Le conseguenze stanno arrivando a scoppio ritardato, ma Matteo Salvini non dimentica il flop alle elezioni amministrative del 20 settembre. Il leader della Lega sperava sancissero il dilagare della corazzata di centrodestra, si sono tramutate in un drammatico stop nelle regioni del sud – che però si poteva mettere in conto - ma anche una mezza debacle in alcune città del nord dove Salvini ambiva alla spallata. L’analisi degli errori compiuti, sia di strategia che di scelta dei candidati, ha prodotto conseguenze sui territori, con “epurazioni” dei leader territoriali colpevoli del passo falso.

Al nord

Le province autonome sono particolari per antonomasia. Il Trentino è stato terreno di una storica conquista nel 2018, dopo vent’anni di dominio incontrastato del centrosinistra autonomista. Forte della vittoria in provincia, Salvini sperava di mettere un suo uomo anche al municipio del capoluogo. Trento, invece, ha retto, eleggendo al primo turno il sindaco di centrosinistra Franco Ianeselli. La vittoria, però, è stata agevolata da una campagna fallimentare del centrodestra, con un cambio di candidato in corsa e divisioni interne che hanno prodotto un candidato moderato di disturbo a contendere spazi elettorali. La responsabilità oggettiva degli errori è ricaduta sulle spalle del segretario locale e assessore provinciale all’Istruzione, Mirko Bisesti, che nel curriculum vanta un passato da portaborse di Matteo Salvini al Parlamento europeo. Bisesti verrà sostituito, ordini dall’alto.

Lo stesso sta succedendo a Bolzano. L’Alto Adige rimane terra di autonomia, dove la Lega è sì cresciuta ma non ha mai pensato di scalzare il primato della Sudtiroeler Volkspartei. Eppure, la speranza di conquistare la capoluogo era stata accarezzata. Al secondo turno, invece, è stato confermato il candidato di centrosinistra Renzo Caramaschi. E anche qui è arrivato il repulisti dei vertici del partito. Il commissario provinciale Maurizio Bosatra ha annunciato che lascerà l’incarico. Il coordinatore cittadino, Filippo Maturi, ha deciso di ritornare al suo scranno di deputato a tempo pieno.

Anche in Veneto la Lega salviniana ha materiale per riflettere. A vincere è stata la vecchia Liga, o meglio il “doge” Luca Zaia, la cui lista personale ha doppiato quella del Carroccio. Per non veder sorgere un nemico in casa propria, dunque, Salvini ha intenzione di attenzionare la situazione veneta. Il salviniano di ferro, qui, è il veronese ex ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana, ma a lui il Capitano vorrebbe affiancare il deputato lombardo Eugenio Zoffili: commissario di fiducia del leader e spedito nei territori in difficoltà.

Al centro

La Toscana doveva essere il territorio chiave del colpo di grazia al governo e l’obiettivo è stato fallito clamorosamente. La candidata leghista Susanna Ceccardi ha dovuto lasciare il campo al democratico Eugenio Giani, il Carroccio ha perso 237 mila voti rispetto alle Europee ed è stato superato dal Pd in cinque province. Il risultato ha provocato un tumulto interno nei rapporti di forza: il gruppo fiorentino ha chiesto le dimissioni del segretario provinciale Alessandro Scipioni; a Prato e Siena la frattura tra consiglieri eletti e dirigenti del partito è ormai insanabile. Nei giorni scorsi si è tenuta una riunione infuocata, che il commissario regionale Daniele Belotti (anche lui considerato in uscita) ha governato a stento. I parlamentari toscani hanno comunicato a Salvini che la Toscana è una pentola a pressione di malcontento pronta a esplodere. La situazione è fluida, la necessità di riorganizzare il partito sul territorio è forte. Tra le linee guida del riassetto la principale è: basta coi doppi incarichi amministrativi e di partito. L’allarme in casa Lega sta suonando: quando il Carroccio correva forte gli amici erano tanti, ora rischiano di essere altrettanti gli addii.

© Riproduzione riservata