragione perché, con l’eccezione di Italia Viva, pare proprio che questa commissione di inchiesta non la voglia nessuno.

Ecco perché possiamo prendere lezioni da tutti, ma non dai Cinque Stelle. Urlavano «Onestà» e chiedevano trasparenza.

Adesso sussurrano giustificazioni prive di logica e insabbiano ogni richiesta di fare chiarezza sulle stranezze legate agli approvvigionamenti Covid. Perché? Che cos’hanno da temere? Chi ha preso quelle provvigioni? Perché alti dirigenti dell’intelligence partecipavano a riunioni negli studi privati di alcuni avvocati (e chissà quali avvocati...)?

Vorrei invitarvi a fare un piccolo calcolo. Per la vicenda Open – considerato il più grande scandalo della storia repubblicana da certi politici appoggiati da media compiacenti – si parla di tre milioni di euro, denaro privato regolarmente bonificato a fondazioni riconosciute dalla legge che hanno inserito questi soldi in bilancio. E il presunto reato – molto presunto perché, come abbiamo visto all’inizio del libro e come vedremo alla fine del processo, non sta in piedi – sarebbe quello di una rendicontazione fatta con il modulo della fondazione anziché con il modulo del partito.

Per la vicenda Covid stiamo parlando di appalti di miliardi di euro pubblici (non tre milioni privati trasparenti) che sarebbero andati non si sa bene a chi, non si sa bene per cosa, non si sa bene sulla base di quale procedura decisionale. Eppure i media hanno dedicato a Open, secondo studi di agenzie indipendenti, ventisette volte lo spazio che hanno dedicato alle mascherine e al Covid. Non vi viene da gridare la rabbia e l’indignazione o semplicemente da domandarvi: che cosa c’è sotto?

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