Il rendiconto dell’esercizio 2019 del Popolo della libertà ci informa che «non si segnalano novità riferite alla causa con Alleanza nazionale». Per qualche generazione di giovani italiani, ma soprattutto per tutti coloro che non hanno particolare dimistichezza con le vicende politiche del nostro paese, si tratta di una frase che non ha alcun senso.

Più facile, forse, ricordare che c’è stato un tempo in cui la destra italiana era guidata da Gianfranco Fini, l’uomo che aveva abbassato la fiamma del Movimento sociale italiano per attirare, con Alleanza nazionale, quelli che fino a quel momento avevano temuto di rimanere bruciati. Meno che lo stesso Fini, dopo varie peripezie, aveva deciso di stabilizzare la propria alleanza con Silvio Berlusconi dando vita a un partito unico che, per l’appunto, si chiamava Popolo della libertà.

Ufficialmente il Pdl ha cessato la propria attività nel novembre del 2013. Ma strascichi di quella vicenda arrivano fino a oggi. E viene quasi da sorridere pensando che giusto venerdì Matteo Salvini ha deciso di rilanciare il tema dell’unità del centrodestra proponendo la creazione di un gruppo parlamentare unico composto dai deputati e dai senatori di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia e dei micro partiti che gravitano in questa area. Sarebbe, nelle intenzioni di Salvini, il primo passo verso una federazione di centrodestra e la risposta a Pd e M5s che «ai loro tentativi di dividerci».

Provaci ancora, Sam

L’idea di ricompattare e semplificare il quadro politico non è nuova. Chiusa la stagione della dicotomia Dc-Pci, che pure aveva lasciato spazio ad altre forze politiche, in tanti hanno cercato di raccogliere l’eredità del grande partito popolare di massa capace di rappresentare la maggioranza degli italiani.

E lo hanno fatto ricorrendo ad alchimie politiche più o meno efficaci. A oggi l’unico modello di fusione a freddo vagamente funzionante sembra essere quello del Pd. Ed è tutto dire.

Berlusconi, padre e padrone del centrodestra per oltre vent’anni, ci ha provato in qualsiasi modo. Nel 1994 la formula era quella del Polo delle libertà (Lega e Forza Italia) affiancato al Polo del buon governo (Forza Italia e An). Due anni dopo era già Polo delle libertà (An, Ccd, Cdu). Nel 2000 è arrivata la Casa delle libertà e nel 2008 il Popolo delle libertà.

Un elenco di fallimenti accompagnato da scissioni, polemiche e scontri che, come ci informa il rendiconto dell’esercizio 2019 del Pdl, hanno avuto anche risvolti giudiziari.

Il presente, con l’esistenza di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia è la prova che nel centrodestra la strada dell’unità è lastricata perlopiù di buone intenzione. E forse non è un caso.

Il berlusconismo è vissuto e prosperato sulla personalizzazione della politica e sull’idea dell’uomo forte al comando. Un Saturno che nel tempo ha divorato i suoi figli e Forza Italia.

La Lega di Salvini, ma anche i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni sono un’estensione di quel modello. Difficile pensare che possano accettare di cedere sovranità amalgamandosi in un soggetto unico.

Chi guiderebbe il fantomatico “gruppone”? A chi spetterebbero poltrone e ruoli di responsabilità? E le risorse? Come verrebbero ripartite?

Logica vorrebbe che il peso maggiore venisse attribuito al partito più rappresentato. Ma i recenti sondaggi mostrano che mentre la Lega continua a perdere consensi, FdI cresce e anche Forza Italia, dopo la recente svolta filogovernista, è tornata sopra il 7 per cento.

Difficile pensare che tutto questo voglia e possa essere sacrificato sull’altare del salvinismo. Non a caso gli alleati hanno accolto con una certa riluttanza l’idea di un progetto federativo.

Viene quindi da pensare che quella di Salvini sia una mossa tattica. Un modo per cercare di attrarre a sé il resto del centrodestra ed evitare che Berlusconi o Meloni possano muoversi autonomamente riconquistando consensi.

L’idea di mostrarsi più forti, compatti e, per questo, maggiormente capaci di raccogliere e rispondere alle esigenze dei cittadini in un momento difficile del paese, è un ottimo paravento dietro al quale nascondere le proprie ambizioni personali.

Compresa quella di mostrarsi all’estero come il leader responsabile che Salvini evidentemente non è. Eppure proprio lui, che è nato nel 1973 e non nel terzo millennio, dovrebbe ricordarsi di una celebre gag di Corrado Guzzanti che, ironizzando sull’idea della Casa delle libertà, la descriveva come una casa in cui ognuno faceva un po’ quello che voleva. La storia del 1994 a oggi ci insegna che è proprio così.

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