Oggi è a Berlino, per una tappa della campagna elettorale che lei, Elly Schlein, definisce «importantissima». Con il cancelliere Scholz e gli altri leader, anticipa a Domani, firmeranno «una dichiarazione congiunta della famiglia socialista: la nostra totale indisponibilità ad alleanze con la destra nazionalista. No, dunque, non solo al gruppo di Identità e democrazia di Salvini e Le Pen, ma anche ai Conservatori di Giorgia Meloni. Lo diciamo subito, dopo le aperture di Ursula von der Leyen su cosa vorrà fare se dovesse toccare a lei la presidenza della Commissione».

Non è che così spingete i popolari a destra?

No, mandiamo un messaggio chiaro alle forze popolari e liberali: basta con la normalizzazione dei nazionalisti.

Siete per gli Stati uniti d’Europa, ma Renzi e Bonino vi hanno scippato lo slogan.

Ben vengano tutte le forze che spingono verso l’Europa federale. Sono una federalista convinta, so che le sfide globali del futuro non si possono affrontare solo rifugiandosi nei confini nazionali, dall’emergenza climatica all’elusione fiscale delle grandi multinazionali, al contrasto delle diseguaglianze, alla costruzione della pace, alla sfida migratoria. Tutto ci dice che bisogna proseguire nel processo di integrazione europea. Correggendo però gli errori fatti sulle politiche economiche e quelle sociali. Già in questi ultimi anni la famiglia socialista, e con lei il Pd, hanno contribuito a spostare l’asse, altrimenti non avremmo visto i 100 miliardi sugli ammortizzatori sociali, il Next Generation Eu, né la direttiva sul salario minimo. L’Europa di oggi non è ancora quella di Ventotene, cioè quella di un gruppo di giovani antifascisti che pur dal confino avevano capito che il nazionalismo produce soltanto guerre. Oggi è ancora così.

In concreto che vuol dire?

Che l’Europa deve proseguire negli investimenti comuni: se fosse stato per Meloni non avremmo mai avuto il Next Generation Eu: si sono astenuti. Noi invece crediamo in quella strada: sulla conversione ecologica, sul contrasto alla diseguaglianze e sul digitale. Si traduce in un vero piano industriale europeo. Europa federale vuol dire anche riformare i trattati e superare l’unanimità su alcune materie fondamentali.

Il governo sta per varare il nono decreto per inviare armi all’Ucraina. Su quel fronte Putin sta aspettando che vinca Trump negli Usa. L’Europa invece cosa aspetta per prendere un’iniziativa?

L’Europa non deve aspettare. Deve mettere in campo uno sforzo diplomatico e politico per isolare la Russia. Dobbiamo sempre sostenere il popolo ucraino, ma anche porre le basi per far cessare il conflitto e arrivare a una pace giusta. Ma l’Europa politica deve tornare in campo: i governi nazionali si tengono gelosamente le competenze sulla politica estera, di sicurezza e di difesa, e questo impedisce all’Ue di avere una voce sola e forte. Vale anche per il Medio Oriente dove assistiamo alla smobilitazione della comunità internazionale. È gravissimo che Netanyahu continui a minacciare l’invasione a Rafah, sarebbe un’ecatombe. Da ottobre chiediamo un impegno europeo sul cessate il fuoco. Siamo riusciti a farlo votare anche al parlamento italiano.

Neanche la delegazione Pd avrà una voce sola, proprio su questi temi: pace giusta e sostegno a Kiev. Sarà un problema?

No, è sano essere un partito che discute su questioni di cui non si discute solo nel Pd ma nella società e nel nostro elettorato: la pace è l’obiettivo comune, si discute su come raggiungerla. Il Pd ha una linea chiara, ma io ringrazio chi viene ad arricchirci con il proprio punto di vista anche quando è diverso. Un partito plurale non sarà mai un problema, se tiene una linea chiara.

A proposito di pluralismo, ieri era la Giornata della libertà di stampa. Il World Press Freedom Index 2024 di Reporters sans frontières retrocede l’Italia di cinque posizioni, siamo finiti in zona Ungheria. Non citerò le indagini sui cronisti di Domani. Ma il governo è così ostile alla libera stampa che persino l’ultimo arrivato della destra, Vannacci, si è messo ad attaccare un cronista.

