«Roberto Gravina è un ottimo candidato, stiamo spingendo molto sulla nostra proposta. C’è stata una grande partecipazione ai nostri eventi». Sono le ultime ore di campagna elettorale anche per Vittorino Facciolla, segretario del Pd del Molise. Se non fosse arrivato l’accordo con i Cinque stelle, sarebbe stato lui il candidato presidente del suo partito. E invece si è generosamente messo a disposizione della coalizione e del front runner grillino, sindaco di Campobasso, che ieri ha scritto una lettera agli elettori: «È ora di scrivere un’altra storia». Le stesse parole dette poco prima da Elly Schlein.

Si vota domani e lunedì. Ci credono. Ma sono consapevoli di andare controvento. «Il governo nazionale ha investito tanto qui, sono arrivati ministri, sottosegretari, deputati», racconta Facciolla. A sinistra si sono visti in meno: ma intanto giovedì in regione c’erano sia Elly Schlein sia Giuseppe Conte, immortalati con il rossoverde Nicola Fratoianni e lo stesso Gravina in un bar del capoluogo. «Il patto della limonata», lo ha definito con disprezzo Matteo Renzi, «prenderanno una scoppola».

Dispiace per il mancato comizio comune? «Ma no, intanto sono stati insieme e hanno parlato», risponde Facciolla, «e poi noi ci siamo distribuiti perché dovevamo occupare più piazze. Mentre Conte era a Campobasso, Elly era a Termoli». Ieri a Campobasso la coalizione ha chiuso la campagna elettorale. In una situazione un po’ paradossale. Gravina è il sindaco della città e lì il Pd è all’opposizione.

Tutto normale? Facciolla si scalda: «Siamo all’opposizione da quattro anni ma adesso siamo in una fase politica tutta diversa. Per la regione c’è una legge elettorale che ci obbliga a fare famiglia prima, ma quest’obbligo si è trasformato in un’opportunità perché abbiamo trovato un accordo programmatico chiaro. Ci siamo trovati su tutto, la distanza si è di fatto azzerata».

Quindi passerete in maggioranza a Campobasso? «Intanto spero che Gravina da martedì sia presidente della giunta, poi non abbiamo bisogno di occupare poltrone, ma di sicuro ci sarà un’attenzione nuova al comune. Ma ora stiamo giocando un’altra partita. Mancano poche ore al voto. Il problema è la posizione del Pd a Campobasso? Non me ne vogliano i campobassani, ma non credo che sia essenziale per indurli a votare».

E chi lo sa. «Ma perché non parliamo delle contraddizioni della destra? Hanno ripresentato tutti gli uscenti tranne il presidente Donato Toma. Hanno dato un giudizio negativissimo sul suo governo, però si sono ricandidati tutti. Ma Toma ha governato da solo? O è una giunta di correi o di ignavi, scelgano loro. Un giudizio negativo su Toma è un giudizio negativo su loro stessi».

Il fatto è che la destra ha il favore dei sondaggi. E se vincesse il candidato Francesco Roberti, sarebbe il primo presidente di destra con Italia viva in giunta. Accordo siglato da Ettore Rosato. Il Molise non è l’Ohio, 243mila votanti distribuiti in due province (176mila a Campobasso e 67mila a Isernia): epperò resta clamoroso il cambio di fronte per il partito di Matteo Renzi.

Il M5s spera nel colpaccio

Le aspettative del M5s sono alte. Nelle speranze dei dirigenti che circolano nella sede di via di Campo Marzio di Roma, la regione potrebbe diventare la prima governata da un esponente grillino. A Campobasso c’è più realismo, l’ambizione è almeno restare primo partito: perfino nel 2022, quando il Movimento calava ovunque, qui ha raccolto il 24,3 per cento. Ora, i sondaggi lo collocano tra il 22 e il 26 per cento. Il Pd tra il 17 e il 21. Il rischio è che la prova di campo largo su cui Conte e Schlein hanno trovato l’accordo non basti a vincere. Roberti, sindaco di Termoli, conta sulle liste che lo sostengono. E il turno unico non aiuta il centrosinistra. In caso di flop, la segretaria Pd dovrà prepararsi le risposte giuste. Intanto oggi, lei e Conte si rivedono nella piazza della Cgil convocata a Roma in difesa della sanità pubblica.

