Ricette contro le disuguaglianze, come fermare l’estrema destra 2.0

Ma davvero in Italia la democrazia è in pericolo? Chi pensa che non sia così, magari in buona fede, dovrebbe leggere il libro di Steven Forti, Estrema destra 2.0. Cos’è e come combatterla (Castelvecchi, 2025). Ricostruisce la rete internazionale delle forze dell’estrema destra, chiarisce le novità rispetto al passato (l’uso di Internet, la patina di presentabilità) e offre utili suggerimenti per sconfiggerla. È anche un libro che fa paura: l’estrema destra non sembra affatto un fenomeno passeggero, è bene organizzata su scala globale e mira a prendere il sopravvento nelle nostre democrazie, privandoci della libertà; Italia compresa, con la Lega e Fratelli d’Italia (che ne fa parte in tutto e per tutto). Il libro, già pubblicato in spagnolo (l’autore, italiano, insegna all’Università autonoma di Barcellona), sta riscuotendo un notevole successo internazionale, in Spagna e anche in Sud America. In Italia le sue verità sono scomode per molti esponenti della classe dirigente – politica, economica, mediatica – che si sono prodigati in generose aperture di credito verso Giorgia Meloni, e continuano a farlo, chiusi in una dimensione provinciale che impedisce di guardare quello che realmente sta accadendo. Il vero obiettivo della destra è tacitare il nostro garante Mattarella Le differenze dal fascismo Steven Forti, innanzitutto, definisce l’estrema destra di oggi, differenziandola dal fascismo del Novecento (il quale, a sua volta, si differenziava dalla destra reazionaria dell’Ottocento). Siamo di fronte a un fenomeno nuovo, che è sbagliato chiamare fascismo o neo-fascismo, benché abbia alcuni elementi in comune con quelle esperienze. Detta altrimenti: il pericolo oggi non è il totalitarismo del Novecento. Ma una democrazia autoritaria, o illiberale (come esplicitamente la chiama Viktor Orbán): in cui, pur restando la forma di un voto liberamente espresso, la sostanza non c’è più, perché cadono la separazione dei poteri e la libertà di stampa e quindi l’opposizione non è in grado di competere alla pari e i cittadini non sono adeguatamente informati. E in cui alla fine i diritti e le libertà vengono negati. Questo è quello che è successo, gradualmente, nella Russia di Vladimir Putin e nell’Ungheria di Orbán; è quello che si verifica oggi negli Stati Uniti di Donald Trump, è quello, scrive Forti, che la galassia dell’estrema destra cerca di attuare ovunque vada al potere, con modalità e dosi diverse a seconda dei contesti. Superare la frattura centro-periferia, solo così si può battere la destra Modello Italia In Italia il dosaggio è più leggero, rispetto ad esempio agli Stati Uniti, ma la ricetta è la stessa: l’insofferenza per le istituzioni di garanzia, il tentativo di controllare le leve economiche (la scalata a Mediobanca) e il mondo dell’università e della ricerca (la riforma che prevede la nomina di un membro da parte del governo nel cda di ogni università e di subordinare all’esecutivo anche il vertice dell’Anvur, l’Agenzia di valutazione dell’università e della ricerca), gli attacchi ai giornalisti indipendenti con le querele temerarie, e con la loro palese delegittimazione, l’occupazione delle istituzioni della cultura, oltre che della tv e dell’informazione, le leggi che limitano la libertà di manifestare, la messa in discussione dei diritti delle persone Lgbtq+ con un falso discorso vittimista (mentre la verità è che sono in aumenti gli episodi di violenza omofobica e transfobica). È il contesto, soltanto, che spinge la nostra, estrema destra ad agire con più cautela e a presentarsi con un volto più moderato o, meglio, più cauto. Ma se guardiamo a quello che gli alleati di Meloni e Matteo Salvini realizzano o cercano di realizzare ovunque nel mondo, allora comprendiamo che quanto sta avvenendo, da noi, è probabilmente solo l’inizio (cosa potrebbe succedere se la destra vincesse le prossime elezioni ed eleggesse tra le sue fila il presidente della Repubblica?). La destra e la forza della gerarchia: le scorciatoie battono