Con un emendamento il parlamento è tornato al testo iniziale approvato dal Consiglio dei ministri sul sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura, abbandonando così il compromesso raggiunto dalla maggioranza in commissione Giustizia. La Camera ha appena approvato con 278 voti a favore e 48 contrari l’emendamento presentato ieri dalla commissione. Un sistema che non contrasta l’influenza delle correnti perché prevede che i collegi vengano scelti con un preavviso di almeno quattro mesi.

È in corso alla Camera la discussione sul disegno di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario. Dopo essere slittata a oggi la votazione sugli emendamenti per il passaggio obbligato dalla commissione Bilancio, l’aula sta esaminando i 220 emendamenti presentati dalle minoranze, Fratelli d’Italia e Alternativa c’è, ma anche da partiti che sono nella maggioranza di governo: Lega e Italia viva.

Il passaggio in commissione Giustizia, lungo e complicato, aveva permesso di raggiungere un fragile equilibrio sul testo: ieri però la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha modificato parzialmente le disposizioni sulla legge elettorale del Consiglio superiore della magistratura (Csm). Un intervento dovuto dalla mancata promessa della Lega di non presentare emendamenti in aula, dopo l’accordo di maggioranza, e dalle difficoltà di un sorteggio dei distretti elettorali. 

Fonti interne della maggioranza, come aveva scritto Domani, avevano però confermato la tenuta dell’accordo, sostenendo che gli emendamenti presentati dai due partiti presenti nel governo servivano solo a fissare alcuni principi politici. I lavori dovrebbero continuare al prossimo 26 aprile, data in cui è previsto l’ok al provvedimento. 

la legge elettorale

La maggioranza era riuscita a raggiungere un’intesa sulla legge elettorale del Csm, punto cruciale per disincentivare l’accordo tra le correnti della magistratura: il sorteggio delle corti d’appello per formare i collegi in cui i magistrati voteranno per eleggere i togati. Ma l’aula ha appena votato l’emendamento che modifica questo sistema. 

La decisione della Lega di proporre in aula diversi emendamenti, tra cui quello sulla legge elettorale del Csm – per introdurre il sorteggio temperato, l’estrazione a sorte dei singoli candidati – ha fatto saltare l’accordo portando così alla decisione della ministra di tornare a un sistema maggioritario binominale con correttivo proporzionale. 

Secondo il nuovo testo, modificato attraverso un emendamento della commissione presentato ieri sera, i collegi verranno scelti con decreto del ministro della Giustizia, sentito il Csm, almeno quattro mesi prima delle elezioni, «tenendo conto dell’esigenza di garantire che tutti i magistrati del singolo distretto di Corte d’Appello siano inclusi nel medesimo collegio e che vi sia continuità territoriale tra i distretti inclusi nei singoli collegi, salva la possibilità, al fine di garantire la composizione numericamente equivalente del corpo elettorale dei diversi collegi, di sottrarre dai singoli distretti uno o più uffici per aggregarli al collegio territorialmente più vicino».

Il sorteggio dei distretti era stato scelto per andare incontro alle richieste della Lega, che inizialmente aveva chiesto il sorteggio dei singoli candidati, ma la ministra e la presidenza della Repubblica sostenevano l’incostituzionalità. Si è poi raggiunto un compromesso che prevedeva il sorteggio dei collegi, criticato però dalla stessa Bongiorno che aveva sostenuto l’emendamento. «Chiamatelo ex Bongiorno», aveva detto, dicendo che senza «l’effetto sorpresa» le correnti avrebbero comunque avuto tempo di organizzarsi. 

«Consapevoli dei limiti del provvedimento», ha detto Bongiorno, «abbiamo proposto varie soluzioni che però sono state sistematicamente annacquate. Con spirito costruttivo proveremo ancora a migliorare il testo, pur coscienti che altre forze frenano il cambiamento. Una riforma troppo circoscritta e che cambia poco conferma quanto siano essenziali per voltare pagina i referendum sulla Giustizia», ha continuato la senatrice della Lega. 

Gli altri emendamenti

È stato respinto l’emendamento all’articolo 1 sull’eliminazione del cumulo delle indennità a prima firma Giusi Bartolozzi, del Gruppo misto, con 77 voti a favore e 274 contrari. La modifica mirava a togliere la possibilità di cumulare indennità e compensi per chi esercita contemporaneamente diverse funzioni.

Una proposta di modifica appoggiata anche da Italia viva e Fratelli d’Italia. «C’è un bel che dire di volere operare una riforma della giustizia che stoppi il correntismo, limiti il collocamento fuori ruolo dei magistrati, separi le carriere e poi al contrario in aula non sostenere gli emendamenti che queste proposte vogliono attuare», ha commentato Bartolozzi, dicendo che l’emendamento da lei proposto mirava a eliminare «ingiusti privilegi attualmente goduti dai magistrati fuori ruolo che in taluni casi arrivano a percepire 267 mila euro annui».

L’aula ha poi bocciato l’emendamento della Lega sulla separazione delle funzioni giudicante e requirente con 125 voti a favore e 246 contrari. Non è passata nemmeno la modifica proposta da Italia viva sulla responsabilità civile dei magistrati. Entrambi elementi oggetto dei quesiti referendari che si voteranno il prossimo 12 giugno.

«I voti di oggi sono l’inizio del percorso della riforma sul Csm che dovrà essere completato al Senato», ha commentato Bongiorno, continuando: «È evidente comunque che per imprimere un profondo e autentico cambiamento occorre votare per i referendum, a maggior ragione dopo la bocciatura dell’emendamento sulla separazione delle carriere».

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