La «verifica di governo» va improvvisamente al rallentatore. Il premier Giuseppe Conte spiega al quotidiano La Stampa che considera «verifica» una brutta parola, eppure deve rassegnarsi a usarla. Nel primo giorno delle consultazioni a palazzo Chigi ha comunque incassato il no al rimpasto di M5s e Pd. E il doppio no alla crisi di governo. In mattinata però la frenata: Matteo Renzi non va a palazzo. Dalla sua eNews fa sapere di aver chiesto uno slittamento della consultazione di Italia viva.

L’appuntamento era per le 13 di mercoledì, ma il leader di Iv si è reso disponibile solo per le 9 di giovedì. «La ministra Bellanova (Teresa, ndr), nostra capodelegazione, è a Bruxelles per difendere i prodotti agroalimentari italiani», spiega. Al Tg5 in serata risponderà che Iv non aprirà la crisi a una nuova condizione: che l’Italia chieda il Mes sanitario. E a chi lo ha sentito in giornata annuncia che se Conte non risponderà sì, riaprirà le ostilità dopo la legge di Bilancio.

Iv in confusione

La ministra Bellanova effettivamente era al Consiglio dell’agricoltura dove in queste ore si discute la proposta del Nutriscore, il sistema di etichettatura dei prodotti chiamato «semaforo» che penalizza le nostre produzioni di eccellenza. Il fatto è che l’appuntamento brussellese era convocato da tempo, non è una novità dell’ultimo minuto. I renziani dicono infatti di aver avvertito Conte. Renzi ha chiesto che Bellanova (che, per la cronaca, già una volta ha sceneggiato una minaccia di dimissioni, all’epoca della legge sulla regolarizzazione dei braccianti) sia presente alla consultazione perché, con la collega ministra Elena Bonetti, dichiarerà direttamente al premier la disponibilità a «rimettere il mandato, se serve». E aggiunge: «Stiamo facendo una battaglia per le idee, non per le poltrone». Fino a strafare: «Chi dice che noi facciamo confusione per avere mezza poltrona in più deve prendere atto che siamo l’unico partito pronto a rinunciare alle poltrone, non a chiederle».

La verità è che Renzi non ha fretta di chiudere la verifica. Deve valutare se perderà la faccia accettando quel non molto che produrrà, e cioè la modifica della task force per il Recovery fund. Mercoledì Iv consegnerà a Conte un documento che chiede «un salto di qualità» all’azione di governo, Mes in testa. Il senatore di Rignano rivendica quello che ha ottenuto già prima di salire a palazzo Chigi: «Il blitz notturno che avrebbe fatto approvare un documento non condiviso da nessuno e una task force in grado di sostituirsi al governo e al parlamento è stato ufficialmente bloccato».

Nella eNews si prende anche il gusto di omaggiare Mario Draghi, che ieri era intervistato dal Corriere della Sera: «Abbiamo una gigantesca opportunità, sembra dire Draghi: non sprechiamola. Analisi davvero condivisibile». La battuta è solo un dito nell’occhio del premier: ammicca all’ex presidente Bce come possibile successore di Conte. Ma è opinione consolidata che l’eventualità non esiste, per indisponibilità dello stesso Draghi. Che Conte vedrebbe con poco entusiasmo anche al Colle: con la sua autorevolezza in Europa oscurerebbe il presidente del Consiglio. Ma questa sarà un’altra storia.

Intanto il rallentamento della chiusura della (finta) crisi preoccupa il Pd, o almeno quella parte che crede nell’intenzione di Renzi di staccare la spina. Quelli che non ci credono invece lo liquidano in poche parole, come un dirigente di rango molto vicino al segretario Pd Nicola Zingaretti: «Ha capito che non va da nessuna parte e quindi fa casino».

Fattore tempo

Da palazzo Chigi non si infierisce sul rinvio. Bellanova è una ministra del governo, il suo impegno «è reale», viene riferito. Qualche ora in più per far sfiammare la febbre della maggioranza non fa male neanche al premier. Quando la verifica sarà chiusa ufficialmente, Conte dovrà convocare il Consiglio dei ministri per varare la task force bloccata due domeniche fa. I progetti andranno presentati a Bruxelles a febbraio, non c’è motivo di precipitare i tempi. Lo slittamento dunque non viene solo per nuocere. Ma allora perché il premier aveva tentato un blitz per correre a nominare la task force? Conte non lo dice, neanche nella abbondante intervista a La Stampa.

Torniamo alla verifica. Nella sera è stata ricevuta a palazzo Chigi la delegazione di Leu. C’erano il ministro Roberto Speranza, i parlamentari Nicola Fratoianni e Rossella Muroni, i presidenti del gruppo alla Camera, Federico Fornaro, e del gruppo Misto al Senato, Loredana De Petris. Se alla fine delle consultazioni, come sembra, non si produrrà un rimpasto né tanto meno la crisi, comunque non finirà con tutti felici e contenti. Neanche nel Pd, che pure recita la parte del partito responsabile. «Il clima all’interno della maggioranza è, per quanto dipende da noi, sempre di massima collaborazione. Ma i problemi nel paese sono tanti e vanno affrontati», ha detto ieri il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio, che a quell’incontro era in videocollegamento. Delrio batte sul dente che duole di più ai dem, quello della legge elettorale: «Il tema delle riforme è uno dei punti che da troppo tempo non è stato risolto. Lo abbiamo posto anche durante l’incontro con il presidente del consiglio». Ma la risposta, riferisce chi l’ha ascoltata, «è stata vaga».

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