«Michele? Lo invito a combattere con noi. È una grande risorsa unitaria, sarebbe un grande playmaker di un terzo polo di sinistra, pacifista e ambientalista, con noi dell’Unione popolare, con i Cinque stelle di Giuseppe Conte e magari anche con Sinistra italiana, a cui chiedo di riflettere prima di allearsi con il Pd». L’ex sindaco di Napoli Luigi de Magistris è impegnato a chiudere le liste della sua nuova creatura di sinistra-sinistra, battezzata sulla falsa riga della francese Nupes – la melenchoniana Nouvelle Union Populaire Écologique et Social – e nata da un ritorno di fiamma fra Prc e Potere al popolo (le due formazioni si sono già candidate insieme nel 2018, hanno raccolto poco più dell’uno per cento, poi hanno divorziato) a cui si è aggiunto DeMa, il movimento che si chiama come il suo leader.

Per correre, Up dovrà raccogliere una valanga di firme, entro il 22 agosto, sulle liste dei candidati in tutti i collegi: 36mila 750 per la Camera e 19mila 500 per il Senato. Una missione proibitiva per cui ha elevato formale protesta presso il Quirinale, per ora senza esito. I banchetti partono lunedì. Ma prima, entro il 14 agosto, c’è il deposito dei simboli elettorali, e la dichiarazione formale delle alleanze. De Magistris sarà «il capo politico» della lista. E per lui imbarcare Michele Santoro, che da tempo promette di mettere su un «partito pacifista», sarebbe un colpaccio.

L’appello a Michele

L’ex sindaco ha letto ieri su Repubblica che Santoro è «disponibile» a dar vita a un partito pacifista, ma dopo il voto. Prima, non intende «fare il candidato indipendente senza un progetto che guardi al futuro. Serve un partito che non c’è e che non c’è mai stato». Per Santoro il Pd «non ha più nulla a che vedere con la sinistra, è un partito moderato specializzato nella gestione del potere». Demagistrismo in purezza.

Sarebbe bello, spiega il conduttore tv, «ci fosse spazio per una lista per la pace», a partire «da chi ha partecipato alla serata “Pace proibita” al teatro Ghione» (il 3 maggio, la kermesse contro l’invio delle armi in Ucraina, più qualche svarione filoputiniano). Ma allora, si chiede de Magistris, perché intanto Michele non scalda i muscoli dando una mano all’Up?

Per de Magistris «Michele ha il carisma e la storia per spingere un fronte inclusivo, da noi al M5s a Sinistra italiana». Va detto che, al di là delle dichiarazioni, fra Santoro e Giuseppe Conte non c’è troppa simpatia. Per de Magistris «Conte deve decidere, se ha voglia di cambiare rotta dovrebbe accelerare con noi. Si creerebbero tre poli: una destra-centro, un centro pro Draghi e pro guerra, rilevante ma litigiosossimo, di cui Letta è l’azionista di maggioranza; e poi noi, un polo di sinistra, ambientalista, per i diritti civili e la pace. Noi ci siamo, ma sarebbe meglio non fossimo solo noi. Conte smetta di tentennare, sia audace, abbia coraggio, o finiremo per indebolirci a vicenda».

Santoro, con prudenza, resta alla finestra. Nel pomeriggio su Facebook quasi smentisce l’intervista di Repubblica: «Il partito che non c’è esiste e non c’è bisogno che lo fondi. Se diventerà un’esigenza diffusa verrà presto alla luce».

Chi lo ha sentito assicura che in campagna elettorale non esploderà fuoco amico contro il Pd e i suoi alleati. Tanto il «partito che non c’è», ammesso che prima o poi ci sarà davvero, ha tempi lunghi, anche se il suo collega e sodale Guido Ruotolo annuncia «una piattaforma e un’associazione che dovrà nascere a fine agosto». Si intravede, nella nebbia, una prospettiva lontana verso le Europee del 2024. E poi dovrebbe fare i conti con tanti osti. Tutti pacifisti ma tutti diversi.

Pacifisti poco pacifici

Potere al popolo per esempio è prudente su Santoro e invece contrario all’alleanza con Conte. «Primo», viene spiegato, «ha già detto che va da solo. Secondo: ha fatto cadere il governo Draghi ma non ha fatto autocritica sul perché lo ha fatto nascere. Ha firmato i decreti Salvini contro gli immigrati. Ha fatto un governo con il Pd e non ha ammesso di aver sbagliato: insomma non si è distaccato in maniera chiara dal recente passato».

Anche dal lato di Rifondazione comunista c’è ormai scetticismo verso quelli che de Magistris ancora invita nel “terzo polo”. «Se Fratoianni e Bonelli vogliono la coalizione con i draghiani (e deglutiscono pure Calenda) è perché Letta ha garantito tre collegi uninominali sicuri», ragiona Maurizio Acerbo, segretario Prc. Ce n’è anche per l’avvocato del popolo: «Se Conte pensa, dopo essersi alleato con tutto il peggio, di rispolverare la presunta purezza non alleandosi con Up vuol dire che fa una scelta politica», dunque «quando vi domandano perché in Italia non c’è una Nupes come in Francia con Mélenchon rispondete di chiamare Conte, Bonelli e Fratoianni».

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