Campo larghetto

L’alleanza con il Pd è nata sbilanciata e ha patito le polemiche per la partecipazione di Schlein al corteo grillino di Roma, sabato scorso. Per Conte invece i contestati interventi di Moni Ovadia e Beppe Grillo sul palco dei Fori imperiali sono stati l’occasione di tornare al centro della scena politica. Alla fine Conte e Schlein si sono dati appuntamento in un bar di Campobasso, ma non su un palco. «Non sarebbe stato risolutivo», spiega Conte. Per lui la partita in regione è dimostrare di non avere bisogno del Pd.

A Schlein viene rimproverato di essersi impegnata poco. In effetti è arrivata solo nell’ultima settimana, di dirigenti dem se ne sono visti pochi: a far battere il cuore è stato Pier Luigi Bersani. Matteo Salvini, per dire, è venuto tre volte, portando a ogni giro altri ministri. L’impressione è che il Pd avrebbe potuto scommettere più su di sé, anziché sul sindaco di Campobasso.

Nel Movimento Gravina è un candidato apprezzato, ma non scatena l’entusiasmo. La fama di duro e puro se l’è giocata nel 2020, quando, già primo cittadino, aveva percepito il bonus Covid dall’Inps, poi dichiarato incompatibile con le cariche politiche con stipendio. Aveva dovuto fare pubblica ammenda e assicurare di aver versato i soldi in beneficenza: a chiedere le scuse era stato nientemeno che il capogruppo del M5s in Consiglio regionale, Andrea Greco.

Il candidato è una scelta di Conte: il vero astro nascente dei grillini in regione era proprio Greco, il rivale interno. Sulla sua pagina Facebook ci sono decine di comizi in versione integrale: Greco parla ovunque, bastano una cassa e un microfono. Polo blu con il logo del Movimento, gesti che ricordano i palchi esagitati di Grillo e Alessandro Di Battista.

Ex avversari

Ma non era un candidato in linea con il nuovo corso di Conte, che ha cercato una figura più moderata, potabile anche per gli alleati. Peraltro, uno a cui fin qui il Pd ha fatto opposizione senza esclusione di colpi. Nel partito ora ci si chiede – ma siamo alla vigilia del voto, quindi a taccuini ben chiusi – se Gravina sia all’altezza del governo della regione, una sfida di un’altra grandezza rispetto all’amministrazione del capoluogo. Se non sia stata un’occasione sprecata per il centrosinistra, che pure poteva puntare sull’eredità devastante dell’amministrazione uscente di destra. Anche perché, nota qualcuno, in caso di vittoria sarebbe difficile per il sindaco proporre una squadra credibile: nella lista pentastellata, hanno esperienza politica quasi solo i quattro consiglieri regionali uscenti.

Ma se ne riparlerà dopo. Come si riparlerà delle dimissioni di Maria Concetta Chimisso, la vicesegretaria regionale dem, la vice di Facciolla, a sei giorni dal voto. Dimissioni «irrevocabili» anche da segretaria del circolo di Termoli. Per perplessità sulla linea nazionale. Il segretario non se lo spiega: «Non ho minimamente idea, immagino che abbia vissuto un malessere, in ogni caso ha scelto male i tempi, è stata un’incredibile caduta di stile: poteva almeno comunicarlo dopo il voto. Quando si sta in una comunità, a questa comunità bisogna garantire rispetto». Facciolla sapeva «che aveva una perplessità sulla linea nazionale. E ci saranno state anche scelte regionali che non le sono piaciute. Ma a me non ha mai riferito quali. Né mi ha avvisato».

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