Alta tensione Roma-Parigi Meloni tace, Salvini insiste «Com’è permaloso Macron»

Un’altra fuga in avanti, un altro elemento destabilizzante negli equilibri già complessi della coalizione dei volenterosi. A seminare zizzania è l’uscita di Matteo Salvini in direzione Eliseo: «Ci vada lui» in Ucraina indossando un elmetto, ha detto il vicepremier riferendosi al presidente francese Emmanuel Macron durante un sopralluogo a Milano quattro giorni fa. Provocando, dopo che la cancelleria ha aspettato pazientemente una rettifica da parte di Palazzo Chigi, la convocazione dell’ambasciatrice italiana a Parigi al Quai d'Orsay. A Emanuela D’Alessandro è stato ricordato che «queste dichiarazioni vanno contro il clima di fiducia e le relazioni storiche» esistenti fra Italia e Francia, «ma anche contro i recenti sviluppi bilaterali, che hanno evidenziato forti convergenze tra i due paesi, in particolare per quanto riguarda il sostegno incrollabile all’Ucraina». Tradotto: se Giorgia Meloni e Macron sono usciti dal vertice di Washington al fianco di Zelensky con una lista di punti fermi che condividono, Salvini ha da adeguarsi e deve trattenersi da espressioni come «Taches al tram». Tutto il resto – considerata la storica ostilità della premier nei confronti dell’idea di spedire truppe in Ucraina – però, è ancora da vedere. Non pago, Salvini ha rilanciato nel pomeriggio di ieri: «Macron è un po’ troppo permaloso. E comunque i sondaggi dicono che l’80 per cento dei francesi non lo gradisce» ha detto a Pinzolo. «Hanno messo su tutta questa storia perché Macron è al minimo storico nel suo paese. Io sono orgoglioso che l'Italia stia invece lavorando per la pace». Nonostante l’escalation concretizzata dalla convocazione dell’ambasciatrice, però, Oltralpe la stampa e la politica limitano i commenti – con l’eccezione dell’emittente BFMTV, che definisce le parole «inammissibili» e ricorda la storica vicinanza del partito di Salvini alla Russia. La lezione europea di Draghi, uno schiaffo all’Ue e a Meloni Consenso russo Ed effettivamente, l’uscita non è passata inosservata a Mosca, dove la Rossijskaja Gazeta, testata vicina al governo di Putin, raccontando la vicenda scrive che «sembra che non tutti nell’élite politica italiana, per non parlare del popolo, siano pronti a “sostenere l’Ucraina”». Che il vicepremier non ami Macron non è un segreto – solo qualche mese fa lo aveva definito «pazzo», provocando un’altra convocazione dell’ambasciatrice – né lo è il fatto che la Lega abbia bisogno di una boccata d’aria a livello di consensi: le regionali sono alle porte e il Carroccio rischia di vedersi sfilare dagli alleati anche il Veneto, dove Luca Zaia non è più candidabile. Insomma, tutto è bene quel che fa rumore, dai vaccini ai duelli diplomatici. In patria, di conseguenza, l’uscita è diventata ragione di tensione ovviamente con l’opposizione ma anche all’interno della maggioranza. Mentre i leghisti hanno fatto quadrato intorno al loro leader, Fratelli d’Italia e Forza Italia si sono divisi tra silenzi tattici e aperto dissenso. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi parla di «espressioni forti» che però veicolano «messaggi legittimi e leciti». Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato e spesso ancor più aggressivo del suo segretario, alza il tiro: «Se Macron smentisce la volontà di invitare soldati europei a combattere in Ucraina, problema chiuso». A taccuini chiusi, qualche leghista ribadisce che i toni nei confronti di Parigi non sono mai stati diversi, anche quando in ballo non c’erano gare interne come le regionali, ma concede che il Carroccio sta subendo la linea in politica estera di Meloni e quindi cerca, di tanto in tanto, di smarcarsi. Il governo assedia la Salute: Schillaci sempre più isolato e Gemmato è già pronto Il silenzio di Meloni In totale opposizione il mondo forzista, che ribadisce che la politica estera è territorio di presidente del Consiglio e ministro degli Esteri. «L’accaduto non cambierà i nostri rapporti di amicizia con la Francia, pur nelle diverse sensibilità» auspica la vicesegretaria azzurra Deborah Bergamini. Da Fratelli d’Italia, silenzio, dalla premier in giù. Il rapporto con l’Eliseo non è mai stato tra i più brillanti per la premier Meloni, ma solo pochi mesi fa in una telefonata i due capi di governo si erano messi d’accordo a mettere da parte i dissensi per lavorare insieme alla pace in Ucraina. Erano rimaste scorie per il rapporto d’elezione con Berlino e Londra, che pure ha provocato a Roma una sensazione d’esclusione. Ora, l’insoddisfazione di Salvini riapre un fronte che Meloni ha faticato tanto a contenere. Per le opposizioni, il silenzio è già diventato simbolo di una complicità inaccettabile. Se Calenda rimprovera a Salvini di parlare «come fossi al Bar dello sport», Iv e + Europa chiedono a Meloni di prendere le distanze dalle parole del ministro dei Trasporti, come anche Angelo Bonelli, cosegretario di Avs, che stigmatizza il «linguaggio volgare». Silenzio da parte del M5s, mentre in serata Elly Schlein che denuncia il danno alla reputazione diplomatica dell’Italia: «Le intemerate di Salvini non mettono in difficoltà solo il governo, con Tajani e Meloni che rivendicano col loro alleato leghista il proprio ruolo in politica estera, ma imbarazzano il paese». Pronta la replica della Lega: «Non stupisce che, anche nelle ultime ore, la sinistra rafforzi le proprie posizioni anti-italiane e guerrafondaie e il proprio servilismo verso alcuni governi stranieri come Parigi». Che l’uscita di Salvini sia stata concordata o no, la premier rinuncia comunque a replicare. Lasciando comunque presagire che, sotto le apparenze, l’intesa con Parigi è tutt’altro che solida e in caso di necessità di inviare truppe europee a tutelare la pace sarà messa a dura prova.