Gennaro Sangiuliano «detto Genny» è capolista di Fratelli d’Italia alle elezioni regionali della Campania nella circoscrizione di Napoli e provincia. La lista del partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata la prima a essere consegnata – c’è tempo fino a mezzogiorno di oggi – per altro con un piccolo errore (parrebbe) di trascrizione che ha aumentato l’età del giornalista di appena cent’anni: invece del 1962, suo anno di nascita, è stato scritto 1862. Grazie a una correzione in velocità l’errore è stato sanato e l’ex ministro della Cultura è ufficialmente in corsa. Sua avversaria, nelle liste di Alternativa popolare di Stefano Bandecchi, è Maria Rosaria Boccia, candidata non da capolista nelle circoscrizioni di Napoli, Caserta e Salerno.

Dalla Rai filtra che tutte le autorizzazioni necessarie sono state chieste per tempo e, a questo punto, per un mese Sangiuliano non lavorerà né percepirà lo stipendio. Dovesse essere eletto, il prossimo 24 novembre scatterà l’aspettativa che potrebbe addirittura accompagnarlo alla pensione, visto che il giornalista ha 63 anni e – se la legislatura arrivasse in fondo – non tornerebbe più in Rai.

Ma non sarà un’impresa facile. Sangiuliano, ufficialmente, gode dell’appoggio di FdI e delle sorelle Meloni, ma non ha voti propri e il partito, soprattutto in caso di sconfitta, eleggerà pochi consiglieri. Così in molti si domandano: perché gli altri candidati in lista dovrebbero sacrificarsi per lui? Certo, l’averlo scelto come capolista, è comunque un segnale chiaro, basterà?

Intanto l’intera vicenda, già ampiamente criticata da opposizioni e sindacato interno all’azienda, ha fatto storcere il naso anche al presidente dell’ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli. Raggiunto da Domani, spiega che «un giornalista ha il diritto di candidarsi come qualsiasi altro cittadino. Trovo però del tutto inopportune le porte girevoli, soprattutto per chi si occupa di politica. Sarebbe preferibile che chi fa questo tipo di scelte poi venga destinato a servizi di tutt’altro carattere».

Insomma, l’impiego dell’ex ministro di un governo come corrispondente presso una cancelleria con cui quell’esecutivo ha rapporti strettissimi apre più di un conflitto d’interessi. «Passare dalla politica alla cronaca politica e poi tornare alla politica non è appropriato per chi fa questa professione ed è anche lesivo dell’immagine di indipendenza e terzietà che dovrebbe dare, soprattutto se si tratta di un giornalista del servizio pubblico».

Nel frattempo, l’ancora dipendente del servizio pubblico ha avviato la sua campagna elettorale: dopo l’evento di apertura a Palma Campania, è passato a Boscoreale insieme al ministro Francesco Lollobrigida, il candidato Edmondo Cirielli e Coldiretti, mentre ieri ha partecipato a un incontro al centro studi La contea di Napoli per portare le sue priorità: «Sicuramente rafforzare l’identità culturale della Campania, non solo all’interno della nostra Nazione ma anche nel contesto internazionale».

La questione privacy

Parallelamente corre la vicenda della sanzione del Garante della privacy inflitta a Sigfrido Ranucci e al suo Report per aver diffuso le conversazioni private tra Sangiuliano e sua moglie relative alla vicenda di Maria Rosaria Boccia. I 150.000 euro di multa, secondo il conduttore, sarebbero la prova del fatto che la maggioranza avrebbe armato l’authority per colpire il programma d’inchiesta a una sola settimana dall’esplosione della bomba davanti a casa sua. A difesa della decisione il meloniano Costanzo Della Porta, che tira in ballo altri episodi in cui il garante avrebbe deciso “contro” FdI, «come, ad esempio, per il caso dell’inchiesta di Fanpage su Gioventù nazionale».

Ma anche il sindacato Usigrai e l’ordine dei giornalisti vogliono saperne di più. «Sangiuliano aveva fornito in un’intervista al Tg1 una versione diversa da quella che l’ascolto della conversazione tra lui e la moglie permetteva di ricostruire e, pertanto, ai fini giornalistici e del diritto/dovere di informare non può che considerarsi essenziale l’ascolto della conversazione stessa» scrive il sindacato in una nota. «Non si capisce dunque, senza conoscere le motivazioni, a quali principi si sia affidato il Garante per comminare la multa alla Rai e, in sostanza, per sanzionare il lavoro che i giornalisti svolgono proprio nell’interesse pubblico».

Sulla stessa lunghezza d’onda l’ordine del Lazio, a cui appartengono sia Sangiuliano sia Ranucci. La decisione «meriterebbe ulteriori approfondimenti, soprattutto alla luce di un’altra deliberazione presa praticamente in contemporanea su un altro procedimento riguardante lo stesso ricorrente: quella di dichiarare infondato il reclamo di Sangiuliano nei confronti di alcune testate giornalistiche per il contenuto di articoli che avrebbero violato la propria sfera personale e privata» si legge in un comunicato. Il conduttore, per altro, sulla stessa vicenda è stato chiamato in causa davanti al Consiglio di disciplina dell’ordine, che ha deciso di archiviare la vicenda.

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