L’impatto dell’operato del governo sulle disuguaglianze presenta luci e ombre, indipendentemente dalla dimensione considerata. Tra le cose positive, la difesa del reddito di cittadinanza, l’introduzione del reddito di emergenza (Rem), il sostegno al reddito per categorie prive di ammortizzatori sociali e gli interventi sulla cassa integrazione hanno impedito che la crisi colpisse ancor più duramente chi sta peggio. E, tuttavia, il Rem stesso avrebbe potuto avere meno barriere all’accesso e la strada di un sostegno universale al reddito essere più decisamente imboccata, ponendo anche le basi per una riforma strutturale degli ammortizzatori sociali ormai non più rinviabile.

Misure positive sono state adottate anche in tema di diritti delle donne. Si pensi al “pacchetto” contro il femminicidio o all’approvazione della convenzione Ilo contro la violenza e le molestie nei luoghi di lavoro. Ma tanta strada rimane da fare contro la violenza e le disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro o nella distribuzione dei carichi di cura.

Assolutamente insufficiente, invece, quanto fatto in materia di istruzione, già prima molto trascurata. La risposta alla crisi causata dalla pandemia è stata insufficiente e tardiva. Non si è mai data l’impressione che i percorsi educativi della fascia 0-18 , soprattutto dei più fragili, fosse una priorità. Il rischio è che la pandemia porti a una cronicizzazione delle disuguaglianze, condannando sin dalla più tenera età migliaia di giovani al fallimento educativo e formativo.

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