l’uguaglianza La rete nazionalista C’è anche dell’altro, nell’analisi di Forti. La rassicurazione secondo cui i nazionalismi sono per natura contrapposti regge fino a un certo punto, può rivelarsi una pericolosa illusione: nonostante le loro ricette economiche possano divergere, dal «welfare chauvinism» (le politiche sociali solo per i nativi) fino all’ultraliberismo di Javier Milei, nonostante varino le collocazioni geopolitiche, dagli atlantisti ai filorussi, queste formazioni hanno infatti legami molto solidi, fra loro, e all’occorrenza sanno avvalersene (si pensi al decisivo sostegno che il protezionista Trump ha dato al libero-scambista Milei). Di più. Danno prova di grande tatticismo e sono sostenute da un’ampia rete sovranazionale, che va dai gruppi fondamentalisti cristiani alle lobby per le armi e contro il cambiamento climatico, e che porta avanti una battaglia culturale in tutto l’Occidente sui loro temi di fondo (identitarismo, disumanizzazione del diverso, condanna dell’immigrazione, negazione dei diritti delle persone Lgbtq+, erosione delle istituzioni liberal-democratiche, critica al multilateralismo). Contro i trucchi della destra, il campo largo punti sulle primarie Egemonia culturale È una vera e propria sfida per l’egemonia culturale, in senso gramsciano. Simile nel metodo alla sfida lanciata, a partire dagli anni Settanta, dagli intellettuali e dalle fondazioni neo-liberali, a partire dagli Stati Uniti, e che allora portò alla vittoria di Ronald Reagan. Come il pensiero progressista non capì o non volle capire, a quell’epoca, la portata della sfida culturale rappresentata dal neo-liberismo, e ne fu travolto, così oggi sembra incapace di comprendere quel che l’estrema destra sta cercando di fare, su scala globale – e a partire di nuovo dagli Usa, che con Trump ne sono il centro e il motore. Come reagire? Intanto, studiando questa nuova destra per quel che è (e non per quel che vorremmo che fosse) e riconoscendone la pericolosità. Il contrario di quel che si è fatto in Italia, dove invece tendiamo molto a sottovalutarla (proprio come lei vuole), al punto che si è lasciato che nel 2022 vincesse le elezioni a tavolino. Alla destra serve un nuovo racconto, Parigi “plasmata” dai soldi di Stérin Risposta poliedrica E quindi, spiega Forti, sviluppando una risposta poliedrica, su più campi, perché su più campi è la sfida. È una risposta che deve puntare sulla scuola e sull’educazione digitale; deve coinvolgere il mondo della cultura e della libera informazione, che non dovrebbe assecondare i falsi discorsi messi in circolo dall’estrema destra (non è vero, ad esempio, che diritti civili e sociali siano contrapposti!). E naturalmente, sul piano politico, interroga tutte le forze democratiche, chiamate a fare fronte comune. Qui però viene la parte più delicata. Dietro l’ascesa dell’estrema destra, oltre a ragioni culturali (la paura degli immigrati e del diverso) e identitarie (la ricerca di una comunità nazionale), vi sono, fra le più importanti, le motivazioni socio-economiche: l’aumento delle disuguaglianze e lo smantellamento del welfare, attuato anche dalle forze di centro-sinistra all’epoca dell’egemonia neo-liberale. Per contrastare l’estrema destra è necessario quindi che il campo democratico e progressista inverta la rotta delle politiche economiche seguite finora. Ma non è facile trovare un consenso unitario su questo punto. Le tradizionali forze liberali sono disposte ad esempio ad accettare una tassazione progressiva, per rafforzare il welfare? O non preferiranno piuttosto, per evitare la redistribuzione, l’alleanza con l’estrema destra, in un nuovo «compromesso autoritario» (analogo a quello degli anni fra le due guerre)? In altre parole, oggi occorre scegliere se attuare incisive politiche economiche contro le disuguaglianze e a favore dei beni pubblici; oppure mantenere l’attuale, iniquo assetto economico e sociale. Da questa scelta dipendono le sorti della democrazia e della libertà in tutto il mondo occidentale. E il futuro dell’Italia. [Missing Caption][Missing Credit]