Il M5s sforna candidati: Conte mette a frutto la linea unitaria di Schlein

Un passo avanti in una situazione complessa. La disponibilità di Pasquale Tridico a prendere in mano i destini del centrosinistra calabrese sembra aver rilanciato il «campo fertile» (copy Giuseppe Conte) del centrosinistra nella regione meridionale. E, a taccuino chiuso, qualcuno mostra anche un certo ottimismo. Dacché infatti la corsa contro il presidente uscente, Roberto Occhiuto, veniva data per persa – tanto che Tridico inizialmente aveva tentennato, arrivando a far passare ben 15 giorni prima di aprire la sua campagna elettorale – ora le fragilità del centrodestra in Calabria sembrano aprire scenari impensabili. «Già soltanto il fatto di candidare Tridico funzionerà da catalizzatore per qualche astensionista e soprattutto per i simpatizzanti Cinque stelle, che altrimenti non si sarebbero mobilitati» dice chi conosce bene il territorio. Dopo una call tra i leader andata in scena ieri mattina, l’ex presidente dell’Inps, attuale europarlamentare M5s, ha ottenuto il via libera dei partiti. L’ufficialità dovrebbe arrivare dopo la riunione tra i rappresentanti territoriali in programma domani mattina. Ma i giochi, fanno capire sia dalle parti del Pd sia in casa Cinque stelle, sono ormai fatti. Le regionali possono essere la svolta del centrosinistra Praterie inattese E Tridico, oltre a essere un candidato accettabile anche per Italia viva (Azione invece tiene le distanze, sulla falsariga della rottura che si è consumata in Toscana), è l’uomo del reddito di cittadinanza. E, anche sull’onda lunga dell’esperimento della giunta Giani, che ha reintrodotto la misura assistenziale a livello regionale, c’è già chi immagina un bis in Calabria. Nel frattempo Occhiuto non sembra più l’avversario imbattibile di qualche settimana fa, quando ha scelto di dimettersi per ricandidarsi. Ieri ha lasciato il posto di commissario regionale per la Sanità: il fatto che abbia finalmente rinunciato a un incarico che avrebbe potuto rappresentare un ostacolo alla sua corsa non cancella, però, i dubbi della coalizione del centrodestra. Anche venisse rieletto, c’è chi teme che, dopo quelle che lo hanno coinvolto in questi mesi, possano emergere nuove vicende giudiziarie che lo mettano in difficoltà. I suoi modi accentratori, poi, hanno creato malumori tra gli alleati. E in coalizione c’è già chi prende le distanze da un cavallo potenzialmente perdente. Tanto che alcuni candidati consiglieri hanno cominciato la loro campagna elettorale con santini elettorali privi del nome del candidato presidente. Come alternative nel centrodestra circolano i nomi della sottosegretaria Wanda Ferro – segnalata nei giorni scorsi sul territorio per una visita al carcere di Laureana assieme al sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro – e quello del neosottosegretario al Sud, Luigi Sbarra. Travagli dem Dalle parti del Pd, nel frattempo, segnalano come si stia imponendo la linea unitaria della segretaria Elly Schlein e, dove si riesce, si mette in campo la coalizione più ampia possibile. Dalle parti del M5s, invece, si continua a essere allergici alla prospettiva di un’alleanza organica. La possibilità di incassare, oltre alla Calabria, anche la candidatura di Roberto Fico in Campania, è a un passo. Qualcuno sogna anche una maggiore considerazione del M5s in Puglia sull’onda delle divisioni nel Pd. Ma a domanda diretta si rimanda agli alleati: «Citofonare casa Pd. Devono capire loro come risolvere le cose con Vincenzo De Luca e Michele Emiliano». Così, mentre Giuseppe Conte può comodamente godersi la pausa estiva, i mediatori dem sono al lavoro per trovare la quadra che permetta ai candidati designati di avere la benedizione dei presidenti di regione uscenti. Due De Luca anziché uno: no della sinistra dem che minaccia lo strappo D’altra parte, se non puoi batterli, meglio scendere a patti con i “cacicchi”, è il ragionamento che filtra. Così, dopo aver visto correre nelle ultime amministrative anche volti non proprio prossimi a lei (Andrea Orlando, Silvia Salis, Michele Depascale e Stefania Proietti), la segretaria si prepara a sponsorizzare un’altra tornata di candidature non identitarie. Ovviamente quelle di Roberto Fico e Pasquale Tridico, ma anche le corse degli ex renziani Eugenio Giani e Matteo Ricci, o la partita di Antonio Decaro, cresciuto all’ombra di Emiliano. Per non parlare del programma elettorale in Toscana, già bollato da Carlo Calenda come «scritto dalla senatrice Taverna». Luigi Zanda: «Trump ventriloquo di Putin, se l’Europa si piega, è finita» E a chi fa notare le tante concessioni fatte dalla segretaria, la risposta è lapidaria: «Il Pd è uno solo». Lei, Schlein, in questo momento preferisce occuparsi di cose ben più importanti, come le contraddizioni della premier Giorgia Meloni che ieri ha interrotto il suo silenzio sui piani di occupazione di Gaza: «Quello che non dice è quello che ci si aspetta dalla presidente del Consiglio: quali azioni immediate e concrete intende intraprendere il governo italiano per fermare Netanyahu». Certo, la disponilità dem è un’arma a doppio taglio per Conte. Che ottiene candidati presidenti, ma si espone anche al giudizio degli elettori in maniera più evidente della leader Pd (di chi sarà la colpa se i suoi uomini dovessero perdere?) Intanto, di tornata in tornata, cerca nuovi modi per far ballare i compagni di alleanza non organica. Dai voti online chiesti alle comunità regionali «dilaniate», come ha detto Conte, per legittimare il sostegno al candidato Pd in Toscana alla conferenza stampa in cui, dopo una lunga valutazione, ha concesso il via libera a Ricci. Salvo sottoporre anche questo nome al giudizio dei 2.474 iscritti marchigiani (solo 783 hanno ritenuto di esprimersi). Un pronunciamento che offre un alibi per non perdere la faccia. E magari portare a casa qualche ottimo risultato, insperato.