Postprimarie post-traumatico a Roma. Si pesano i voti raccolti da ciascun candidato e ci si avvia sulla strada della presentazione delle liste, quelle vere, in appoggio del vincitore Roberto Gualtieri, forte delle sue  28561 preferenze e cioè del 60,65 per cento del totale di quelle espresse, che sono state  47093 (più bianche e nulle si arriva alla cifra di 48.620 votanti). Il vero exploit è stato quello del presidente del terzo municipio Giovanni Caudo: 7.388 preferenze, il 15,69. Un successo anche grazie a voti in arrivo dal Pd, visto che nel suo municipio ha stravinto il candidato dem che è un po’ il suo figlioccio (ma che  non poteva indicarlo, viste le consegne rigide del Pd). All’ex assessore va dunque l’onere e la responsabilità di provare unire la frantumaglia dei voti disposti – e anche un po’ dispersi –  in sei diverse sigle.

Pace Gualtieri-Caudo

Oppure potrebbe scegliere di correre direttamente al fianco di Gualtieri. Ieri Caudo ha fatto sapere di avere incontrato il vincitore giovedì scorso e di averseppellito definitivamente le accuse – solo parzialmente ritirate – di dare numeri a caso sull’affluenza alle primarie. «La complementarietà delle nostre esperienze e dei rispettivi profili è un valore aggiunto per Roma e per il lavoro che ci aspetta», dice ora Caudo. Che però ha dalla sua parte l’ex sindaco Ignazio Marino, fin qui gran picconatore del Pd romano.

Gualtieri non smette di ripetere che al tempo della defenestrazione di Marino faceva l’europarlamentare («e nessuno troverà una mia dichiarazione contro di lui»). E ha anche ammesso che quello per il Pd «è stato un errore». La corsa con Caudo potrebbe essere l’occasione di una riconciliazione cittadina.

Fassina e i classisti

In ogni caso unire sarà difficile. Difficile se non direttamente escluso, almeno in alcuni casi. Per esempio è assai improbabile che Stefano Fassina (2625 voti raccolti pari al 5,57 per cento) possa correre nella stessa lista di Caudo. Il giorno dopo il voto i due si sono azzuffati sulla questione delle file di migranti avvistati nel V municipio. L’ex assessore li aveva segnalati come un’anomalia che puzzava di voto cammellato, «stranieri in fila per farli votare con il santino in mano». Il guaio è che questi poveri bravi cittadini votavano per Fassina. Che infatti replica a palle incatenate: «Affermazioni gravissime classiste, poco consapevoli della realtà di Roma, oltre il circuito Ztl. I cittadini stranieri residenti nella nostra città che si sono messi in fila per votare sono una straordinaria opportunità di integrazione. Tanti di loro li conosco da anni», «Caro Giovanni, hai fatto un buon risultato, non hai bisogno di cadere così in basso. Correggi l’errore e scusati».

Il ginepraio della sinistra

Fassina è consigliere comunale di Sinistra per Roma, deputato di Liberi ed uguali (il cui leader Roberto Speranza alle primarie ha dato indicazione di voto per Gualtieri) ed iscritto a Sinistra italiana (i cui iscritti nei municipi hanno in gran parte votato i candidati del Pd). Un ginepraio inestricabile di sigle e persone che difficilmente troveranno una composizione con i civici in campo.

Il listone Gualtieri

Roberto Gualtieri ragiona su come rafforzare i numeri del Pd per intestarsi la medaglia di primo partito a Roma. Un’ipotesi allo studio è quella di aprire la sua lista ad alcuni degli ex sfidanti alle primarie. Altra possibiltà invece è quella di una lista unitaria dei civici, unendo l’area di Caudo con quella del movimento  Liberare Roma (la candidata Imma Battaglia è arrivata quarta con il 6,34 per cento, ha preso 2987 voti, ma la somma dei voti raccolti nei candidati ai municipi fa 5114 voti). Per Caudo si tratta di fare «una cosa del tutto nuova». Discorso con molte variabili ancora poco chiare. Alcune anche importanti: per esempio non è ancora certo che Caudo voglia davvero correre nelle liste per il Campidoglio. Prima del voto circolava voce di un suo possibile incarico in giunta come assessore. Difficile che sia all’urbanistica, postazione cruciale della giunta Capitolina che lui ha già occupato all’epoca di Marino. Dopo il voto Caudo non ha precisamente smentito l’ipotesi, anzi: «Non mi interessa il cosa fare ma il come farlo, ovvero, quale agibilità politica si ha», ha detto, «Se si può incidere nei processi va bene, personalmente ad eseguire ordini non vado».

Demos in proprio

Farà invece una lista autonoma Paolo Ciani, terzo arrivato con 3372 preferenze, cioè il 7,16 per cento. Un’affermazione inaspettata solo per chi non conosce la Capitale. Il consigliere regionale e pilastro dell’associazionismo solidale  anche alla regione zingarettiana, è leader di Demos ovvero del fronte civico impegnato  della Comunità di Sant’Egidio, potenza geopolitica non solo della Capitale: ha suoi candidati anche a Milano e a Torino, nelle lista del candidato sindaco, e a Napoli una lista autonoma a fianco di Gaetano Manfredi.

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