Tutti e tutte a casa dalle 22. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte fa sapere di aver segnato un punto a proprio favore nel testo del nuovo Dpcm atteso fino alla tarda serata di ieri, quasi a volersi nascondere dietro il paravento della nottata delle elezioni americane. Lui avrebbe aspettato qualche giorno in più per le nuove strette. Ma scienziati e presidenti di regione hanno voluto anticipare perché la progressione del contagio stava diventando «impetuosa», come ha detto lo scorso giovedì il commissario straordinario Domenico Arcuri quasi a dare una scossa a palazzo Chigi. Quindi ieri Conte ha imposto che il coprifuoco non partisse dalle 18, come chiedeva l’ala prudente del governo capitanata dai ministri Pd, ma dalle dieci di sera. Le altre misure sono – quasi tutte – quelle illustrate dal premier nella giornata di lunedì alle camere.

Il concorso è precario

Non proprio tutte. Nel tardo pomeriggio il mondo della scuola vive un colpo di scena. La bozza del provvedimento sospende tutti i concorsi pubblici, a eccezione di quello della sanità. Letteralmente è prevista la «sospensione dello svolgimento delle prove preselettive e scritte delle procedure concorsuali pubbliche e private e di quelle di abilitazione all’esercizio delle professioni, a esclusione dei casi in cui la valutazione dei candidati sia effettuata esclusivamente su basi curriculari ovvero in modalità telematica ovvero in cui la commissione ritenga di procedere alla correzione delle prove scritte con collegamento da remoto, nonché a esclusione dei concorsi per il personale sanitario». Salta dunque il concorso ordinario per docenti, che stava per iniziare. Ma resta in bilico anche quello straordinario, su cui la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina sin dalla scorsa primavera, in piena prima ondata della pandemia, ha combattuto una guerra santa. Mettendosi contro precari e sindacati e contro anche una buona parte della sua maggioranza. Costringendo il premier Conte a chiudere un accordo a palazzo Chigi pur di salvare la sua ministra. Per qualche ora il ministero dell’Istruzione si chiude nel silenzio. Poi fa sapere: «La sospensione del concorso straordinario è possibile. Il 60 per cento dei candidati ha già fatto le prove e quelle potranno comunque essere corrette. Poi alla prima finestra temporale utile verrà ripreso e chiuso». Ma chissà quando. È comunque uno smacco per la ministra che lo aveva fortissimamento voluto, sfidando i contagi e il buon senso. Nella riunione con i capidelegazione il Pd si schiera per la sospensione del concorso: più di 64mila prof precari in questi giorni e fino al 16 novembre si stanno spostando da una città all’altra per sostenere le prove dentro istituti spesso chiusi. Molti di loro – settemila secondo il sindacato Uil – non hanno potuto sostenere le prove a loro dedicate perché quarantenati o in isolamento. Alla fine resta sola a difenderlo la ministra della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone. La scuola è percorsa anche da altri malumori. I presidi sono contrari alla didatttica digitale integrata (ex dad, didattica a distanza) al 100 per cento per le scuole superiori che il nuovo Dpcm impone. Il presidente Conte li ascolta e concede la possibilità delle lezioni in presenza alla «didattica speciale» e ai laboratori. I comitati di «Priorità alla scuola» sono contrari alla scuola che «torna a casa» e minacciano comunque proteste.

Sulle spalle di Speranza

Ma il vero oggetto misterioso del nuovo provvedimento è il meccanismo «automatico» in base al quale le regioni saranno dichiarate a alto, medio e basso rischio. Una volta definito è il ministro della salute Roberto Speranza a firmare l’ordinanza, «sentiti i presidenti delle regioni interessate», «sulla base del monitoraggio dei dati epidemiologici» secondo le tabelle del documento «Prevenzione e risposta a Covid-19», quello che delinea i famosi quattro scenari. Il ministro della Salute, con frequenza «almeno» settimanale verifica la situazione delle regioni, e le sue ordinanze sono efficaci «per un periodo minimo di 15 giorni». In una regione che viene dichiarata ad alto rischio sarà vietato ogni spostamento in entrata e in uscita, salvo che per «comprovate» esigenze lavorative o motivi di salute. Niente spostamenti con mezzi pubblici o privati in un comune diverso da quello di residenza. Chiusi bar e ristoranti e consentita solo la ristorazione a domicilio.

E così si capisce perché i presidenti delle regioni alla fine hanno ceduto sovranità e prerogative che pure avevano. Anche ieri, quando sono stati consultati per l’ok finale dopo la riunione fra il governo e i capidelegazione dei partiti di maggioranza. Perché la firma del ministro consentirà ad alcuni di loro di fare la loro propaganda contro le imposizioni dello stato centrale cerbero. I dati saranno certificati dalla «cabina di regia», formato da direttori generali del ministero della Salute, rappresentanti dell’Iss e tre inviati delle regioni. Un organismo «tecnico» a cui spetta di validare i dati e trasmetterli alle regioni. Che poi dovranno prenderne atto. Ma che tutto il meccanismo sia a rischio di contestazione lo si capisce anche da una nota dell’Iss: «A noi non spetta la decisione delle misure. L’Iss in quanto organo tecnico-scientifico del servizio sanitario nazionale, sta effettuando dall’inizio della pandemia una costante e complessa sorveglianza epidemiologica e una valutazione del rischio settimanale in continuo raccordo con le regioni. La valutazione viene discussa ed approvata dalla cabina di regia». Alla fine sarà il ministro Speranza a fare la parte del cattivo in questa storia di presidenti poco coraggiosi, da palazzo Chigi alle regioni. Giornataccia per il ministro. Proprio ieri il suo (ex) editore Feltrinelli ha annunciato il ritiro definitivo e la messa fuori catalogo del suo libro Perché guariremo, evidentemente scritto e ideato quando la ripresa furibonda della pandemia non era visibile all’orizzonte dei ministri del governo Conte.

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