La destra vince al primo turno in due grandi città, Latina e Treviso, ma Brescia resta solidamente a sinistra, dunque l’effetto Meloni – temuto o auspicato, a seconda dei gusti – non è arrivato. Nella tornata di amministrative di ieri e domenica, primo vero test per la maggioranza di governo e per la leader del Pd, non si è alzato quel vento che la premier ha provato a far soffiare da palazzo Chigi verso le quasi seicento città al voto, per quasi cinque milioni di persone che potevano votare (il quaranta per cento delle quali non l’ha fatto).

Meloni manca il colpaccio

I risultati veri si vedranno ai ballottaggi del 28 e 29 maggio. Ma intanto il primo turno non dà grandi soddisfazioni alla premier. Che si è spesa molto, sapendo di giocarsi una partita di immagine importante, oltreché alcune amministrazioni cruciali. E il risultato magro è cocente proprio per lei, al di là delle dichiarazioni ufficiali dei suoi sulle singole vittorie. Perché arriva dopo un weekend di grande esposizione mediatica della presidente del Consiglio: le tv e i siti hanno rilanciato a loop le (incredibili) immagini di Meloni vestita di bianco accanto a papa Francesco, e quelle accanto al presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, sabato in visita ufficiale a Roma. Le premesse per fare il botto c’erano, per la leader di Fratelli d’Italia. E invece, quando ancora è presto per fare i conti dei voti delle liste, al primo turno il fatto politico è che il centrodestra non acciuffa il risultato sperato.

Regge bene invece il Pd di Elly Schlein, peraltro in una competizione in cui partiva abbondantemente svantaggiato: nelle tredici città più grandi che andavano al voto (un capoluogo di regione, Ancona, e dodici capoluoghi di provincia), doveva provare a tenere i quattro comuni che governava (Ancona, Brescia, Teramo, Brindisi), e cercare di riaprire la partita nelle otto città guidate dalla destra (Sondrio, Treviso, Vicenza, Imperia, Siena, Pisa, Massa, Terni).

Risultato è insperato per il Pd. Perché se è vero che Treviso resta a destra e Latina torna a destra, e a Terni il candidato non entra neanche al secondo turno, a Brescia la sinistra tiene, e tiene benissimo, tanto che dal Pd già a metà scrutinio si parla di vittoria «straordinaria»: è sindaca al primo turno la candidata Laura Castelletti, ex vice del popolarissimo Emilio Del Bono (eletto nel frattempo consigliere regionale), sostenuta da Pd e Terzo polo ma anche Sinistra italiana, Europa verde e +Europa). Viene respinto nettamente il tentativo delle destre unite di fare il colpaccio. Meloni, Salvini, Tajani e Lupi avevano chiuso qui la campagna elettorale, a testimonianza dell’investimento della coalizione in quella città lombarda.

In quella stessa formazione, giorni prima, si erano presentati a Ancona, chiedendo ai cittadini (e agli imprenditori) di allineare «la filiera» e cioè di allineare il capoluogo alla regione-laboratorio di Fdi: ma non hanno chiuso la partita. Se ne vedrà l’esito al ballottaggio fra Daniele Silvetti e Ida Simonella, ex assessora della sindaca uscente e stimatissima Valeria Mancinelli. Qui più che altrove il campo del centrosinistra si presentava diviso: Pd e Terzo polo insieme, una manciata di altri candidati ciascuno per proprio conto. Al secondo turno, sulla carta, non ci sarebbe partita. Ma le divisioni e le alleanze variabili da questa parte sono la vera – e sconsolante – cifra di questa tornata, forse bisognerebbe dire l’handicap. E lo specchio delle distanze a livello nazionale.

Il sogno della Toscana rossa

Se a Latina sfuma il sogno del terzo mandato di Damiano Colletta – i primi due sono stati un miracolo, in una città tradizionalmente orientata a destra, in cui la coalizione si è riunita e ha chiuso subito la partita della candidata Matilde Eleonora Celentano con una valanga di voti – il Pd riesce invece nell’obiettivo che stava a cuore alla segretaria: la possibilità di giocarsi al ballottaggio la guida di Siena e (più incerta) Pisa, le due città toscane già cadute in mano alla destra. Se tornassero a sinistra, Schlein potrebbe vantare l’inversione di quella che sembrava una tendenza irresistibile.

E dopo il primo turno, non è impossibile. A Siena Anna Ferretti, sostenuta da Pd e Sinistra italiana, è avanti rispetto a Nicoletta Fabio, e al secondo giro proverà a convincere gli elettori civici di sinistra che hanno regalato a Fabio Pacciani un risultato a due cifre. A Pisa Paolo Martinelli (centrosinistra più M5s) tallona da vicino Michele Conti, candidato di destra, in vantaggio. Teramo, dove si presentava una coalizione giallorossa (Pd e M5s) resta a sinistra; a Brindisi la stessa coalizione, ma con il sindaco uscente andato per fatti suoi, si guadagna il ballottaggio ma fatica a stare dietro al candidato della destra.

La coalizione fra Pd e il Terzo polo nelle grandi città va forse meglio del previsto: oltre ai risultati di Ancona e Brescia, va segnalato l’exploit Giacomo Possamai, giovane talentuoso già pupillo di Enrico Letta, che supera l’avversario Francesco Rucco.

La cattiva notizia per tutti, maggioranza di governo e opposizione, è l’affluenza che va giù. Nei 595 comuni al voto è andato a votare il 59,03 per cento, contro il 61,22 della scorsa volta, con un calo del 2,19 per cento.

Nei capoluoghi, solo a Siena il dato dello scorso turno viene confermato, anzi aumenta di un soffio (63,82 per cento rispetto al precedente 63,08). Non è un crollo, ma non è affatto un buon segno, né per Schlein né per Meloni.

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