La versione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni è affidata a un monologo di mezz’ora lanciato sui social, “Gli appunti di Giorgia”. Riforma costituzionale, manovra, piano Mattei, accordo con l’Albania. Sulla parete ci sono le foto di tutti i presidenti del Consiglio dall’Unità d’Italia. «Quanti di questi presidenti del Consiglio e quanti dei governi che hanno presieduto sono stati effettivamente scelti dai cittadini? Quanti di loro avrebbero fatto il presidente del Consiglio se fossero stati i cittadini a scegliere chi li avrebbe governati? Non lo sapremo mai».

Va dritta al punto, rivolgendosi ai cittadini, e avvia con larghissimo anticipo la campagna referendaria sulla riforma costituzionale che vuole introdurre l’elezione diretta del presidente del Consiglio. «Quello che sappiamo per certo è che molti governi sono passati sulla testa degli italiani, sono stati frutto di giochi di palazzo, e quando rispondi al palazzo e non ai cittadini, è il consenso del palazzo che ti interessa, più di quello dei cittadini. E abbiamo visto i risultati». 

«In 75 anni sono cambiate tante cose. L'unica cosa che non è mai cambiata è la base del sistema, la Costituzione ed è dove abbiamo avuto il coraggio di intervenire. Perché a me non interessa durare cinque anni se dopo di noi tutto tornerà uguale, se non approfittassimo della stabilità di questo governo per lasciare all'Italia una riforma che, comunque vada, consentirà agli italiani di scegliere direttamente chi li governa». 

Attacca ancora i partiti «che si sono abituati a governare perdendo le elezioni», l’opposizione che osteggia la riforma Casellati «per calcolo politico», guarda in camera, rivolgendosi idealmente a tutti gli italiani, e domanda: «Voi cosa volete fare, volete contare e decidere o stare a guardare mentre i partiti decidono per voi? Questa è la domanda che faremo se sarà necessario e quando sarà necessario». Cioè quando ci sarà un referendum dopo l’approvazione senza maggioranza dei due terzi nelle quattro letture previste per le leggi di modifica della Costituzione. Un momento spostato molto avanti nel tempo, una prospettiva di anni, di cui la premier si occupa già adesso. Per poi venire a questioni più immediate, stringenti. A partire dalla manovra che «non getta risorse dalla finestra e disegna una strategia delle priorità». Poi il tema più discusso del momento, l’accordo «storico e innovativo» sui due centri per migranti italiani da collocare in Albania. «Uno sarà un centro di prima accoglienza al porto, e nell'area più interna ci sarà una seconda struttura sul modello dei Cpr». «Nonostante l'Albania non faccia ancora parte dell'Ue – dice Meloni – Tirana si sta comportando di fatto come se già lo fosse, facendo scelte in linea con i principi di cooperazione e solidarietà alla base dell'Unione europea. E può diventare un modello di cooperazione fra Paesi Ue ed extra Ue sulla gestione dei flussi migratori», aggiungendo che non si può dire che «intendiamo deportare qualcuno in una nazione candidata all'ingresso nell'Ue».

Nell’occasione Meloni annuncia che il G7 dei leader durante la presidenza italiana si terrà «dal 13 al 15 giugno 2024 in Puglia, nella Valle d'Itria, a Borgo Ignazia». Un punto fermo.

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