Vuole far varare il nuovo codice della strada, ancora all’esame della Camera, per stringere i bulloni della sicurezza al volante. Ma Matteo Salvini è pronto a guidare in maniera spericolata la sua Lega. E non c’è alcun riferimento alla sua battaglia contro il limite dei 30 km orari imposti a Bologna, dall’amministrazione Lepore, per limitare traffico e combattere gli incidenti.

Salvini ha scelto la guida, politica, senza pensare troppo al rischio di andare a sbattere. Perché alla fine il partito è il suo, fin dal nome. E solo che gli alleati assistono con una certa preoccupazione alle sbandate del leader leghista, che così diventa un pericolo costante per la tenuta del centrodestra. Andrà così fino alle Europee, potrebbe andare anche peggio dopo il voto di giugno.

Assalto lucano

La rinuncia alla candidatura di Christian Solinas in Sardegna è stata dolorosa. Gli sviluppi dell’inchiesta sul presidente uscente della regione Sardegna hanno spinto alla rinuncia, «nonostante lo sconcerto per le iniziative di parte della magistratura» reso pubblico con una nota di partito. Ma, da quanto raccontano, il ministro delle Infrastrutture è molto irritato per il trattamento ricevuto da Meloni, non dai magistrati. Ora occorre capire che tipo di campagna elettorale verrà portata avanti a favore del meloniano doc, Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari che ambisce al salto in regione.

Il prossimo obiettivo è la Basilicata con una furia che vuole abbattere le regole della coalizione, incurante degli effetti.

Di fatto, chiedendo la testo di Vito Bardi a Potenza, se la prende con Forza Italia che in Sardegna ha svolto un ruolo ancillare. «Sarà una battaglia», ha detto ai fedelissimi per provare a motivare le schiere di dirigenti, un po’ avviliti dallo strapotere di Fratelli d’Italia. Il braccio di ferro, in territorio lucano, vuole portare alla candidatura dell’ex senatore, Pasquale Pepe. L’obiettivo reale è quello di vendicarsi sugli alleati con il rischio di far correre un profilo civico per mettere tutti d’accordo. Dentro Forza Italia assistono sgomenti all’iniziativa politica salviniana. «Meloni si prende la Sardegna e lui se la prende con FI», è il discorso che circola tra i vertici del partito berlusconiano. Eppure la campagna di Potenza parte con armi scariche.
«In Basilicata non abbiamo tanti voti come invece poteva essere in Sardegna, grazie al partito d’azione sardo, quello di Solinas», osserva una fonte leghista. «Anche se minacciamo di andare da soli in Basilicata, non facciamo paura a nessuno», è la conclusione del ragionamento. Lo scoramento tra i leghisti è forte. Solo la cerchia dei fedelissimi è davvero asserragliata intorno al leader. Peraltro se sulla Basilicata si ripete il “copione sardo”, rischia di venire giù tutto in prospettiva delle regionali 2025. L’esito è imprevedibile come la strategia di Salvini.

Territori abbandonati

Eppure la Lega, sui territori, ribolle. Nelle storiche roccaforti guardano il declino del partito con un misto di preoccupazione e rassegnazione. Salvini continua a disincentivare la partecipazione dei militanti. I congressi locali vengono convocati a piacimento e in alcuni casi ci sono iniziative di protesta dei leghisti contro i vertici. Il caso più iconico è quello della Valcamonica, storico granaio di voti per la Lega. Da un anno circa gli iscritti chiedono un congresso. Qualche giorno fa i militanti hanno addirittura appeso uno striscione su un cavalcavia con la scritta, inequivocabile, «congresso subito». E con un’esplicita richiesta di rispetto. Una situazione simile si vive nella provincia di Monza-Brianza che, ironia della sorte, è stata istituita dopo una battaglia politica condotta all’epoca della Lega di Umberto Bossi. La storia della Valcamonica si ripropone in versione estesa alla Lombardia: il congresso è atteso da circa 8 anni, ma non viene celebrato.

Il motivo della scarsa attenzione alla democrazia interna è legato alle divisioni nel partito, che sono molto più profonde di quanto non venga raccontato. Laddove ci sono le competizioni interne per i ruoli apicali, si manifesta la spaccatura. In Toscana, alla fine del 2023, c’è stato il congresso per la segreteria regionale tra il sindaco di Montecatini, Luca Baroncini, e l’ex segretario provinciale di Livorno, Luca Tacchi. Il divario è stato di poco più di 200 voti.

Salvini si fa forza della cerchia dei fedelissimi. Nelle regioni del Nord i leader regionali non si sognano di scalfirlo. I deputati Fabrizio Cecchetti in Lombardia e Alberto Stefani in Veneto sono la sua blindatura, completata da Edoardo Rixi in Liguria. In Piemonte i rapporti non sono più idilliaci con il capogruppo a Montecitorio, Riccardo Molinari, che non ha mai davvero smaltito la delusione di non essere stato indicato come presidente della Camera. Ma alla fine, nel vuoto di competitor interni, resta al fianco del segretario.

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