La destra ha sempre preso l’Ungheria a modello. Se l’Italia perde cinque posizioni vuol dire che ha una stampa meno libera. Del resto la Rai è diventata megafono del governo ed ha smesso di essere servizio pubblico. Abbiamo visto la censura di intellettuali, attacchi ai giornalisti o a intere testate per inchieste sgradite. E il fatto clamoroso di una società partecipata dallo Stato che pensa di vendere la seconda agenzia di stampa italiana a un parlamentare della maggioranza. Fin lì non era arrivato neanche Orbán. Siamo di fronte a un attacco frontale all’articolo 21 della Costituzione, il diritto ad essere informati da una stampa libera e plurale. Saremo sempre al fianco del giornalismo libero, anche quando è critico nei nostri confronti. Sarà un altro dei punti della dichiarazione congiunta di Berlino: proteggiamo l’indipendenza dei media.

Avete depositato una legge di iniziativa popolare sul salario minimo. Siete già stati sconfitti in aula, farete un’altra battaglia senza possibilità di successo?

Vedremo, questa è la sfida. Con una forzatura parlamentare che non ha precedenti, Giorgia Meloni ha affossato la proposta delle opposizioni, svuotandola e dandosi una delega in bianco che di salario minimo non parla neanche. Ma non molliamo, è una battaglia che riguarda più di tre milioni di lavoratrici e lavoratori poveri. Raccoglieremo le firme di cittadine e cittadini. Vediamo se Meloni avrà il coraggio di fare a loro la stessa cosa che ha fatto con le opposizioni parlamentari.

Ci spera? Milioni di cittadini soffrono una sanità pubblica sempre più in crisi. Eppure il consenso della premier non sembra in crisi. Perché?

Intanto perché Meloni ha deciso che la verità ai cittadini e alle cittadine la dirà solo dopo le europee. Quando fanno un Def, il Documento economico finanziario, a cui manca la parte programmatica, cosa mai accaduta, è evidente il messaggio: la verità ve la diremo dopo. Non ammettono che stanno tagliando la sanità pubblica, mentono, dicono di aver fatto il più grande investimento della storia. Ma la spesa sanitaria si calcola sul Pil, e le loro stesse cifre dimostrano che sta scendendo a livelli pre pandemia. Stanno smantellando la sanità pubblica, e non è frutto di sciatteria, ma il disegno della destra italiana che vuole che chi ha le risorse vada dal privato saltando le infinite liste di attesa. E chi non ce l’ha? Non parlo solo dei poveri, parlo del ceto medio che si è impoverito: secondo la fondazione Gimbe quattro milioni di italiani hanno fatto delle rinunce alle cure perché non se le potevano permettere. I nodi verranno al pettine.

Il lavoro stabile però aumenta.

La tendenza positiva per l’occupazione, per fortuna, è in atto da dopo la pandemia, quindi non dovrebbero prendersi meriti non propri. Non mi faccio raccontare da chi ha reso più facili i contratti precari che aumentare quelli a tempo indeterminato fosse esattamente quello che volevano loro.

Dai campus Usa, all’università di Parigi, alle nostre: la repressione delle proteste degli studenti si fa con la forza e i manganelli. Sta per scoppiare un incendio?

Le studentesse e gli studenti hanno tutto il diritto di manifestare, lo abbiamo fatto tutti a suo tempo, ed io vengo dall’attivismo e dalla mobilitazione studentesca. Ma la premessa è una: la protesta non deve MAI sfociare in forme di lotta violente. Quanto all’Italia, questo governo dall’inizio ha manifestato una tendenza repressiva e di criminalizzazione verso qualsiasi forma di dissenso. Dalle prime folli bozze del Decreto Rave all’aumento delle pene per gli ecoattivisti. Colgo l’occasione per dire che abbiamo chiesto a Piantedosi che riferisca al più presto in parlamento su quanto è avvenuto a Padova ieri notte nei confronti di attivisti di Ultima Generazione. Quando la manifestazione è pacifica, scene tipo “aprite o buttiamo giù la porta” non sono giustificabili. E non vogliamo mai più vedere immagini come quelle di Pisa, con minorenni bloccati al suolo o presi a manganellate.

Vuole un confronto tv con Giorgia Meloni, che però ha uno stile comunicativo ruvido ed efficace. Lei è Giorgia, ed è una di noi, dice. Lei invece, Schlein si candida, ma dice di non voler personalizzare. Come farà?

Io sono in campo per spingere una squadra. Non abbiamo bisogno di personalizzare per criticare le cose che sta facendo il governo e questa presidente del consiglio. Ma poi verrà naturale: al Nord-Ovest da una parte c’è capolista Giorgia Meloni, dalla nostra c’è Cecilia Strada. Da una parte chi ha fatto un decreto per rendere più difficili i salvataggi in mare, dall’altra parte chi con le sue braccia ha salvato quante più vite possibile. E sono orgogliosa delle nostre liste perché hanno figure credibili della società civile, ma contano anche sulle migliori energie del Pd. Mi creda, non basterà dire “sono una di voi”. La domanda da fare ai cittadini è: “Cosa sta facendo per voi?”.

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