Matteo Salvini, hanno scritto, non è più “il giaguaro di una volta”. Sulla difesa dello spot della pesca dell’Esselunga è arrivato secondo rispetto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Per rimediare non ha fatto solo il post solidale, ma anche video e foto di lui che andava a fare la spesa nel supermercato della discordia. In pratica una seconda pubblicità, incurante del fatto che il suo ex tesoriere sia stato condannato per finanziamento illecito concordato con l’allora patron dell’Esselunga, e il segretario della Lega sia un giornalista, posizione che da regolamento gli vieta di fare spot a beneficio di chicchessia, a meno che non si tratti di beneficenza. 

Lo spot e i finanziamenti

La storia dello spot circola sul web da giorni, protagonista di meme e dibattiti da tastiera: una bimba va a fare la spesa con la mamma e le chiede di comprare una pesca. Tornate a casa si prepara lo zainetto e scende da sola le scale del palazzo: al portone la aspetta il papà con l’auto per portarla altrove. A quel punto è evidente che i due genitori sono perlomeno separati.

La piccola si siede sul suo seggiolino e gli passa la pesca: «Questa te la manda la mamma». Il papà si intenerisce, guarda verso il palazzo e le assicura che la chiamerà. Morale della pubblicità: «Non c’è una spesa che non sia importante».

Tra chi vede mercificazione dei sentimenti e chi pensa che il risultato sia uno spaccato della società contemporanea, la premier lo ha trovato «bello e toccante». Salvini ancora di più.

Due ore dopo ecco il post sui social: «Dare voce ai tanti genitori separati, a quelle mamme e a quei papà quasi mai citati e spesso troppo dimenticati, al legame indissolubile con i figli», e ricondivide a favore di tutti la pubblicità.

Tre giorni dopo un’altra presa di posizione: la domenica all’Esselunga. Video e foto della spesa con nome della catena in bella vista. Con la chiosa: «Niente pesche ma tanta roba all’Esselunga».

Tra il saluto all’attore interprete di Albus Silente in Harry Potter, e gli auguri a tutti i nonni, sembra sempre il solito Salvini.

Peccato che in questo caso il marchio sia legato anche all’ex tesoriere della Lega, Giulio Centemero: deputato e amministratore federale, e tesoriere della Lega da quando Salvini è stato eletto segretario nel dicembre 2013.

A marzo 2022 è stato condannato in primo grato a otto mesi con pena sospesa e non menzione della stessa nel casellario giudiziale per un finanziamento illecito da 40mila euro concordato, per l'accusa, con il patron della catena di supermercati Esselunga Bernardo Caprotti, morto nel settembre 2016. La cifra stabilita era di 150mila euro, poi però sono stati versati 40mila euro.

Finiti non direttamente alla Lega e dichiarati come vuole la legge, ma all'associazione Più voci, di cui Centemero era legale rappresentante, e che sarebbe stato girato al Carroccio anche per rimpinguare le casse di Radio Padania.

Dell’associazione faceva parte anche Alberto Di Rubba, il commercialista del partito condannato anche lui in primo grado per una vicenda di distrazione di fondi pubblici di regione Lombardia. Di Rubba dopo la condanna è stato premiato: ha preso il posto di Centemero, ora è lui il tesoriere di Salvini.

Beneficenza a Esselunga

Se politicamente questa presa di posizione a favore di una catena privata può destare perplessità, non è chiaro come questo sia possibile anche con l’altro ruolo che il segretario non ha mai abbandonato: il giornalista. Secondo l’elenco dell’ordine, Salvini è iscritto in qualità di professionista dal 18 maggio 1999.

Secondo la deontologia «il giornalista non assume incarichi e responsabilità in contrasto con l'esercizio autonomo della professione, né può prestare il nome, la voce, l'immagine per iniziative pubblicitarie incompatibili con la tutela dell'autonomia professionale». 

«Sono consentite invece, a titolo gratuito, analoghe prestazioni per iniziative pubblicitarie volte a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali o comunque prive di carattere speculativo».

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