L’ultima volta che Fiorella Mannoia ha calcato il palco dell’Ariston, sette anni fa, è arrivata seconda, battuta da Francesco Gabbani e dalla sua Occidentali’s Karma. Allora Mannoia cantava il suo inno alla vita, Che sia benedetta: «Per quanto assurda e complessa ci sembri la vita è perfetta». I due si ritroveranno venerdì, nella serata dei duetti.

Quella del 2024 sarà per lei la sesta volta a Sanremo, alla ricerca di una vittoria che le è sempre mancata. Anche ai tempi di Quello che le donne non dicono, che è arrivata solo ottava nel 1987.

Quella canzone vinse il premio della critica, impresa che ha ripetuto l’anno successivo con Le notti di maggio, scritta per lei da Ivano Fossati. A dire il vero, tutte le canzoni portate a Sanremo sono poi diventate dei classici del suo repertorio: nel 1981 Caffè nero bollente e nel 1984 Come si cambia.

Può vincere?

C’è chi ha scritto la sua missione ora, con Mariposa, sia di dimostrare di sapere reggere ancora il confronto con le nuove regine delle classifiche, come Annalisa e Angelina Mango. In realtà, Mannoia ha sempre cercato di unire le cantanti, non di competere con loro, cercando missioni comuni per cui combattere, al di là delle proprie caratteristiche.

E poi fa parte di una generazione a cui importava innanzitutto interpretare una canzone, per raccontare una storia che potesse diventare una colonna sonora per chi l’ascoltava, che durasse nel tempo più di una hit estiva.

Per questo piace tanto alla critica e per questo può ambire per la terza volta a quel premio, oltre che al podio nella classifica generale. Dovrà vedersela con un’altra grande donna, che alla vigilia i giornalisti davano già per favorita: Loredana Bertè.

Chi è Fiorella Mannoia

ANSA

Fra le battaglie di Fiorella Mannoia c’è quella contro la violenza sulle donne. Lo scorso autunno l’evento per Una, nessuna, centomila è stato annullato, perché la cantante era bloccata a letto per l’ernia al disco.

A quel concerto avrebbero dovuto partecipare anche altre tre cantanti che stanno a Sanremo – Annalisa, Emma e Alessandra Amoroso – ma comunque si terrà a maggio, all’Arena di Verona.

È la dimostrazione di come, dopo una vita per la musica, Mannoia abbia deciso di usare fama ed esperienza a servizio degli altri, per diventare ancora una volta un simbolo. Come a Bologna, qualche mese fa, quando ha cambiato un verso di Quello che le donne non dicono, per dichiarare l’importanza del consenso, dato o negato.

Ma in fondo Mannoia è sempre stata, volente o nolente, un simbolo: da quando sfidava i pregiudizi del mercato discografico italiano, diventando una delle più importanti voci femminili, mentre gli interpreti erano soprattutto maschi.

Tutto questo si ritrova anche in Mariposa, il nuovo inno per il riscatto femminile.

La cascatrice

È ingiusto riassumere una carriera di questo peso in poche parole, fra tanti classici che sono diventati patrimonio della musica italiana. Bisognerebbe citare le canzoni, come – solo per nominarne una – Il cielo d’Irlanda, scritta da Massimo Bubola nel 1992.

Mannoia ha iniziato nel mondo dello spettacolo seguendo le orme del padre Luigi che faceva lo stuntman, o meglio: il “cascatore”, come si diceva allora.

Anche lei, come la sorella Patrizia e il fratello Maurizio Stella, ha iniziato nel mondo del cinema facendo la controfigura e recitando in qualche spaghetti-western.

A Sanremo

Poi nel 1968 ha debuttato a Castrocaro, grazie al quale ha ottenuto il primo contratto discografico. Dopo i primi successi, è negli anni Ottanta che ha rinsaldato il suo successo.

Nel 1980 ha duettato con Pierangelo Bertoli nel Pescatore, altra canzone che si deve citare, anche in una biografia così stringata.

Ma è proprio Sanremo che l’ha resa immortale, in una sequela successi che ora potrebbe aggiungere un altro tassello. Qualsiasi sia il posto nella classifica della finale di sabato.

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