Repressioni e giustizia incerta: Un anno di diritti sotto assedio

Attraversare l’Italia governata nel 2025 da Giorgia Meloni significa confrontarsi con un paese che mostra il volto più duro della sua giustizia e della sua politica sociale. Dalle carceri Dietro le porte chiuse dei penitenziari e dei centri di detenzione, migliaia di persone vivono in condizioni al limite della sopravvivenza. Celle sovraffollate, fatiscenti e servizi igienici insufficienti non sono soltanto numeri nei rapporti ufficiali: sono vite sospese, segnate dal silenzio e dalla paura. Per Antigone Onlus il sovraffollamento penitenziario sta tornando ai livelli massimi mai raggiunti in Italia, con un tasso medio nazionale che è quasi al 140 per cento. Tocca anche le carceri minorili, cosa mai accaduta prima. Perché la morte del detenuto malato di diabete che pesava 260 chili si poteva evitare con una misura alternativa Al momento in cui scriviamo si contano 76 suicidi, il terzo dato più alto mai registrato. Uno ogni quattro giorni. Per il ministro della Giustizia, Carlo Nordio: «I suicidi non sono legati al sovraffollamento che anzi è una forma di controllo». Teoria contestata da Antigone: «È indubbiamente colpa di alcune leggi del governo, come l’inasprimento delle pene per i reati di lieve entità legati alle droghe e le altre norme del decreto Caivano. E con il decreto sicurezza, per via del delitto di rivolta penitenziaria che punirà chi protesta senza uso della violenza, le carceri esploderanno». Scandalo pestaggi, Delmastro nomina l’imputato Fullone Alla violenza sulle donne Per le donne, la violenza continua a essere una realtà quotidiana. Nel 2025, l’osservatorio di Non Una Di Meno ha contato 81 donne uccise, un femminicidio ogni tre giorni; cioè la morte di una donna, progettata da un uomo, perché si rifiutava di agire secondo le sue aspettative. Dal governo solo misure penaliste, come il reato di femminicidio. Fa discutere non solo l’assenza di un intervento culturale per contrastare il fenomeno ma il ddl Valditara approvato alla Camera e in arrivo al Senato, potrebbe bloccare i corsi contro la violenza di genere. La ministra alle Pari opportunità, Eugenia Roccella, è convinta che non ci sia «correlazione fra l’educazione sessuale nella scuola e una diminuzione delle violenze contro le donne», mentre duella con le opposizioni che l’accusano di minimizzare «il ruolo dell’educazione sessuale nella prevenzione della violenza». Affettività e consenso. Perché la destra teme tanto il cambiamento Razzismo e omotransfobia Cresce il razzismo tra profilazioni, discorsi xenofobi, sgomberi forzati, segregazione abitativa. Ma anche l’omotransfobia, l’anno trascorso ci restituisce 167 vittime, dato sottostimato in assenza di un legge di tutela per persone Lgbtq. Ma è sulle persone transgender che il governo concentra la sua azione, in Aula arriverà a inizio anno il ddl disforia di genere che riscriverà il diritto alla salute per i minori transgender. Il ddl ha già sollevato forti dubbi dalla comunità scientifica: «Nega le cure ai minori e viola le indicazioni europee». La guerra alla droga di Meloni non è una cosa seria. Lo è quella alla nostra libertà No alle proteste Protestare è diventato rischioso. Leggi anti-piazza e l’uso sproporzionato della forza contro studenti e attivisti mettono in discussione il diritto di esprimere dissenso. A questo quadro si aggiunge una valutazione internazionale inquietante: secondo il rapporto Power Under Attack 2025 del Civicus Monitor, l’Italia è oggi classificata come paese con «spazio civico ostruito». Secondo l’osservatorio internazionale, che monitora 197 paesi, il nostro non è più uno spazio democratico pienamente garantito: il diritto di protesta, di associazione e di espressione incontra ostacoli sistematici, dal Decreto Sicurezza alla sorveglianza politica, fino alla criminalizzazione selettiva di attivisti, giornalisti e ong impegnate nel soccorso dei migranti. L’Italia oggi si colloca in una “zona grigia”, accostata a paesi come l’Ungheria di Viktor Orbán, dove le libertà formali convivono con vincoli normativi, intimidazioni e uso disinvolto degli strumenti repressivi. Sì del Parlamento europeo all’aborto sicuro. Il giallo della destra italiana che vota a favore Aborto e fine vita L’accesso all’aborto rimane gravemente ostacolato. Non solo un numero crescente di medici rifiuta di fornire assistenza, ma mancano dati aggiornati sull’attuazione della legge 194: l’ultima relazione del ministero, riferita al 2022 e parzialmente al 2021 per alcune regioni, è stata consegnata con otto mesi di ritardo, rendendo impossibile una mappatura reale dell’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza. Tra ostacoli amministrativi e disinformazione di stato, Italia maglia nera in Europa nell’accesso all’aborto A ciò si aggiungono scelte politiche regionali contrarie alla libertà riproduttiva: in Piemonte, per il 2025/26, la giunta ha stanziato 1,6 milioni di euro per il fondo “Vita Nascente”, destinando gran parte delle risorse a progetti antiabortisti, nonostante sentenze e proteste locali. La combinazione di ostacoli burocratici, ritardi nell’informazione e investimenti pubblici verso iniziative antiabortiste rende l’accesso all’aborto un diritto ancora troppo fragile. Bloccata al Senato è la legge sul fine vita, chiesta ben sei anni fa dalla Consulta. Scritta dalla destra e contestata dalle opposizioni, resta formalmente in attesa del parere della commissione Bilancio e sostanzialmente sospesa fino alla decisione della Corte sulla legge toscana impugnata dal governo. Così nell’Italia di Giorgia Meloni tra dissenso ostacolato e giustizia sociale incerta, i diritti restano sotto assedio.